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La Polizia di Bagheria arresta tre responsabili di rapine a mano armata a supermercati.FOTO e VIDEO

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Durante la notte appena trascorsa, dopo una minuziosa e capillare attività investigativa, gli uomini del commissariato di Pubblica sicurezza di Bagheria , hanno eseguito, con la collaborazione di alcune pattuglie del Reparto antirapine di Palermo,  tre ordinanze di applicazione di misure cautelari in carcere emesse dal GIP di Termini Imerese Angela Lo Piparo, nei confronti di tre uomini due di Misilmeri e uno di Palermo, che negli anni scorsi avevano terrorizzato i commercianti bagheresi e dei dintorni.

altI tre, in tempi diversi, dal 2011 al 2013, utilizzando armi da fuoco e indossando passamontagna, avevano compiuto rapine nei supermercati Carrefour di via Dante e via De Spuches, il Conad di via Falcone e Morvillo, e presso la farmacia Vaccaro di via città di Palermo.: per i tre episodi sopradetti la responsabilità secondo gli elementi emersi nell'indagine, sono sicuramente attribuibili  ai tre arrestati, mentre gli investigatori stanno lavorando per capire se i tre si siano resi responsabili di altri fatti criminosi.

Ognuna delle rapine consumate avevano 'fruttato' ai rapinatori qualche centinaio di euro 

Dei tre, due risultavano residenti a Misilmeri, Vasta Luca ( foto in basso) dell'88 e Di Blasi Ignazio del 90, il primo è stato arrestato nel vicino comune del palermitano, il secondo che si era trasferito a Verona, è stato arrestato dalla Squadra Mobile della città veneta, mentre il terzo Barrale Gaetano (foto a sx), classe 88, è stato arrestato a Palermo

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Rinvenuto in contrada Parisi il corpo di un uomo semicarbonizzato

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A ritrovarlo è stato un cacciatore che stava facendo in quella zona una battuta di caccia e che ha immediatamente, intorno alle 11.30 di stamane, segnalato al 113 quanto aveva visto.

Immediatamente sono accorsi sul luogo, un appezzamento di terreno in contrada Villa-Parisi in territorio di Bagheria, un automezzo dei Vigili del fuoco e diverse auto della Polizia, con l'ispettore superiore Mimmo Barone a coordinare gli interventi. 

Agli agenti si è presentato lo spettacolo del corpo di un uomo semicarbonizzato su un falò, già quasi del tutto spento, di ramaglie di limone; non c'era niente da fare, per cui sono cominciati i rituali adempimenti per il riconoscimento del cadavere.

L''uomo che è stato identificato per Giovanni Nasca, classe '38, residente alla Puntaguglia, che era stato inviato dal proprietario del fondo a sistemare un pò la campagna e forse anche a bruciare le ramaglie derivanti dalla  potatura.

altIn prima battuta si è pensato subito ad una disgrazia dovuta magari ad imprudenza, qualcosa però sulla scena del delitto non ha convinto del tutto gli inquirenti perchè  ci sono delle dissonanze di non poco conto; per esempio addosso all'uomo c'erano sfalci di potatura incombusta, la legna non era particolarmente secca ed è una giornata senza vento.

Forse l'uomo stava cercando di rialimentare le fiamme spingendo altra legna sul fuoco, e che in seguito ad un brusco movimento sia caduto, ma al momento è solo una ipotesi

Sono stati  pertanto chiamati sul posto la scientifica ed il medico legale, che, mentre scriviamo non è ancora arrivato,  per una prima ispezione cadaverica, e perchè possano dire una parola definitiva sulle cause che hanno portato l'uomo a rovinare sulle fiamme.

E' oltremodo difficile pensare, anche se non da escludere in assoluto, che un uomo di esperienza di campagna possa essere caduto sul fuoco, a meno che non sia stato colto da malore.

I familiari dell'uomo sono già stati avvertiti.

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Arrestato un uomo considerato responsabile della rapina in una parafarmacia di Bagheria - Video

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La polizia di Stato ha arrestato Daniele Gebbia, 36enne palermitano, pregiudicato di Brancaccio, poiché ritenuto responsabile di una rapina compiuta lo scorso 8 gennaio ad una parafarmacia bagherese.

Le indagini da una rapina compiuta da tre malviventi ai danni di una parafamarcia bagherese che ha fruttato un bottino di circa 750 euro. Due dei malviventi, uno dei quali sarebbe stato identificato Gebbia, si sono occupati di svuotare le casse, mentre il terzo si è occupato, pistola in pugno, di tenere a bada eventuali reazioni dei numerosi presenti.

Gebbia è stato individuato partendo dai pochi elementi disponibili all’atto della commissione del reato, in particolare la descrizione sommaria dei tre malavitosi, un incompleto numero di targa del veicolo dagli stessi utilizzato per darsi alla fuga e delle tracche che sono venute fuori dalle indagini della Scientifica, effettuate sulle tracce lasciate dai malviventi sulla scena del crimine.

Risultati che hanno permesso di delineare una situazione gravemente indiziaria in ordine ai fatti contestati al trentaseienne, al punto tale da ritenere assolutamente necessaria, attesa la recidiva dello stesso, l’emissione del provvedimento restrittivo della misura cautelare della custodia in carcere.

Gebbia, a conclusione degli atti di rito, è stato condotto presso il carcere “Ucciardone”.

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Bagheria: i CC arrestano una donna che con il figlio minore gestiva 'discount' di droga FOTO

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Quattordici dosi di hashish suddivise in altrettanti involucri di cellophane, per un peso complessivo di circa 30 grammi, avrebbero fruttato qualche centinaio di euro di guadagno ma i militari della Stazione Carabinieri di Bagheria, nella serata del 27 ottobre hanno arrestato a Bagheria, in via Santa Caterina (una congiungente via Ciro Scianna con via Palagonia) , con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio MAZZA Rosa (nella fotoin basso), 32enne residente a Santa Flavia ma di fatto domiciliata a Bagheria, e denunciato il figlio 16enne, già noto alle forze dell’ordine.

altI Carabinieri da qualche tempo erano sulle tracce della donna, avendo notato un consistente via vai da quell’abitazione, specialmente nelle ore pomeridiane, di giovani bagheresi che, successivamente controllati, erano stati trovati in possesso del medesimo tipo di sostanza stupefacente, venendo per questo segnalati come assuntori all’Ufficio Territoriale del Governo di Palermo.

Ed il blitz effettuato il pomeriggio del 27, con l’ausilio di un’unità antidroga del Nucleo Cinofili di Palermo, ha sortito gli effetti attesi: madre e figlio, sottoposti a perquisizione personale, sono stati infatti trovati in possesso rispettivamente di 8 e 6 dosi di hashish, mentre la perquisizione domiciliare ha permesso di rinvenire anche 20 euro, verosimile provento dello spaccio del giorno.

