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E' stato il boss Vito Galatolo a rivelare i piani di morte contro il magistrato Nino Di Matteo

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Lo scrive sulla Repubblica di oggi Salvo Palazzolo, che in questi giorni ha è parlato in più di un articolo della tensione che si è creata a Palazzo di giustizia, dopo che erano cominciate a filtrare le notizie di un summit dei boss per eliminare il magistrato non solo oggi ma da quando era ancora pubblico ministero a Caltanissetta il più esposto nel contrasto a cosa nostra.

Era stato qualche tempo fa il boss quarantenne Vito Galatolo figlio di Vincenzo, storico boss dell'Acquasanta, fedelissimo di Totò Riina e condannato all'ergastolo per la stagione delle stragi, a parlare di queso summit di capimafia per decidere l'eliminazione di Di Matteo.

Anche Vito Galatolo era stato arrestato  e si trova tutt'oggi in carcere: ma dopo il primo l'arresto e tronato in libertà nel 2002, ed anche  se si era trasferito in Veneto non disdegnava però di continuare i rapporti con esponenti della cosa nostra siciliana e di impegnarsi nella ricostituzione di una delle famiglie mafiose più forti e ricche di Palermo anche perchè nella zona di influenza dei Galatolo ricade il cantiere navale.

E sarebbe stata in una di queste occcasioni in cui si era ritrovato a Palermo, che avrebbe partecipato al summit di cui ha voluto parlare personalmente ed  esclusivamente con Di Matteo: "Per togliermi un peso dalla coscienza che negli ultimi tempi mi assillava", così ha motivato il suo gesto.

Ma lui non è un pentito, anche perchè, a parte le modalità generiche dell'attentato che si sarebbe dovuto mettere in atto contro Di Matteo, tritolo a Palermo o mitra e armi pesanti a Roma, non ha voluto dire altro, nè i nomi dei complici nè le motivazioni che sarebbero state dietro questo conato di ripresa della strategìa stragista di cosa nostra.

Anche se qualche traccia i mafiosi del loro livore contro Di Matteo l'avevano lasciata, a partire dalle frasi di Tottò Riina che probabilmente sapendo di essere inetrcettato ha voluto mandare il messaggio all'esterno, o alle forze di sicurezza e ai magistrati, o in caso di pubbblicazione delle intercettazioni, come poi è avvenuto, direttamente ai suoi sodali che si trovano all'esterno; ma anche in qualche banale battuta di mafiosi bagheresi si accennava alle modalità di far fuori il magistrato, che trascorreva le vacanze estive nella casa paterna di S.Flavia, in contrada Valdina.

Ma Totò Riina o qualche altro mammasantissima condannato all'ergastolo, ha ancora il potere per ordinare un delitto eccellente e di questa portata: "iddi su cunsumati - dicono spesso i mafiosi liberi parlano dei loro amici condannati all'ergastolo - e vulissiru cunsumari puru a nuatri".

A meno che ad interessarsi a Di Matteo non siano anche altre forze oscure, ed è per questo la dichiarazione di Galatolo viene letta e riletta con molta attenzione da magistrati ed inquirenti 

 


Anche un bagherese tra i quattro arrestati per la rapina ad una anziana di Misilmeri

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Si chiama Pietro Aiello , 22 anni di Bagheria, uno dei quattro arrestati con l'accusa di avere legato e imbavagliata, lo scorso 24 agosto, una signora ottantenne di Misilmeri per rubare la piccola cassaforte che si trovava in casa della donna, convinti che avrebbero trovato chissà cosa. I complici di Aiello sono stati Salvatore Di Pasquale, 36 anni e Michele Varia, 26 anni, palermitani e Piero Oriti Misterio, 33 anni di Misilmeri

Hanno studiato i dettagli di un piano, che ha fatto vivere  un vero e proprio incubo alla donna che si trovava al sicuro dentro la propria casa, presa d'assalto di notte mentre  si trovava da sola. Fu bloccata, minacciata, legata con alcune fascette al letto. E i malviventi riuscirono ad individuare la sua cassaforte, letteralmente sradicata dal muro con martello e scalpelli.

I componenti della banda oggi sono finiti tutti in manette, dopo lunghe e serrate indagini condotte dalla squadra mobile: i quattro peraltro agivano con violenza, terrorizzando e, se necessario, picchiando le proprie vittime, di modo che gli anziani che finivano nel loro mirino, impotenti, non avevano mai avuto alcun modo di reagire, né di chiedere aiuto.

Proprio come è successo all' ottantenne di Misilmeri. 

Il bottino fu però magro: nessun tesoretto nell'abitazione dell'anziana, che a parte qualche piccolo gioiello in casa, conservava soltanto poco più di ottanta euro e un cellulare, anche questo portato via.

La vittima fu lasciata legata e sotto choc, fino all'arrivo della polizia e degli uomini della Scientifica che effettuarono i rilievi. In questi mesi gli investigatori si sono messi sulle tracce dei quattro che avrebbero ultimamente messo a segno altri colpi violenti.

Prima e dopo ogni colpo, i complici utilizzavano sempre utenze diverse e parlavano in codice: la rapina diventava così la "partita di calcetto", il luogo in cui nascondere la refurtiva era lo "spogliatoio". A ricoprire i ruoli di vertice della banda, Di Pasquale ed Oriti, entrambi pregiudicati. Il primo ideava i piani e reclutava eventuali altri complici, il secondo - sottoposto ai domiciliari nello stesso periodo della rapina all'anziana di Misilmeri - sarebbe stato il basista.