La donna, arrestata in flagranza, su disposizione del P.M. di turno presso la Procura di Termini Imerese, Dott.ssa Annadomenica GALLUCCI, ha passato la notte presso le camere di sicurezza della Compagnia di Bagheria in attesa del rito direttissimo, a termine del quale, a seguito della convalida dell’arresto la donna è stata sottoposta all’obbligo della presentazione alla P.G. in attesa di giudizio.

Bagheria:la Polizia arresta 2 uomini che rubavano attrezzature e materiali da una officina meccanica

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Intorno alle 21 della serata di ieri martedì 28 ottobre, gli operatori della volante di servizio per il controllo del territorio della Polizia di Stato di Bagheria,  procedevano all'arresto di due pregiudicati, Martorana Giorgio di 38 anni, e Lo Medico Michele di 42, colti in flagranza di reato all'interno di una officina meccanica in via Omero al civico 51 a Bagheria.

Gli agenti sorprendevano infatti il Martorana intentoa caricare tubi di acciaio inox e due elettropompe sul cassone di una Motoape Piaggio, priva di targa, che si è acclarato essere di proprietà del Lo Medico, che peraltro si trovava ancora all'interno del cortile antistante la predetta officina, che dai titolari veniva utilizzato come deposito, mentre era ancora intento a razziare altro materiale ferroso, desistendo solo alla vista degli agenti.

La Polizia procedeva pertanto all'arresto in flagranza di reato del Martorana e del Lo Medico che venivano deferiti all'autorità giudiziaria anche in relazione al possesso di alcuni arnesi atti allo scasso, della Motoape utilizzata per il furto, e di un contrassegno assicurativo risultato contraffatto.

I due arrestati nella giornata odierna compariranno dinanzi al Tribunale di Termini Imerese per la convalida dell'arresto e per la celebrazione del rito direttissimo.

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 Lo Medico  Michele                          Martorana Giorgio

 

La Guardia di Finanza sequestra ad un commercialista evasore beni per 700.000 euro

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Assisteva la clientela nell’esercizio della propria professione predisponendo la documentazione necessaria per la compilazione delle dichiarazioni fiscali dei propri assistiti, ma “dimenticava” di dichiarare al Fisco il compenso incassato.

E’ così che il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo ha scovato un ragioniere palermitano, P.G., di 41 anni e con studio in città, il cui tenore di vita è risultato, sin dai primi accertamenti, non in linea con il reddito dichiarato al Fisco.

Tutto è partito da una mirata attività di analisi e dall’incrocio delle varie banche dati in uso alle Fiamme Gialle dalle quali è emerso che gli importi dichiarati erano davvero troppo esigui per il ragioniere che, per l’anno 2011, aveva addirittura omesso completamente di presentare le prescritte dichiarazioni dei redditi. Pertanto, nel 2013 il professionista è stato sottoposto ad un primo controllo, durante il quale è stato anche accertato che egli si era avvalso delle prestazioni di 2 lavoratori “in nero”.

I risultati di questo primo intervento hanno, quindi, indotto gli investigatori ad approfondire gli accertamenti fiscali, attivando le indagini sui conti correnti del ragioniere e di sua moglie, dove si riteneva potessero essere stati occultati i proventi dell’attività professionale.

I dubbi dei verificatori si sono rilevati fondati: al professionista è stato tra l’altro contestato di aver versato sui propri conti somme delle quali non è stato in grado di giustificare la provenienza ed è stato quindi chiesto alla Procura della Repubblica di Palermo il sequestro preventivo dei beni nella disponibilità dell’indagato, per un ammontare pari all’imposta complessivamente evasa.

Condividendo le ricostruzioni investigative operate dalle Fiamme Gialle, il G.I.P. del Tribunale di Palermo – in accoglimento della richiesta del P.M. titolare del fascicolo processuale – ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo dei beni mobili, immobili, del denaro e dei titoli nella disponibilità dell’indagato per un ammontare di circa 700 mila euro, cui i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno dato esecuzione, nei giorni scorsi, apponendo i sigilli a 2 fabbricati, 5 terreni e 5 veicoli.
 

2 bagheresi arrestati per estorsione ai danni del proprietario di una discoteca - Foto

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Le indagini dei poliziotti della sezione Criminalità organizzata hanno condotto all'arresto di due pregiudicati bagheresi, Gaspare Ribaudo, 23 anni ed Emanuel Rughoo Tejo, 38enne di origini brasiliane.

A disporre il provvedimento il gip del Tribunale di Palermo Roberto Riggio su richiesta dei pubblici ministeri Sergio Demontis e Francesca Mazzocco. I due sono accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso: il loro obiettivo sarebbe stato quello di occuparsi della "sicurezza" del locale, un modo per ottenere il controllo dell'attività gestita da padre e figlio, presi di mira per oltre un anno e fino allo scorso 29 luglio

In precedenza avevano svolto l'attività di 'buttafuori' in una discoteca poco fuori Bagheria.

Sono stati documentati nelle indagini della Polizia ben tre  episodi di violenza, con "incursioni" notturne volte ad intimidire i gestori del locale. Minacce iniziate nel 2012 e talora sfociate in vere e proprie aggressioni con tanto di calci e pugni ai titolari di una discoteca estiva palermitana che, esasperati, si sono rivolti alla polizia.

altQuella sera erano stati minacciati per la terza volta nel giro di pochi mesi. L'ennesimo episodio di violenza psicologica e fisica che stava per trasformare la loro attività lavorativa in un inferno di ricatti e minacce. I due hanno raccontato ai poliziotti che il regolare svolgimento delle serate musicali estive era stato stravolto dalle incursioni di Ribaudo e Tejo, che la scorsa estate avrebbero chiamato i rinforzi per far circondare da dieci malviventi il figlio del titolare.

Il ragazzo si trovava in un bar di Bagheria, alle porte della città, quando è stato avvicinato dal gruppo che ha attaccato bottone con la scusa di una festa per un addio al celibato. Uno dei malviventi avrebbe cominciato con il pretesto di chiedere informazioni, prezzi, orari, ma la vittima si è resa conto subito dove i due sarebbero andati a parare.

Le ormai solite minacce rinforzate da toni e atteggiamenti palesemente intimidatori. 

Le indagini da quel momento hanno preso u rutmo più serrato. Gli investigatori sono risaliti ai due pregiudicati grazie ai racconti dettagliati di padre e figlio, ma la polizia è ancora a caccia dei complici che hanno preso parte alle aggressioni.