Secondo gli inquirenti i colpi a segno sarebbero numerosi, le indagini sono ancora in corso. 

Antonino Zarcone: vi racconto la mafia di Bagheria e dintorni - Parte seconda

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Pubblichiamo la seconda parte del verbale delle dichiarazioni rese lo scorso 29 settembre dal pentito Antonino Zarcone che riguardano il ruolo di una serie di arrestati nell'operazione 'Argo' del giugno 2013. Ricordamo ancora che la parte più consistente dei verbali è ancora oggi coperta dal riserbo. La parte che pubblichiamo depositata presso la cancelleria del Tribunale il 10.10.2014 a disposizione delle parti,  è stata già prodotta in una udienza del processo 'Argo'.

P.M. GRANA' PIETRO

ZARCONE: Allora, Granà Pietro è personaggio storico in Cosa Nostra dagli anni già della guerra di mafia della provincia di Bagheria. Su Altavilla è stato sempre un personaggio, è stato sempre a disposizione della famiglia di Nicola Greco, Nicola Greco, Nardo Greco, Nino Ariano (Gargano n.d.r.), Eucaliptus e più per le varie famiglie e di vari esponenti di altre frazioni nella provincia sia di Palermo che su Belmonte Mezzagno. Ha operato nel settore degli omicidi, diciamo era un killer in Cosa Nostra, non era un personaggio di spicco di potere economico ma era un personaggio di spicco di malavita. Diciamo fa nelle stragi un personaggio in prima linea.

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P.M.: Nelle stragi intende... Cosa intende per le stragi?

ZARCONE: Nelle stragi di mafia quando ci sono state tutte quelle guerre, tutti quegli omicidi in quei periodi.
P.M,: Cioè i fatti di Bagheria dice?
ZARCONE: Fatti di Bagheria, si, si, sì.
P.M.: In vicende palermitane non era coinvolto?
ZARCONE: Ma sicuramente in qualsiasi vicenda era coinvolto perché era molto vicino sia a Provenzano e... di quello che si racconta è stato un po' una chiave di lettura
P.M.: Cioè era coinvolto anche in delitti realizzati a Palermo?
ZARCONE: Anche in delitti realizzati a Palermo, sì, con gli esponenti di tutte le altre famiglie. Diciamo è stato sempre a disposizione tra... nella frazione di vari componenti di varie famiglie.
Avv.to: E una sua deduzione il fatto che è stato coinvolto anche in eventi a Palermo, è una deduzione o sa che è coinvolto in eventi...
ZARCONE: Allora, io riferitomi proprio da Pietro... Perché questa storia ne sono a conoscenza? Perché ci fu im momento che ad Altavilla c'era un vuoto di potere, un vuoto di potere e lui si presupponeva che questo potere lo doveva prendere mio zio Francesco, Ciccio Zarcone, Ciccio Zarcone. Effettivamente mio zio non era consapevole, non era... non voleva sapere niente di queste faccende e Pietro si lamentava anche, dice; no, tuo zio non potrà mai prendere il controllo sul territorio perché dice nel periodo delle guerre di mafia in prima linea sono stato io dice quando ci furono... ci sono state le guerre... quando ci fu diciamo la guerra di mafia, tuo zio dice non ha partecipato, si è chiuso dentro e non è uscito da casa... tipo che lo mettevano come che non ha partecipato e non poteva avere questo diritto di entrare a fare parte della famiglia di Altavilla. 

Avv.to: (ine.) ha partecipato alla guerra di mafia (ine.)
ZARCONE: Si.
P.M.: Senza farle però riferimento a qualche nominativo specifico?
ZARCONE: No, no, no.

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P.M,: Va bene. GRANITI VINCENZO.


ZARCONE: Molto legato a un ragazzo che fu arrestato a Misilmeri, di Misilmeri che il padr... stu ragazzo se non mi sbaglio si stava laureando, andava all'imiversità ma io parlo anni... circa 20 anni fa su Misilmeri.
P.M.: Quindi era legato a un soggetto di Misilmeri.
ZARCONE: No, ma legato con tanti esponenti delle varie famiglie, sì.
P.M.: Sì. Graniti?
ZARCONE: Allora, su Graniti Vincenzo è un ragazzo a me caro che io lo... no lo usavo, mi intratteneva ad accompagnarmi diciamo im poco in giro, io lo tenevo all'inizio con me perché è ima persona non di... attenzionato, diciamo non era un individuo attenzionato e spesso e volentieri lo portavo con me, mi facevo accompagnare direttamente da lui e cose varie. L'unica cosa che ho, che ho fatto con Graniti, diciamo che oggi penso di avere sbagliato, che gli ho fatto custodire delle armi, gli abbiamo fatto custodire delle armi ma poco tempo perché è stato nell'arco di un mese penso li ha trattenuti, dopodiché gli avevo detto di consegnarle a Sergio Flamia e di levarsi tutto da casa e di andarsene a lavorare perché già pensavo di essere arrestato in breve. Di altri particolari niente.
RM.: Ma che armi erano?
ZARCONE: Ma c'erano diverse armi, più che altro pistole erano, niente di... pistole.
P.M.: Quante pistole?
ZARCONE: Non lo so, una decina penso che dovevano essere.
P.M.: E da dove venivano?
ZARCONE: Tramite... qualcuna tramite Tonino Vitale dove le ho reperite... sempre nel mercato nero si sono reperite e se non mi sbaglio Pietro Lo Coco, Pietro Lo Coco e Antora che ha la pizzeria ad Altavilla stu ragazzo.
P.M.: Sì. Cioè si... faceva da intermediario o che le aveva, come,.. cioè in che modo interviene...
ZARCONE: No, no, avevano armi da vendere e le abbiamo acquistate e le abbiamo conservate, niente di...
P.M.: Sì, ma dico il ruolo di... lei dice tramite Pietro Lo Coco, che vuol dire, che ha fatto Pietro Lo Coco?
ZARCONE: Pietro Lo Coco si occupa... diciamo come armi, sia lui che il fratello.
P.M.: Quindi le aveva acquistate, le aveva.
ZARCONE: Sì, acquistate.
P.M.: Acquistate.
ZARCONE: Acquistate, acquistate
P.M.: Ma dove le acquistava?
ZARCONE: E non lo so dove le acquistavano loro, a noi ce le ha consegnate, penso o due o tre, o due o tre armi dottoressa, non ricordo bene i particolari.,.

P.M.: E Messicati Vitale dove le acquistava le...

ZARCONE: No, loro hanno armi... allora, a Villabate hanno armi conservate, addirittura so che hanno buttato pure armi perché già rugginite, si sono deteriorate ma hanno unarsenale abbastanza pesante, Villabate, la famiglia di Villabate un arsenale pesante.

P.M.: E dove...

ZARCONE: Per Messicati Vitale.. intendo tutta la famiglia, diciamo tutta la conduzione di Villabate, non principalmente Messicati Vitale, lui aveva le sue armi e cose varie, loro hanno anche.., diciamo che in comune di bene, in comune della famiglia di Villabate so che hanno armi pure pesanti.
P.M.:
ZARCONE: Va bene. Questo lo dico perché in alcuni casi abbiamo avuto un dialogo, uno scambio di dial... dice: abbiamo armi, possiamo scatenare una guerra, dice, come armi siamo a posto.

Cap.no: E questo chi è che glielo diceva?
ZARCONE: Lui, Tonino.
Cap.no: Tonino chi? Lo dica per la registrazione.
ZARCONE: Vitale, Tonino Vitale, Messicati Vitale. Questo perché ci fu un momento di frazionamenti, di fibrillazione tra Palermo, ci sono stati... che poi ne
parleremo più avanti, tra Brancaccio che... insomma ci sono stati dei momenti di fibrillazione.
P.M.: E quindi il Graniti ha conservato queste armi e poi le ha consegnate a Pietro Flamia... a Sergio Flamia voglio dire.
ZARCONE: Sergio Flamia, gli avevo detto io di prenderle e consegnarle a Sergio Flamia.
P.M.: Glieli ha dati prima del suo arresto lei?
ZARCONE: Prima del... si, (ine.) del mio arresto.

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P.M.: GUAGLIARDO UMBERTO ?

ZARCONE: Guagliardo Umberto di Altavilla a disposizione di Franco Lombardo occupano di furti, rapine, qualche estorsione l'ha fatta senza essere autorizzata, ma più che altro viene usato molto da Franco Lombardo infatti arrivavano lamentele pure da Pietro Granà in quanto stu ragazzo era incontrollabile perché si muoveva... ma era, la guida era sempre... diciamo la regia era Franco Lombardo anche se qualcosa sicuramente l'avrà fatta anche senza essere autorizzato. Però con me direttamente riporti non...

P,M.: Non ne ha avuti.
ZARCONE: No, non...
P.M.: Lei non l'ha incaricato mai di niente?
ZARCONE: Mai di niente, anzi avevo detto pure a Franco di tenerlo buono e di trovare un rimedio, eventualmente di farlo partire stu ragazzo perché era im problema per il territorio di Altavilla perché facevano troppi danneggiamenti, troppi furti nelle... ed erano la maggior parte organizzati da loro ma penso che la regia è sempre Franco

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P.M.: LA MANTIA ROSARIO ?


ZARCONE: La Mantia Rosario è un personaggio... io l'ho lasciato vicino a Cosa Nostra... a personaggi in Cosa Nostra con Pino Scaduto. In quel periodo storico che io ero nei rapporti con Pino Scaduto lui aveva preso un lavoro su Altavilla Milicia tramite nel cantiere di Marrobbio e questo lavoro è stato preso da... gliel'hanno fatto prendere sia Pietro Granà che tramite l'inserimento di Pino Scaduto è andato a lavorare da Marrobbio. Questo è il rapporto che avevo lavorativamente, dopodiché... ha trattenuto l'estorsione del Marrobbio la gestione, però più che altro la gestione dell'estorsione è stato il Marrobbio a coinvolgere in questa, all'estorsione a...
Cap.no: .....La Mantia.
ZARCONE: ... La Mantia. Perché dico questo? Perché un giomo in mia presenza La Mantia viene a Bagheria con Marrobbio e io ero con Pino Scaduto, scende, ci saluta sia a me che a Scaduto, Marrobbio, e cose varie, sono stati, siamo stati 10 minuti e poi sono andati via e Pino Scaduto mi diceva che stu ragazzo, dice, è venuto a chiedere tipo una forma di protezione perché sul territorio di Altavilla aveva avuto grossi problemi, dice, poi c'è Rosario che gli sta dando una mano e cose varie, che già aveva pagato, aveva dato soldi a Pino Scaduto però Pino disse che era una cosa che... una cosa personale, non so se aveva dato 10.000 Euro di soldi, però Pino non li ha messi nella cassa perché mi diceva che era un regalo...