 

Foto  tratte da livesicilia

 

Quando Sergio Flamia da killer spietato divenne uomo di pace

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Emanuel Rughoo Tejo, uno dei due bagheresi arrestato ieri assieme a Gaspare Ribaudo per tentata estorsione nei confronti dei gestori di un discopub alla periferia est di Palermo, non è un nome del tutto sconosciuto agli inquirenti che il suo nome, e il suo ruolo di fiancheggiatore di cosa nostra lo hanno ripescato dalle intercettazioni disposte a carico dello stesso Flamia, di cui Luca u nivuru, soprannome di Rughoo Tejo è cugino perchè figlio di una cugina del Flamia.

E lo ritrovano in una situazione molto calda, allorchè cioè Rughoo si convince che a dar fuoco alla auto del padre, una Mercedes Slk, sia stato il tunisino Mozdahir Driss spalleggiato dall'altro cugino del Flamia Salvatore Giuseppe Bruno, entrambi arrestati nell'operazione 'Argo' del maggio 2013.

Al punto che Driss di fronte alle minacce di Rughoo aveva manifestato allo stesso Bruno la sua intenzione di far fuori l'italo-brasiliano. Mozdahir confidava: “... lo devo ammazzare... parliamoci chiaro... lui... lui questi gatti a pettinare non se li può prendere con me... perché lui deve venire con la ragione... non con il torto... capito? e deve venire sereno... non ubriaco... perché è ubriacato? Uno i discorsi li può fare come vuole... giusto è?”.

Ed ancora:  “... è venuto... dice che gli ho bruciato la macchina. Ma come l'ho bruciata io questa macchina? La Slk di suo padre. Siccome hanno a che fare con i deboloni... perché se io ho qualcosa con lui, io me la tengo e poi ci vado a sparare nelle gambe... o nelle corna....perché io sono fatto così... non è che vado a sciogliere la macchina... comunque gli devo tirare nelle mani, nelle gambe...dove capita....non sta al cimitero?... mi metto la con la seicento rubata che già me la sono andata a prendere...che mi interessa! è un cornuto e sbirro... gli ho detto…'Luca.... vedi che non è come dici tu...io queste cose non le faccio...' e lui dice... 'sì...li facevamo assieme queste cose... Porticello quando Nicola diceva di andare a bruciare le cose non li facevamo insieme”.

Ed il Rughoo, tipo manesco, lo aveva pure fermato a Bagheria Mozdahir Driss minacciandolo di pestarlo: Rughoo: “... se ti devo alzare le mani te li alzo a Bagheria... te li alzo a verso mio... a Bagheria sei capace a discutere... a Casteldaccia...sei capace a discutere”. e  Mozdahir  di rimando: “... siccome tu mi stai dicendo che io ho fatto una cosa che non ho fatto... non l'ho fatta... non l'ho fatta... questa cosa. “... gli ha bruciato la macchina a mio padre ....ancora parli Giusè?.....”, diceva l'italo-brasiliano rivolgendosi a Giuseppe Bruno, pure lui presente.

altE' Flamia allora che veste i panni del mafioso uomo di pace e mette la buona tra il manesco e sospettoso Luca u nivuru e i suoi manutengoli Driss e Bruno in un incontro riappacificatore presso il suo supermercato di via Nino Bixio, e dopo aver chiesto ai contendenti di smetterla  perchè Driss in effetti quella macchina non l'aveva bruciata chiama in disparte il riottoso Rughoo che non voleva saperne di stringere la mano a Driss e gli dice “ora te li do io due schiaffoni a te...), poi convince anche Mozdahir Driss (detto Andrea) che fa resistenza: “salutatevi... Andrè vedi che ora mi stai facendo impazzire... salutatevi, ed è finito il discorso. Il discorso è finito... quello aveva avuto un indizio sbagliato, se fossi stato io avrei fatto la stessa cosa... se fossi stato io avrei fatto lo stesso, e pure tu avresti fatto lo stesso... è stato informato male...stop....chiuso”. 

 

 

 

 

 

Emanuel Rughoo Tejo


Ultim'ora a Bagheria: auto a fuoco in via Bellini FOTO

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Poco prima delle ore 21 in via Bellini (una traversa di via Morana) a Bagheria, una Fiat Panda vecchio modello ha preso improvvisamente fuoco per motivi ancora imprecisati. 

Dall'auto, che risulta intestata a M.C., le fiamme si sono immediatamente propagate al vicino edificio dove hanno preso fuoco due finestre, una a piano terra e l'altra a primo piano, e l'incendio si è pertanto pericolosamente propagato sia in un magazzino al piano terreno che agli ambienti del primo piano che sono esposti su via Bellini.

Sono inetrvenuti i vigili del Fuoco con una autobotte e le pattuglie  di Polizia  e Carabinieri che stavano effettuando il normale servizio di controllo e vigilanza del territorio. Grande paura naturalmente degli occupanti le abitazioni danneggiate che si sono ritrovati quasi all'improvviso dentro casa le lingue di fuoco.

altLa facciata dell'intero edificio sino ai piani superiori è completamente annerita e sono andai completamente bruciati gli impianti esterni delle linee elettriche e telefoniche. Pare che l'auto, che aveva il lunotto posteriore rotto e ricoperto con una copertura di plastica, particolare non sfuggito a qualcuno del quartiere, sarebbe stata parcheggiata in quel posto durante la mattinata  di oggi da qualcuno che probabilmente  non abita nella zona.

E' la seconda auto nel giro di due giorni che va a fuoco: due notti fa una Fiat Multipla si era incendiata in via Città di Palermo, all'interno del complesso residenziale 'La Sicilia'. La Polizia che sta conducendo le indagini sta lavorando per risalire oltre che al proprietario, anche a chi poteva avere in uso l'autovettura.

 

 

 

 

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Bagheria: auto a fuoco in via Bellini FOTO

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Poco prima delle ore 21 di sabato 1 novembre, in via Bellini (una traversa di via Morana) a Bagheria, una Fiat Panda vecchio modello ha preso improvvisamente fuoco per motivi ancora imprecisati. 

Dall'auto, che risulta intestata a M.C., le fiamme si sono immediatamente propagate al vicino edificio dove hanno preso fuoco due finestre, una a piano terra e l'altra a primo piano, e l'incendio si è pertanto pericolosamente propagato sia in un magazzino al piano terreno che agli ambienti del primo piano che sono esposti su via Bellini.

Sono inetrvenuti i vigili del Fuoco con una autobotte e le pattuglie  di Polizia  e Carabinieri che stavano effettuando il normale servizio di controllo e vigilanza del territorio. Grande paura naturalmente degli occupanti le abitazioni danneggiate che si sono ritrovati quasi all'improvviso dentro casa le lingue di fuoco.

altLa facciata dell'intero edificio sino ai piani superiori è completamente annerita e sono andai completamente bruciati gli impianti esterni delle linee elettriche e telefoniche. Pare che l'auto, che aveva il lunotto posteriore rotto e ricoperto con una copertura di plastica, particolare non sfuggito a qualcuno del quartiere, sarebbe stata parcheggiata in quel posto durante la mattinata  di oggi da qualcuno che probabilmente  non abita nella zona.