ZARCONE: ...personale che aveva fatto a Pino Scaduto e... poi niente, su di lui non ho, non ho una storia...

P.M.: Quindi diciamo fino a quando lei è stato arrestato non aveva un ruolo in Còsa Nostra, va bene.
ZARCONE: Si muoveva sempre in ambienti con personaggi appartenenti a Cosa Nostra ma non aveva... vicino a mio cugino Pietro Granà vicino a Franco Lombardo, a mia no. a Pino Scaduto... diciamo
P.M.: frequentava nell'ambito... ma senza nessum ruolo di chiedere estorsioni e cose varie. Va bene.
ZARCONE: Però poi l'estorsione in secondo tempo sulla richiesta di Marrobbio... io ci volevo arrivare quando parlo di Marrobbio su questa... o ne parlo pure prima adesso, dottoressa?
P.M.: Se riguarda La Mantia parliamone adesso.
ZARCONE: E allora, La Mantia. Succede dopo l'arresto di Pino Scaduto, viene Paolo Scaduto, il figlio di Pino, che c'erano dei soldi da andare a prendere dal Marrobbio...

...Continua
 

Beni per un valore di 17 milioni di euro sequestrati a Francesco e Gianfranco Raspanti VIDEO

 

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Un maxisequestro per un valore complessivo di 17 milioni di euro nei confronti di due fratelli, gli imprenditori palermitani Francesco e Giancarlo Raspanti, è stato eseguito dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo. Il provvedimento riguarda beni mobili e immobili, quote societarie e rapporti bancari ritenuti riconducibili ai due imprenditori, che sono impegnati anche nella gestione del movimento terra in relazione ai lavori del cosiddetto "passante ferroviario" della città di Palermo, nonché ad appalti dal Comune di Bagheria.

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Gli investigatori avrebbero accertato la contiguità dei fratelli Raspanti, il cui padre Antonino era stato più volte inquisito negli anni '50-'60 come elemento di spicco di Cosa Nostra, con soggetti vicini alla criminalità mafiosa.

"La contiguità dei fratelli Raspanti con soggetti vicini alla criminalità organizzata di tipo mafioso - scrivono gli investigatori -, soprattutto nel Comune di Bagheria, trae origine, tra l'altro, anche dall'appartenenza del padre, Antonino, a cosa nostra". Raspanti senior, già negli anni '50 e '60, era ritenuto elemento di spicco della mafia locale.
Nel giugno del 2014, Francesco Raspanti era stato sottoposto a fermo nell'ambito di un'indagine che portò all'arresto di trenta persone considerate vicine alla mafia bagherese e accusate di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, rapina ed altro. Raspanti, in quella circostanza, era indiziato di estorsione aggravata, in quanto connessa ad attività mafiosa, e tuttora sottoposto agli arresti domiciliari. 

Ecco l'elenco dei beni sequestrati:

Impresa Individuale Raspanti Francesco”, con sede legale a Trabia, Contrada Sant’Onofrio e sede secondaria a Bagheria, Contrada Marino;

“Centro edile scavi spa”, in fallimento, con sede legale a Bagheria, Contrada Marino;

“Impresa Individuale”, con sede legale in Bagheria, corso Butera;

Il 95% del capitale della società “Nuovo Gelato In Srl”, con sede legale a Bagheria, Via Libertà; “R.E.BU.C.” S.r.l. Unipersonale, con sede legale in Bagheria, contrada Ramacca.

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da gds.it

Sedici arresti tra Castelvetrano e Brancaccio di appartenenti al clan di Matteo Messina Denaro

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Una famiglia decimata dagli arresti. Il clan Messina Denaro perde un altro pezzo. Stavolta in carcere finisce Girolamo Bellomo, 37 anni, detto Luca, nipote acquisito del numero uno dei ricercati. È il marito di Lorenza Guttadauro, avvocatessa e figlia di Filippo e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante di Castelvetrano.

Bellomo è stato arrestato assieme ad altre quindici persone. Si trovava a Palermo dove vive con la moglie, in via Benedetto Marcello. 

Il blitz è dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, coordinati dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti Maurizio Agnello e Carlo Marzella. Che ora sperano di avere scovato, durante la perquisizione nell'abitazione di Bellomo, un indizio che porti al superlatitante.

Bellomo avrebbe aiutato il cognato, Francesco Guttadauro, e Patrizia Messina Denaro a mandare avanti gli affari della cosca. Quando nel dicembre 2013 per entrambi scattarono le manette, Bellomo si sarebbe sobbarcato il peso del lavoro sporco. Un lavoro sporco che ha consentito e consente a Matteo Messina Denaro di restare latitante, potendo contare su una fitta rete di protezione. Anche in questa operazione ci sono i segni della presenza del padrino corleonese sul territorio. Segni impalpabili rappresentati da pizzini e conversazioni via Skype.

Bellomo avrebbe contribuito a garantire ad imprese riconducibili o vicine alla famiglia mafiosa il controllo di importanti commesse edilizie. Ad esempio quelle nell'ambito della costruzione del centro commerciale Aventinove di Castelvetrano. Dall'operazione viene fuori lo spaccato di una mafia trapanese forte che dialoga con le cosche palermitane, in particolare con quelle di Brancaccio e Bagheria, storicamente legate al latitante che in quei territori ha trascorso alcune parentesi della sua latitanza.

Di fatto Bellomo sarebbe stato il leader di un braccio armato a disposizione di Francesco Guttadauro. Un braccio armato e pronto a tutto. Anche alla violenza. Dall'assalto ad un deposito in amministrazione giudiziaria a Campobello di Mazara alla spedizione punitiva per recuperare il bottino di una rapina. Quando c'era da fare valere il peso della famiglia mafiosa Bellomo sarebbe intervenuto alla testa di un gruppo di cui avrebbero fatto parte uomini di Corso dei Mille e Brancaccio. Tra questi Leonardo e Rosario Cacioppo, Salvatore D'Angelo e Calogero Giambalvo.

Questi i nomi degli arrestati Questi i nomi di 15 dei 16 arrestati nell'operazione Eden 2: Girolamo Bellomo, Ruggero Battaglia, Salvatore Marsiglia, Salvatore Vitale, Gaetano Corrao, Ciro Carrello, Calogero Giambalvo, Fabrizio Messina Denaro, Rosario Cacioppo, Leonardo Cacioppo, Giuseppe Fontana, Vito Tummarello, Valerio Tranchida, Salvatore Circello, Luciano Pasini, Giuseppe Nicolaci. Quest'ultimo era già detenuto.

 

Neonata ritrovata in un cassonetto della spazzatura muore durante il trasporto in Ospedale

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E’ accaduto verso le 11,25 circa di oggi, quando sull’utenza 112 del Pronto Intervento, giungeva la chiamata da due signore, che richiedevano un immediato soccorso, in marito al rinvenimento di una neonata abbandonato in un cassonetto.

Le due donne, nel transitare per la via Ferdinando Di Giorgi nr. 1, venivano fermate da un clochard che, mentre rovistava tra i rifiuti di un cassonetto posto a ciglio strada, si accorgeva della presenza di un neonato avvolto in un lenzuolino, posto all’interno di un borsone di colore rosso.

L’operatore della Centrale Operativa dei Carabinieri diramava tempestivamente la nota a tutte le auto in servizi, per i soccorsi e contestualmente informava i sanitari del 118 per un immediato intervento.

Anche se i soccorsi sono stati tempestivi, dopo che il corpicino del neonato, risultato di sesso femminile ( e non maschile come detto in un primo momento) ancora viva è stato trasportato a mezzo ambulanza, presso il reparto di neonatologia del locale Ospedale Civico, dove decedeva alle successive ore 11,55 circa, per sopraggiunte complicazioni.

Sul luogo del ritrovamento, sono intervenuti i Carabinieri della Compagnia Palermo San Lorenzo, del Nucleo Radiomobile e della Sezione Investigazioni Scientifiche che hanno transennato la zona per eseguite i rilievi tecnici di competenza.

Nel cassonetto in questione, i Carabinieri hanno rinvenuto inoltre all’interno del borsone rosso, una scarpa da adulto ed un paio di forbici, presumibilmente utilizzate per recidere il cordone ombelicale.

Al momento si sconosce la nazionalità del neonato, poiché completamente cianotico.

I Carabinieri, fanno appello a tutta la cittadinanza a collaborare alle indagini, affinché abbiano notato la presenza di persone sospette aggirarsi nei pressi di via Ferdinando Di Giorgi nr. 1, mentre si disfacevano di un borsone rosso. Sono in corso indagini.

 

Il MoV 5 stelle: al Museo Guttuso i dati sui registri venivano compilati a matita. Indagano i CC

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Dopo la vicenda che ha visto protagonista il Museo Guttuso, che verrà temporaneamente chiuso, per permettere di portare a compimento alcuni lavori di riqualificazione del museo, grazie a dei fondi regionali, il Sindaco Patrizio Cinque, la sua Giunta ed alcuni consiglieri del Movimento Cinque Stelle, per analizzare le possibili cause che hanno portato ad un cattivo funzionamento della pinacoteca comunale, hanno deciso di approfondire dei documenti riguardanti il Museo Guttuso.

Durante la consultazione di questi atti, però è emersa una situazione incresciosa: sul registro dove vengono inventariate le opere qualcosa non quadra.

Dal 2002 ad oggi, infatti, tutte le informazioni riguardo le opere catalogate su questo registro sono state trascritte a matita e non a penna, e con un tratto molto flebile, che permetterebbe facilmente la cancellazione delle informazioni.

È stato commesso un reato: questo registro, infatti, è un atto pubblico, dove qualsiasi annotazione va fatta con la penna blue o nera, con scrittura chiara e leggibile.

Perchè per 12 anni questi atti sono stati compilati in modo illegittimo? Come mai nessuno si è mai accorto che ciò accadeva?

Appurato ciò, l’Amministrazione Comunale di Patrizio Cinque, ha contattato i Carabinieri di Bagheria che hanno verificato di persona quanto accaduto, recandosi nei locali di Villa Cattolica.

Attualmente i plichi incriminati sono stati sigillati, in attesa di un’analisi più attenta da parte delle forze dell’ordine.

Il nostro obiettivo -dichiara il Sindaco di Bagheria- è quello di far luce su questa vicenda e capire cosa c’è dietro a queste azioni illegali. I bagheresi vogliono il cambiamento, la legalità e la trasparenza e noi stiamo percorrendo la strada per raggiungere questo obiettivo. Noi vogliamo rilanciare questo bene prezioso -continua Patrizio Cinque- e non percorrere strade che non permettono di sfruttare appieno le potenzialità di Villa Cattolica e del suo museo. Il museo Guttuso dovrà diventare fonte di richiamo per turisti e cittadini e punto focale della cultura bagherese, gestito in trasparenza e nel rispetto delle regole”.