E' la seconda auto nel giro di due giorni che va a fuoco: due notti fa una Fiat Multipla si era incendiata in via Città di Palermo, all'interno del complesso residenziale 'La Sicilia'. La Polizia che sta conducendo le indagini sta lavorando per risalire oltre che al proprietario, anche a chi poteva avere in uso l'autovettura.

 

 

 

 

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Adesso la magistratura vuole vederci chiaro nei rapporti tra Sergio Flamia e i servizi segreti

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Sergio Rosario Flamia, primo pentito bagherese di un certo peso, è diventato, al di là del suo stesso spessore criminale che pure non è dappoco, una sorta di pietra dello scandalo attorno a  cui si sta giocando una partita complicata tra  pezzi dello Stato.

La magistratura vuole, prendendo il caso Flamia come occasione, mettere in riga i servizi (ammesso che sia possibile), per tentare di disciplinarli e di costringerli che sia pure con la garanzia della riservatezza, anche loro sono tenuti a rispettare leggi e comportamenti.

Per questo la Procura di Palermo ha avviato una indagine sul cosiddetto 'protocollo Farfalla' siglato tra Servizi e amministrazione penitenziaria, e sulle visite che al di fuori di ogni norma e controllo agenti segreti presentatisi come avvocati hanno avuto con Flamia durante il periodo della sua carcerazione dal quando nel luglio- agosto dle 2008 cominciò la sua collaborazione.

I magistrati che conducono il processo trattativa stato-mafia, Di Matteo, Del Bene, Scarpinato, vogliono capire se le sue dichiarazioni che tendono a scagionare i generali Mori e Obinu dall'accusa di avere di fatto evitato la cattura di Bernardo Provenzano nel 1993 a Mezzoiuso, non siano state abilmente pilotate.

Ma c'è qualcosa di più grave che deve essere chiarito: come dice Flamia, e come i fatti confermano, questi seppe in anticipo che sarebbe stato arrestato nell'ambito dell'operazione Perseo che scattò il 16 dicembre del 2008, e sa anche, cosa effettivamente riscontrata che volutamente era stato fatto un errore nella data di nascita riportata sul mandato di fermo ( da 21.02.61 trasformata in 04.02.58), per rinviare di qualche giorno il suo arresto ( sarà infatti arrestato il 19 di dicembre).

Ma non basta: c'è un fatto se possibile ancora più grave, e cioè che a Flamia l'imputazione sarebbe stata derubricata da associazione mafiosa ad assistenza agli associati, e la domanda è: chi si è prestato e perchè a queste operazioni che si collocano fuori dalla legge e che nessun diritto alla riservatezza può legittimare? 

Perchè  sin quando si tratta di aiutare il mafioso a finire in un carcere più comodo magari passi, ma riuscire ad indurre in errore il magistrato, o peggio coinvolgerlo in un falso voluto e addirittura riuscire a far derubricare un reato, questo no; neanche l'opinione pubblica italiana che non è di palato fine sul terrreno delle tutela delle guarentigie della magistratura riesce a digerirlo.

E poi perchè era così importante il confidente Sergio Rosario Flamia per l'AISI (il servizio segreto civile) da costruire attorno a lui questo sistema di protezione? 

Flamia naviga, come si diceva un tempo tra Scilla e Cariddi: sa bene che alcune delle cose che dice inguaieranno qualcuno molto in alto nei servizi segreti, ma non ha scelta: per legittimare il suo status e la sua credibilità di pentito, sa che a questo punto non può più tacere nulla, perchè rischia di mettere in forse la sua 'carriera' di pentito, anche perchè già in uno dei primi verbali che contengono le sue dichiarazioni da pentito i magistrati lo avevano messo in guardia da farsi prendere per spirito di amicizia da qualche amnesia, omissione o sottovalutazione del ruolo avuto nell'organizzazione mafiosa di alcuni dei suoi sodali.

Da un canto i p.m. davanti ai quali ha iniziato il suo racconto-pentimento,  hanno giusto motivo di ritenere che tante delle cose dette da Flamia trovano puntuale riscontro, anche se, come dicevamo, all'inizio il Flamia aveva esordito cercando di sminuire il ruolo e le responsabilità di molti degli associati arrestati con lui nell'operazione 'Argo';  i p.m.hanno intuito e sventato subito questa manovra e gli hanno parlato chiaro, ed in questo senso nei verbali c'è un passaggio illuminante  che sommariamente riportiamo:

P.M:  Flamia, una cosa, tutti quelli, tutti i collaboratori, le persone che sentono vicine, sentono amiche poi istintivamente cercano di tenerle un pochino...

Flamia: No..

P.M. Ascolti, mi faccia dire una cosa e io le dico una cosa, una cosa che lo capisco, non viene fatta nemmeno per male, perchè è una cosa un qualcuno è istintiva...vorrei dire una cosa però, il difetto di queste cose, alla lunga poi vengono fuori...e poi finiscono per contraddire tutto una, tutta un'immagine..

Flamia : Dottore guardi nella maniera assoluta che io sto cercando  di coprire la posizione di Girgenti o la posizione di qualcun altro..

P.M.: ...è un problema di fatti, di capire i fatti, questo le voglio dire che poi un atteggiamento che magari non è per, che non vale per tutti lo stesso criterio, ma finisce che alla lunga scredita la figura perchè si scopre che ste cose vengono fuori, quindi..ed io le voglio dire questo, non è che lei deve usare il metro suo, cioè di dire: per essere un soggetto inserito in un contesto mafioso o vicino ad una famiglia mafiosa bisogna aver fatto omicidi, partecipato a fatti gravi come omicidi, perchè ..a noi i fatti interessano.

Pentito avvisato...

VAI AL VIDEO DI SERVIZIO PUBBLICO SU  FLAMIA   e  BAGHERIA

 

Presa di possesso simbolica di alcuni beni confiscati.Il sindaco: saranno una risorsa per la città

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Stamane il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, accompagnato dalla presidente del consiglio, da quasi tutta la giunta e da parecchi consiglieri comunali di tutti i gruppi consiglieri comunali, hanno preso simbolicamente possesso al complesso SICIS di via Papa Giovanni di alcuni tra i beni confiscati alla mafia ed assegnati al comune di Bagheria.

Appartamenti, sedi di uffici, scantinati, per un valore pesato ad occhio almeno di una mezza dozzina di milioni di euro. Più in dettaglio si tratta di due attici presso il complesso SICIS appartenuti ai fratelli Francesco e Giovanni Bruno, un appartamento sempre nello stesso stabile confiscato a Nicola Greco, una palazzina su due piani ed uno scantinato, un tempo adibita ad uffici di imprese operanti nell'edilizia, oltre a diversi magazzini e ad uno scantinato sempre nello stesso complesso SICIS di oltre 2.000 mq.

Lo stato di conservazione degli immobili è buono anche se dei lavori importanti dovranno essere realizzati per renderli effettivamente fruibili per allocare servizi non solo comunali ma anche di quesgli Enti di utilità pubblica, l'ufficio del lavoro, l'ufficio delle tasse o quello per la riscossione, la Serit per capirci che ne hanno fatto richiesta.

"Il nostro obiettivo - spiega mentre va avanti nella visita il sindaco Patrizio Cinque - è quello di risparmiare i soldi di quei locali per i quali il comune paga onerosi canoni di affitto, quindi si penserà a qualche cosa che sia utile per tamponare le emergenze abitative legati alle famiglie degli sfrattati, e poi si penserà  a destinare quelli che potranno rivelarsi adatti anche alle Associazioni del territorio"

"Completeremo la ricognizione di tutti i beni - continua il sindaco - quindi ci siederemo con i tecnici attorno ad un tavolo, mettremo in campo le proposte e ne verificheremo la compatibilità e la praticabilità".

"Solo allora - conclude - approveremo un programma di destinazioni d'uso sul quale naturalmente decisivo sarà l'apporto della politica."

"La fase operativa sarà quella più problematica perchè occorrerà trovare le risorse per rimettere in pristino l'abitabilità di tanti locali e ambienti che in certi casi si presentano malmessi e degradati. Però una strada è stata aperta e la percorreremo con convinzione sino in fondo".

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Pena ridotta a 2 anni per Gino Tutino sorpreso nel 2012 con 250 Kg di droga

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Era stato arrestato il 20 novembre del 2012 sull'autostrada nelle vicinanze di Bagheria, con una mezzo solitamente usato per il trasporto dei cavalli letteralmente 'imbottito' di hashish per un valore di mercato di due milioni di euro.

Giacinto (Gino) Tutino era stato condannato ad otto anni in primo grado, ma dopo cinque gradi di giudizio, in conseguenza della modifica della legge Fini - Giovanardi, ( in vigore  al momento della sentenza di 1° grado e che non faceva differenze tra droghe pesanti e leggere),  si è vista ridotta la pena a due anni praticamente già scontati, e pertanto gli sono stati concessi i domiciliari.

A difenderlo gli avvocati Rosalia Zarcone e Michele Rubino, che erano arrivati in Cassazione per difendere le ragioni del loro assitito, ma è  stato, come dicevamo,  il pronunciamneto della Corte costituzionale sulla legge  Fini-Giovanardi a spianare la strada verso la riduzione di pena e l'addio al carcere.

Nell'interpretazione dell'Alta Corte infatti doveva permaneva, per la costituzionalità della norma,  una distinzione tra droghe pesanti, cocaina, eroina e droghe leggere quale è considerato l'hashish.

All'epoca dei fatti era stata una soffiata ad inguaiare Tutino che pensava che l'avere sistemato i panetti di droga nelle intercapedini del van unito  all 'odore di escrementi di animali potesse servire ad ingannare gli inquirenti e a confondere il fiuto dei cani antidroga.

Qualche settimana fa, Gino Tutino era stato ricondotto a Bagheria per dare l'ultimo saluto al padre morente.

Sequestro di beni per un valore di 500.000 euro a pregiudicato palermitano FOTO

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La Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato due immobili a Palermo, due autovetture e disponibilità finanziarie, per un valore di oltre 500.000 euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Interessato dal sequestro è un sessantacinquenne palermitano, Salvatore Conigliaro, di anni 65, già ritenuto socialmente pericoloso dal Tribunale di Palermo - con sentenze definitive del 2008 e 2013 – e condannato nel 2013 dal G.U.P. del Tribunale di Palermo ad anni otto di reclusione, per reati connessi al traffico di stupefacenti, commessi dal 2009 al 2011.

L’attuale provvedimento trae origine dalle indagini svolte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, che hanno rilevato una netta sproporzione tra i redditi dichiarati dal complessivo nucleo familiare del soggetto e le acquisizioni patrimoniali realizzate nel tempo.

Nello specifico, i riscontri effettuati dalle Fiamme Gialle hanno permesso di evidenziare come il sessantacinquenne abbia fiscalmente dichiarato redditi solo nell’anno 2007, mentre i tre figli conviventi hanno, nel tempo, dichiarato redditi sporadici e per importi esigui o appena sufficienti a garantire le primarie spese di sussistenza.

Dallo sviluppo degli accertamenti economico-patrimoniali è emerso che, a fronte di tali limitate disponibilità, la convivente dell’interessato aveva, nel 2002, acquistato due fabbricati in Palermo e, successivamente, due autovetture, tutte spese risultate incompatibili con la descritta situazione reddituale.

altLe predette risultanze hanno consentito l’emissione del provvedimento di sequestro da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. 

• n. 2 fabbricati siti in Palermo, largo del Pettirosso n. 8, entrambi di 6,5 vani ed identificati al catasto al foglio 83, part. 712, sub. 11 e foglio 83, part. 716;

• nr. 2 autovetture;
• disponibilità finanziarie (rapporti bancari, deposito titoli e polizze assicurative);

 

I CC di Bagheria e Castedaccia arrestano gestori di casa a luci rosse a Casteldaccia FOTO

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Dall’esterno appariva come un normale villino immerso nella natura, ideale per vivere la tranquillità della campagna casteldaccese e, per ironia della sorte, sito a brevissima distanza da un noto centro di preghiera; insomma, apparentemente una location perfetta per godersi la meritata pensione. Ed invece era divenuto, ormai da qualche mese, una casa di appuntamenti piuttosto attiva e frequentata, fino alla brusca interruzione delle attività dovuta al blitz di ieri pomeriggio dei Carabinieri della Stazione di Casteldaccia e della Compagnia di Bagheria, che hanno arrestato in flagranza per i reati di reclutamento, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, in concorso, una coppia di pensionati, che lì avevano anche stabilito la propria dimora:

- MONTESANTO Giuseppe, nato a Casteldaccia classe 1942, noto alle forze dell’ordine, il quale gestiva materialmente l’attività reclutando la “manodopera”, curandone il trasporto presso la casa, procacciando la clientela e ponendo a disposizione i locali dietro compenso in denaro;

- RIZZOTTO Santa, nata a Termini Imerese classe 1948, convivente casalinga, che si occupava della “gestione logistica” dell’attività, provvedendo al cambio delle lenzuola al termine delle prestazioni, ed addirittura cucinando il pranzo per le donne che erano in attesa dell’arrivo dei clienti.