"Sono di ampia diffusione in questo momento articoli riguardanti la chiusura del museo- dichiarano i consiglieri del M5S-. Ci chiediamo secondo quale logica dettata dalla trasparenza un museo gestito in questa maniera possa continuare a funzionare. Chi può assicurare che opere dall’ingente valore non siano state sottratte illegalmente? Cosa ha fatto la politica, strumento di controllo, in passato?

"Il museo è dei bagheresi, non di pochi, di tutti ed ognuno di loro deve conoscere come sia stato gestito sino ad oggi.”

UFFICIO STAMPA M5S BAGHERIA

Sequestro di beni per un valore di 700.000 euro operato dalla GdF

 

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La Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato cinque immobili in città, due magazzini, un’autovettura, due motoveicoli e disponibilità finanziarie, per un valore di oltre 700.000 euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica a STASSI GIORGIO

Interessato dal sequestro è un cinquantanovenne palermitano, gravato da numerosi precedenti penali, già ritenuto socialmente pericoloso dal Tribunale di Palermo - con sentenza del 2011 – e condannato in via definitiva nel 2012 dalla Corte di Appello di Palermo, per reati connessi al traffico di stupefacenti. Nell’ultima condanna, che riguarda fatti commessi fino al 2011, al soggetto veniva contestato di aver fatto parte di una consolidata consorteria criminale, dedita allo spaccio di droga nel quartiere “Zisa” di Palermo.

Il sequestro eseguito trae origine dalle indagini svolte dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo, che hanno rilevato un’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati dal complessivo nucleo familiare del soggetto e le numerose acquisizioni patrimoniali realizzate nel tempo.

Nello specifico, i riscontri effettuati dalle Fiamme Gialle hanno permesso di evidenziare come il nucleo familiare dell’interessato, composto da cinque persone, abbia fiscalmente dichiarato redditi irrisori e, comunque, appena sufficienti a soddisfare le primarie esigenze di sussistenza, ma non idonei a consentire l’accumulo di risparmi, l’acquisto di beni immobili, oltre che di due motoveicoli e di un’autovettura, tutte spese risultate incompatibili con la descritta situazione reddituale.

Le predette risultanze hanno consentito l’emissione del provvedimento di sequestro da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.
 


Il pentito bagherese Lo Piparo ed una misteriosa cassaforte

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Salvatore Lo Piparo è uno dei collaboratori di giustizia bagheresi, già arrestato nell'operazione Reset che hanno dato un contributo ad individuare i fiancheggiatori della primula rossa di catselvetrano Matteo Messina Denaro.

Lo Piparo che ha anche raccontato agli investigatori il dettaglio folcloristico che nella soap Agrodolce interpretava come comparsa un poliziotto, ha raccontato agli inquirenti di una misteriosa cassaforte custodita nella casa di un residente a S.Flavia, tale Ciro Carrello anche lui arrestato nell'ultima operazione (che mirava a fare il deserto intorno al superboss) come responsabile della rapina ai danni del deposito TNT  di Campobello di Mazara che sarebbe servita anche per finanziare la latitanza del padrino di Castelvetrano.

La frase di Lo Piparo, che mostra di conoscere bene la residenza del Carrello  in via Basilica a S.Flaviaa, così come la riporta in un articolo di oggi il sito livesicilia.it in un articolo a firma di Riccardo LO Verso  è estremamente sibillina:  andate a perquisirla che ci potrebbero essere tante cose”.

Peraltro sempre secondo il quotidiano on line, Lo Piparo ha raccontato che per il colpo furono utilizzate una serie di armi: un fucile calibro 12 Benelli, una Beretta calibro 9 parabellum e due calibro 7,65.

Le armi sarebbero state messe a disposizione da Carrello. “Abita Santa Flavia, di fronte alla basilica… - ha raccontato Lo Piparo - e vi dico pure una cosa, una confidenza che… perché siamo andati a provare anche delle pistole tra cui questa nuova parabellum che le cartucce gliele feci fare io… andiamo a provare queste armi e lui praticamente si comprò una cassaforte e si fece montare questa cassaforte a casa, nascosta bene, per evitare che qualcuno la trovasse… una classica cassaforte che si mette dietro un quadro, oppure dietro un mobile, e lui sta in via basilica, a Santa Flavia, almeno fino a quando mi hanno arrestato”. “E dentro questa cassaforte cosa ci tiene?”, chiedono i pubblici ministeri Carlo Marzella e Maurizio Agnello: “... ci potrebbero essere tante cose… si potrebbero trovare cose...”.

I carabinieri sono andati a perquisire l'abitazione di Carrello, ma nella cassaforte non è stato trovato nulla.

Ficarazzi: arrestato presunto mafioso per imposizione del pizzo a casa di riposo

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Taglieggiava una casa di riposo, ma il titolare ha deciso di denunciare il suo estorsore che è stato arrestato dalla Direzione Investigativa Antimafia di Palermo. 

Si tratta di Atanasio Ugo Leonforte di Ficarazzi, che è stato raggiunto stamani da una Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Palermo per tentata estorsione. Lo stesso è già detenuto per associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione. Rilevante è stato il sostegno fornito dall'associazione antiracket «Addiopizzo» all'imprenditore, minacciato dal racket delle estorsioni.