I militari dell’Arma, coordinati dalla Dott.ssa Antonia PAVAN, Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Termini Imerese, già da qualche tempo avevano avuto il sentore dell’attività illecita che avveniva nella contrada Dagale di Cavallaro. Per questo, nelle scorse settimane avevano effettuato numerosi servizi di appostamento, che avevano consentito di documentare con certezza l’attività di prostituzione organizzata, così come il folto ricambio delle donne che esercitavano il meretricio, italiane e straniere, e la fitta clientela “trasversale”, dei più disparati ceti sociali, proveniente dalla fascia costiera della provincia palermitana. E l’irruzione di ieri pomeriggio non ha fatto che confermare appieno le impressioni: i Carabinieri hanno infatti:

- constatato l’esistenza di tre appartamenti, indipendenti e perfettamente equipaggiati, che erano composti da bagno, camera da letto e soggiorno. Due di questi, situati al piano terra, venivano utilizzati per le prestazioni sessuali a pagamento, mentre quello al primo piano, normalmente abitato dai due pensionati, veniva anche utilizzato dalle “lavoratrici” che, in attesa della clientela, vi consumavano i pasti preparati dalla RIZZOTTO;

- individuato ed identificato tre donne che esercitavano la prostituzione, rispettivamente di nazionalità italiana 21enne, rumena 41enne e la marocchina 28enne, nonché un cliente, pensionato bagherese.

altI militari hanno inoltre accertato il costo per ogni prestazione sessuale, che si aggirava sui 70 euro di cui 50 venivano consegnati alle donne e 20 al MONTESANTO, e repertato un cospicuo materiale “di consumo” e biologico, rinvenuto nei due appartamenti al piano terra.

All’esito del controllo, i due mini appartamenti della casa gialla “a luci rosse”, sono stati posti sotto sequestro, mentre gli arrestati, dopo le operazioni di rito presso la Compagnia di Bagheria, sono stati tradotti presso l’altro mini appartamento, ove hanno trascorso la notte agli arresti domiciliari prima di essere condotti, nella mattinata odierna, presso il Tribunale di Termini Imerese per essere giudicati con rito direttissimo, conclusosi con la convalida dell’arresto per MONTESANTO è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari in altro luogo, mentre per la di lui consorte RIZZO è stata disposta la sola misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, pertanto rimessa in libertà.

 

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     Montesanto  Giuseppe                                                             Rizzotto Santa

 


Antonino Zarcone: vi racconto la mafia di Bagheria e dintorni - Parte Prima

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Il primo verbale che raccoglie le dichiarazioni del pentito  Antonino Zarcone viene aperto alle 11 del mattino del  29.09.14 e chiuso dopo le 17; nel mezzo c'è stato un breve intervallo.

Due constatazioni è possibile fare leggendolo. 

In primo luogo delle 190 pagine in cui è stato trascritto l'interrogatorio, circa 130, ben oltre quindi i 2/3  sono state omissate, in secondo luogo magistrati e inquirenti insistono su una serie di dettagli relativi alle circostanze legate alla consegna di denaro frutto delle estorsioni che contraddicono quanto dichiarato da altri pentiti, l'altavillese Vincenzo Gennaro in particolare, ma forse anche da qualche altro.

Per il resto le dichiarazioni ricalcano, per quanto riguarda i ruoli di vertice quanto detto da Flamia, con Zarcone che mostra, in ragione delle sue  frequentazioni, una conoscenza più approfondita della famiglia mafiosa altavillese.

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ZARCONE: Allora, il ruolo direttivo non... posso spiegare, non... eravamo io, Gino Di Salvo e Tonino Messicati Vitale che gestivamo diciamo tutto il mandamento...
P.M.: Sì...
ZARCONE: ...però ognuno aveva le sue mansioni, io uscivo fuori, sulla zona di Palermo per gli appuntamenti, Tonino Vitale si occupava sulla zona Misilmeri ed oltre e Gino Di Salvo si occupava dell'interno di Bagheria e i vari, le varie frazioni, i vari paesi sempre all'interno per quanto riguarda gli appalti, tutto il discorso di movimento terra, di edilizia e anche di estorsioni...
P.M. Sì.
ZARCONE: ...perciò diciamo che il nostro rapporto era più che altro raggruppato.
P.M.: Sì, lavoravate insieme diciamo...
ZARCONE: Sì...
P.M.: ... avevate questo ruolo insieme. Va bene.
ZARCONE: ... su tutto il mandamento.
P.M.: Su tutto il mandamento, perfetto.
ZARCONE: Ma il ruolo direttivo è stato sempre Nicola Greco.
P.M.: Si.
ZARCONE: ... come margine di tutto.
P.M.: Sì, cioè diciamo alla fine la decisione, le decisioni ultime le prendeva Nicola Greco?
ZARCONE: Non si intrometteva tanto perché più che altro gli interessava il suo territorio, Bagheria, non voleva occuparsi delle faccende dei vari paesi, né si voleva occupare di Villabate, né Casteldaccia, né Ficarazzi, né Santa Flavia, ma era raggruppato tutto, concentrato su Bagheria il suo scopo principale, dopodiché lasciava spazio a Gino Di Salvo che era il referente di Nicola Greco, perché io non ho mai avuto contatti diretti con Nicola perché il referente era sempre Gino...
P.M. : Sì.
ZARCONE: ... Gino Di Salvo.

altDopo avere approfondito una serie aspetti legati ad alcune estosioni fatte ai danni di due costruttori che operavano nel territorio di Altavilla, Marrobbio e Torres,  il p.m. chiede notizie, mostrandogli le foto, di alcuni degli arrestati nell'operazione Argo del giugno 2013.

P.M.: Va bene. Quindi ritorniamo all'esame che dicevamo, dunque andando in ordine alfabetico per i coimputati del procedimento del 7791, partiamo dalla posizione di Bruno Salvatore, che ruolo aveva questo soggetto?

ZARCONE: Bruno...?

P.M.: Bruno Salvatore Giuseppe.

ZARCONE: Di Bagheria?
P.M.: Sì.
ZARCONE: Allora, Bruno Salvatore vicino a Sergio Flamia, niente di importante, era soltanto a disposizione di Sergio per gli spostamenti che faceva Sergio. Da parte mia non ho mai usufruito di nessun beneficio anche perché per un periodo stu ragazzo ebbe un incidente, si occupava della sala giochi. So che una volta...
P.M.: Ma queste scommesse diciamo, c'era un interesse della famiglia mafiosa nell'attività delle scommesse?
ZARCONE: No completamente, soltanto era fra Sergio e... Tutti e due i cugini (ine.)
P.M.: Se ne occupavano.
ZARCONE: Sì, anche perché era un piccolo localino, niente di eccezionale.
P,M.: Quindi reati specifici di questa persona non le risultano?
ZARCONE: Niente, niente. Che era a disposizione soltanto di... di Sergio.
P.M.: Centineo Francesco?
ZARCONE: Non lo conosco.
P.M.: Non l'ha conosciuto, non ha avuto modo di conoscerlo?
ZARCONE: No.
P.M.: Centineo Piero nemmeno immagino!
ZARCONE: No.
P,M.: Cirrincione Michele?
ZARCONE: Cirrincione Michele fa parte in Cosa Nostra su Ficarazzi... su Villabate. Non è uomo d'onore, è soltanto a disposizione di Lauricella, veniva usato per estorsioni.
P.M.: Di DI SALVO Giacinto già abbiamo parlato, può dire quindi sinteticamente che ruolo aveva DI SALVO Giacinto?
ZARCONE: Il ruolo di DI SALVO Giacinto è che dopo la carcerazione di Pino SCADUTO porta la notizia che lui era stato autorizzato alla reggenza su Bagheria coordinando tra Ficarazzi con Giovanni Trapani, Giovanni Trapani, dove portava a me la notizia che Nicola Greco non voleva che io mi interessavo sul territorio in quanto io molto legato a Pino Scaduto. Ma non fìi così perché dopo quando fu Pino Scaduto, io ero stato autorizzato da Pino che mi aveva spostato sul territorio di Altavilla che poi non andò cosi (ine.) poi si è sistemato tutto ed è rimasto tutto per com'era e diciamo io ho iniziato il mio percorso in Cosa Nostra.
P.M.: Sì.
ZARCONE: La cassa l'ha saputa sempre Gino DI SALVO sia ai tempi di Pino SCADUTO fino al giorno del mio arresto.
P.M.: Lei Fontana Salvatore lo conosce?
ZARCONE: Fontana Salvatore... di cognome no.
P.M.: Ha un'impresa di materiale edile.

ZARCONE: Di nome non mi dice niente, se vedo la foto (ine.) lo conosco, non...

altP.M.: Va bene, Gagliano Vincenzo?

ZARCONE: Gagliano Vincenzo lo conosco soltanto di essere amico di Sergio Flamia. Quando ci fu il tentato omicidio di Pietro Lo Iacono, Sergio si trasferi nel supermercato di Gagliano dove effettivamente lavorava in quel periodo...

P.M.: In che senso, e che legame c'era tra queste vicende?
ZARCONE: D'amicizia con...
P.M.: No, non ho capito, perché in relazione al tentato omicidio di Pietro Lo Iacono andò da Gagliano?
ZARCONE: Perché lui si... diciamo punto di riferimento era la... la sala giochi, stava sempre là davanti, poi ha cambiato e se n'è salito da... magari per stare più tranquillo, non essere più individuato, perché capiva che c'era rischio di... si era già scoperto che era uno, uno che era partecipe all'omicidio che si doveva fare nei confronti di Pietro Lo Iacono, se ne andò a lavorare da Gagliano. Gagliano io quello che posso dire su di me che l'unica cosa che faceva sia per me che nei confronti di Gino, che io ci passavo o mandavo a qualcuno: fagli sapere a Gino, a tale ora lo mandi in questa via per... diciamo come punto di scambio di appuntamenti, questo è stato l'unico rapporto che ho avuto... 

P.M.: E lui era consapevole del vostro ruolo diciamo!
ZARC0NE: Dottoressa ma è normale, conosceva gli individui, conosceva i personaggi, non, non penso che... però fatti specifici su Gagliano non... non ce ne ho.
P.M.: A lei non ne risultano.
ZARCONE: No da parte mia.
P.M.: Va bene, Girgenti Silvestro?
ZARCONE: Allora Girgenti Silvestro è un carissimo amico mio, mi dispiace pure che so che adesso si trova in questa situazione... io personalmente non l'ho mai coinvolto in nessuna situazione di atti criminosi, l'unica cosa usufruivo del suo locale che ogni tanto facevo qualche appuntamento ma per lui erano ragazzi diciamo normalissimi, non, non... non ho mai presentato a qualcuno come esponente e cose varie. Molto amico con Tonino Vitale che gliel'ho presentato io, infatti Tonino usciva spesso con, con lui, semplicemente perché era non era osservato, era un ragazzo pulito, non... niente di particolare. Ma altri fatti non le posso dire...  
 

 

A. Zarcone in tribunale : 'ho rivelato cento delitti di cui la Procura non era informata'

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Davanti alla III Sezione della Corte d'appello  che processa gli imputati presunti appartenenti al  clan di San Lorenzo il neo collaboratore di giustizia Antonino Zarcone, collegato in videconferenza,  chiude la deposizione parlando di “Ci sono cento delitti su cui la Procura non sapeva niente prima”, gettando sul tavolo lo spessore della sua collaborazione, e non lasciando presagire nulla di buono agli imputati nei vari processi di mafia di Bagheria e dintorni, ma non solo, perchè la sua delega, come da lui stesso dichiarato, era quella di curare i rapporti con cosa nostra palermitana,  quella di Porta nuova in particolare. 

Non cento omicidi ovviamente, ma cento episodi di criminalità, quindi anche omicidi, ma soprattutto violenze, minacce, attentati, estorsioni, manipolazione di appalti ed altro: il pentito risponde con puntualità alle domande degli avvocati difensori, e tra questi l'avv. Jmmy D'Azzò che gli chiede se fosse a conoscenza delle dichiarazioni di Sergio Flamia:"No, precisa il pentito, io sono stato arrestato nel 2010 e poi mi hanno dato il 41 bis,e non potevo avere contatti con nessuno".

Su banco degli imputati in questo processo ci sono i mafiosi, tali considerati nella sentenza di primo grado, ed in particolare Giulio Caporrimo, condannato a dieci anni in primo grado, la cui autorevolezza era arrivata al punto da consentirgli di convocare il summit di mafia a villa Pensabene.

E Zarcone racconta di un secondo incontro, quello del 7 giugno del 2011 al ristorante “Ma che Bontà” di via Emilia, a Palermo. C'erano, oltre allo stesso Zarcone e Caporrimo, Tommaso Di Giovanni e Nicola Milano di Porta Nuova, Antonino Messicati Vitale di Villabate, Cesare Lupo di Brancaccio, Luigi Giardina, cognato di Gianni Nicchi, Fabio Chiovaro della Noce e Gaetano Maranzano, reggente della famiglia di Cruillas.

Ma le cose più importanti che ha rivelato Zarcone sono ancora coperte dal segreto e pare che dentro i verbali ci siano tanti altri nomi: nomi che il pentito non fa in questa sede perchè ancora oggetto di indagini.