«L'arresto compiuto dalla Dia di Palermo con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia rappresenta la conferma di come nei paesi della provincia stia cambiando il clima», afferma una nota di Addipizzo. «Pochi mesi fa l'imprenditore è entrato in contatto con la nostra associazione - prosegue - che l'ha accompagnato a denunciare presso gli uffici della Dia di San Lorenzo. Un'importante e concreta sinergia tra la Direzione Investigativa Antimafia e l'associazione antiracket di Palermo». «Il percorso di denuncia ha visto coinvolto passo dopo passo l'associazione accanto alla vittima che oggi può proseguire, continua - come oramai tanti altri imprenditori e commercianti di Bagheria, Ficarazzi e Altavilla, la sua attività in condizioni di normalità e serenità. Un cammino difficile che trova il suo tanto atteso epilogo di liberazione che coincide con la nuova e importante stagione che stanno attraversando molti operatori economici della provincia di Palermo».

Addiopizzo ribadisce «l'appello a quanti vivono ancora oggi stretti dalle maglie del racket delle estorsioni affinchè decidano di collaborare e denunciare: siamo pronti e disponibili a sostenere tutti i commercianti e gli imprenditori che compiranno questa scelta».

Proprio oggi Addipizzo sarà a Bagheria per fare una campagna di sensibilizzazione nelle scuole e presso gli esercizi commerciali ed in serata al Bitta per un paeriticvo di 'consumo critico'
 

Piano di prevenzione delle Forze di Polizia alle Poste per le tredicesime dei pensionati

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Dal 1 dicembre scatterà un articolato programma di controllo predisposto a livello provinciale da un Coordinamento delle forze dell'ordine che mira a prevenire gli scippi e le rapine ai pensionati che dal 1 all' 8 dicembre andranno a prelevare in denaro contante la pensione e la tredicesima mensilità.

Il piano di sicurezza discusso presso la Questura di Palermo, prevede a Bagheria un impegno sinergico tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza: nei dintorni di ciascuno dei quattro Uffici postali presenti nel nostro comune, Aspra compresa, ci sarà, ferma o in movimento nei paraggi una pattuglia di carabinieri , poliziotti o finanzieri, che cercheranno di individuare personaggi sospetti o situazioni a rischio;  a loro si affiancheranno anche uomini in borghese provenienti da Palermo.

L'anno scorso furono una mezza dozzina gli scippi o le rapine realizzata con una tecnica, se vogliamo, nuova, e cioè gli anziani venivano 'puntati' sin dal momento del prelievo dlle loro spettanze, e bloccati a pochi metri dall'uscio di casa.

Le forze di siucrezza raccomandano quindi di evitare di percorrere da soli lunghi tratti di strada a piedi e da soli con consistenti somme in tasca, e chiedono anche ai cittadini di segnalare essi stessi alle pattuglie che opereranno nei dintorni degli Uffici postali individui o situazioni sospette.

Naturalmente gli anziani che ritenessero di potere essere a rischio possono rivolgersi agli uomini delle pattuglie per chiedere aiuto o consiglio. 

Foto d'archivio

Operazione 'Restart':arrestate dalla GdF 8 persone per detenzione e spaccio di stupefacenti

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All’alba di oggi, militari appartenenti al Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo hanno eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare personali, di cui 5 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, Dr.ssa Maria Pino, su richiesta del Pubblico Ministero dott. Claudio De Lazzaro, nei confronti di soggetti appartenenti ad un’organizzazione criminale dedita ad una intensa attività di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina e marijuana, sulla piazza palermitana.

 

L’operazione “Restart” ha permesso di smantellare una ramificata organizzazione di spaccio, operante nella zona di “Belmonte-Chiavelli”, che garantiva una disponibilità di droghe pressoché permanente e continua, attraverso la presenza di “pusher” nell’arco delle 24 ore, alla stregua di una qualsiasi attività commerciale “no stop”.

La compagine delinquenziale sfruttava la conformazione morfologica del quartiere, prevalentemente composto da tortuosi e lunghi vicoli, spesso senza uscita e densamente popolati, che facilitava la rilevazione di eventuali “presenze” estranee ed il rapido dileguamento degli spacciatori, nel caso in cui fossero stati disposti controlli da parte delle Forze dell’Ordine nelle aree interessate.

Le indagini svolte dalla Sezione “G.O.A.” del G.I.C.O., sviluppate a partire dal 2011, consentivano, tuttavia, di eludere gli accorgimenti adottati dall’organizzazione criminale. Attraverso mirati servizi di osservazione, appostamento e pedinamento, supportati dall’utilizzo di sofisticate tecnologie, venivano ricostruite le modalità dello “spaccio” ed i ruoli ricoperti dai singoli componenti dell’organizzazione nell’attività criminale.

Le indagini hanno, in particolare, fatto emergere l’accuratezza con cui veniva gestita l’attività di vendita di stupefacenti, che faceva perno sulla predisposizione di veri e propri “turni”, volti ad assicurare alla folta cerchia dei “clienti” della piazza di spaccio la costante possibilità di approvvigionarsi di sostanze illecite in luoghi prestabili, presso i quali gli acquirenti avrebbero potuto rintracciare i fornitori anche senza alcun preavviso.