I nomi, ha dichiarato, li ha già fatti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Di più non può aggiungere se non ribadire che la sua scelta di collaborare è stata spontanea e disinteressata: “Io ho solo un processo per mafia e due estorsioni. Io ha fatto questa scelta perché voglio cambiare vita”.

I Carabinieri arrestano una coppia di spacciatori bagheresi FOTO

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Nuovo colpo dei Carabinieri della Stazione di Bagheria nel contrasto al fenomeno dello spaccio di stupefacenti, che già la scorsa settimana aveva portato all’arresto di una cittadina bagherese ed alla denuncia in stato di libertà del figlio minore. 

I militari, nel pomeriggio di sabato 8 novembre, hanno infatti tratto in arresto una coppia di giovani, residenti in via Giovanni Alfredo Cesareo:

- SPARACINO Massimiliano, macellaio 20enne, già noto alle Forze dell’Ordine;

- S. s., disoccupata 21enne.

I due, sottoposti ad un normale controllo, avevano sin da subito palesato evidenti segni di nervosismo, provvedendo all’immediata consegna di 5 dosi di marijuana riferendo che erano destinate all’uso personale, affermazione che nelle loro opinioni avrebbe potuto impedire l’arresto e che, invece, ha destato ancora maggiori sospetti negli investigatori.

altEd infatti, la successiva perquisizione domiciliare ha consentito di rinvenire nella camera da letto un piccolo ed organizzato laboratorio per lo spaccio: una bilancia di precisione era servita per pesare e suddividere circa 400 grammi di marijuana che, dopo essere stata raggruppata - evidentemente sulla base delle diverse richieste di mercato - in 160 dosi rispettivamente da 1, 2 e 3 grammi, più due sacchetti da 40 e 80 grammi, era stata occultata all’interno di uno zaino, pronta per essere venduta. Il controllo ha altresì permesso di sequestrare il provento dello spaccio, pari a circa 330 euro che la coppia, in linea con la tradizione dei nostri avi, aveva occultato nel posto ritenuto più sicuro: sotto il materasso.

Gli arrestati, dopo essere stati foto-segnalati presso la Compagnia di Bagheria, su disposizione della dott.ssa Antonia PAVAN, PM presso la Procura di Termini Imerese, hanno trascorso le notti di sabato e domenica agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, prima di essere tradotti nella giornata di ieri presso il Tribunale di Termini per la celebrazione del processo con rito direttissimo, conclusosi con la convalida degli arresti ed il patteggiamento: per SPARACINO Massimiliano, condannato a due anni e 20 giorni di reclusione e 8000 di multa; mentre per S. s., sei mesi di reclusione e 1000 € di multa, pertanto rimessi in libertà.

Comando provinciale Carabinieri

Già a Palermo l'esplosivo per Di Matteo: coinvolta nel progetto pure la cosca mafiosa di Bagheria ?

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Lo scrive oggi il quotidiano la Repubblica in un articolo di Salvo Palazzolo, richiamato da un 'occhiello' nella prima pagina del quotidiano. Una fonte ritenuta dagli inquirenti molto attendibile ha rivelato che da tempo le famiglie mafiose di Palermo, e non solo, starebbero mettendo assieme esplosivo per un attentato al magistrato in primissima fila nella lotta contro cosa nostra.

Il giornalista aggiunge che in questi giorni anche Antonino Zarcone ha fatto riferimento ad una ipotesi di attentato a Di Matteo "Era coinvolta pure la cosca di Bagheria" avrebbe detto il pentito.

La notizia è stata considerata attendibile ed a Palermo si sarebbe svolto un vertice tra magistrati e specialisti delle forze dell'ordine, GIS dei Carabinieri e NOCS della Polizia, per rafforzare le misure di protezione a tutela del p.m. che sostiene l'accusa nel processo trattativa Stato-mafia.

altAnche dalle intercettazioni in carcere di Totò Riina emerge quantomeno un desiderio di chiudere i conti con Di Matteo: "Perchè questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile ucciderlo, una esecuzione come a quel tempo a Palermo".

E' possibile che Riina sapendo di essere intercettato abbia voluto veicolare all'esterno questo messaggio di morte. 

Fatto sta, fa rilevare Salvo Palazzolo nel suo articolo, che gli ultimi episodi accaduti al palazzo di Giustizia, a partire dlla lettera fatta ritrovare sulla scrivania di Scarpinato, le notizie di contatti 'anomali' tra agenti dei servizi e pentiti, hanno fatto innalzare il livello di allerta ma anche di tensione tra la magistratura inquirente.

nella foto di copertina a sx il p.m.Nino Di Matteo, il maggiore Claudio Montesi al centro, e a dx Francesco Fucarini, dirigente della Polizia di Stato

Blitz della Polizia contro trafficanti e mafiosi di Brancaccio:18 ordinanze di custodia.NOMI E VIDEO

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Dalle prime luci dell'alba è in corso un vasto blitz della polizia a Brancaccio. L'operazione Zefiro ha permesso di azzerare uno dei mandamenti più agguerriti del capoluogo. 

In azione il personale della squadra mobile di Palermo, con la collaborazione degli omologhi organismi investigativi di Milano, Napoli e Trapani e poliziotti del reparto prevenzione crimine Sicilia Occidentale. 

Le indagini sono state coordinate dalla locale Procura della Repubblica direzione distrettuale antimafia (procuratorI aggiunti Leonardo Agueci e Vittorio Teresi, sostituti procuratori Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Ennio Petrigni).

L'operazione ha ricostruito la vita criminale degli ultimi anni di uno dei più potenti mandamenti mafiosi cittadini ed ha consentito di registrare, accanto alle tradizionali attività di lucro di Cosa Nostra, anche inediti contatti con cellule criminali provenienti da altre organizzazioni.

Il quadro emerso è quello di un contesto in cui anche chi non fosse formalmente affliato od organico a Cosa Nostra, è stato asservito nel raggiungimento dei suoi molteplici interessi criminali ed economici.

Eseguita una ordinanza di custodia cautelare in carcere, tra gli altri, nei confronti di alcuni esponenti delle famiglie mafiose incardinate nel mandamento cittadino di Brancaccio, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, possesso ed uso illegale di armi da fuoco ed altro.

Sarebbero diciotto le ordinanze di custodia cautelare eseguite.

Questi i nomi degli arrestati nel blitz antidroga condotto oggi dai poliziotti della squadra mobile di Palermo: Cristian Balistreri, Giuseppe e Natale Bruno, Patrizio Catanzaro, Maurizio Costa, Santo Cozzuto, Claudio Crocillà, Giuseppe Cusimano, Vincenzo Di Piazza, Giuseppe Furitano, Mario Iannitello, Pietro L Vardera, Vincenzo Montescuro, Filiberto Palermo, Francesco Paolo Valdese, Massimiliano Voi, Antonio ed Egidio Zucchini.

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