Durante le indagini, durate sei mesi, è stato possibile ricostruire oltre mille episodi di cessione, sono stati identificati 107 consumatori. Nei confronti degli indagati sono stati sequestrati oltre 5 kg. di marijuana, 100 grammi di cocaina e nr. 266 piante di marijuana, con l’arresto in flagranza di reato di 5 responsabili tra i 38 responsabili deferiti alla competente A.G., tra i quali anche alcuni minorenni la cui posizione è all’esame del Tribunale dei Minori.
 

Bagheria: la Polizia arresta tunisino per resistenza e detenzione di marijuana

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Tutto è partito da un litigio con la propria compagna che ha costretto la donna N.L. di 38 anni, vistasi con le spalle al muro, a richiedere l'intervento della Polizia in via Cesareo: ma entrando in casa di Amhri Badeddrin. tunisino di 35 anni, gli agenti hanno subito notato che dentro uno stanzino dell'abitazione, trasformato in serra, veniva coltivata marijuana; ne hanno trovato dieci piante dell'altezza di circa 30 cm, oltre a materiale vario che veniva usato per la coltivazione in serra dello stupefacente.

L'uomo ha cercato di opporsi al sequestro della droga facendo resistenza nei confronti degli agenti del locale Commissariato che, a questo punto, lo hanno  arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, detenzioni di sostanzea stupefacente e  lesioni.

Gli agenti sono stati costretti a farsi refertare presso il locale Pronto soccorso per le ferite riportate, mentre l’uomo è stato processato per direttissima.

 

Tre auto a fuoco nella notte a Bagheria

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Le auto si trovavano parcheggiate all'altezza del civ. 163 di via Città di Palermo, ed erano di proprietà della famiglia dell'avvocato Rosalia Zarcone, uno dei penalisti più noti a Bagheria: proprio l'altro ieri, e ne davamo notizia tra le brevi, due suoi assistiti, i buttafuori bagheresi, Gaspare Ribaudo ed Emanuel Rughoo Tejo, arrestati il 31 ottobre scorso, perchè accusati di estorsione erano stati scarcerati perchè le prove erano state ritenute dal GIP, Roberto Riggio, insufficienti per giustificare la detenzione in carcere.

L'incendio è scoppiato poco prima delle ore cinque di stamane e sono immediatamente accorsi i vigili del Fuoco, Polizia e Carabinieri, che hanno temporaneamente interrotto il traffico: lo scoppio in rapida sequenza  di due pneumatici ha allertato alcuni residenti nella zona che sono scesi in strada.

Le auto sono una Ford Fusion, ed una Mini Cooper che sono andate completamente distrutte dalle fiamme, mentre un altra auto nella disponibilità della famiglia Zarcone una BMW 180 S che si trovava parcheggiata dall'altro lato dell'arteria è rimasta seriamente danneggiata all'interno, probabilmente perchè è stato versato dentro del liquido infiammabile.

Gli inquirenti non nutrono dubbi sulla natura dolosa del gesto per una serie di elementi inequivocabili.

Operazione 'Aquarium': i Carabinieri eseguono 16 ordinanze di custodia tra Termini e Palermo I NOMI

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C'è anche una bagherese, Antonella Vitale, tra le 16 misure di custodia cautelare (di cui 3 in carcere e 13 agli arresti domiciliari) eseguite sin  dalle prime ore del mattino, in Palermo e Termini Imerese, dai militari della Compagnia di Termini Imerese e del Gruppo di Monreale, coadiuvati da quelli del Gruppo e del Nucleo Radiomobile di Palermo, con il concorso del 9° Elinucleo; oltre alle ordinanze di custodia ci sono anche di 5 misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

I  provvedimenti sono stati emessi dal GIP del Tribunale di Termini Imerese su richiesta della locale Procura, nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, furto aggravato e ricettazione in concorso, estorsione, rapina impropria e detenzione abusiva di armi.

Le indagini, avviate nel dicembre 2012 e condotte dal Nucleo Operativo della Compagnia di Termini Imerese, hanno consentito di delineare le responsabilità penali di diversi soggetti. In tale contesto, si accertava:

- l’operatività di quattro gruppi indipendenti di giovani dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo “hashish” e “cocaina”, operanti nei territori di Termini Imerese e Palermo, nonché di alcuni “grossisti della droga” dai quali gli stessi si approvvigionavano della sostanza stupefacente necessaria per soddisfare i loro utenti; nel corso delle attività investigative sono state arrestate in flagranza di reato 6 persone, altre 10 segnalate ex art. 75 D.P.R. 309/90 all’Autorità competente, sequestrate sostanze stupefacenti pari a 20 gr. di “cocaina” e 150 gr. di “hashish”, nonché la somma di denaro contante di 1.000 euro;

- l’esistenza di un sodalizio criminale specializzato nei furti presso esercizi commerciali e nella contestuale ricettazione della merce trafugata;

- la commissione di diversi furti con strappo, trasformatisi in talune circostanze in rapine, operati a danni di anziani di Termini Imerese;

- due casi di “cavallo di ritorno”, ai danni di soggetti vittime di furto di motocicli, successivamente restituiti dietro compensi in denaro.  

In carcere sono finiti Giuseppe Virzì, detto Ivan, 39 anni, Salvatore Augusta, 45 anni, Giuseppe Augusta, 22 anni.

Agli arresti domiciliari  Antonella Vitale, 31 anni, Mario Cangelosi, 36 anni, Orazio Cefalù, 25 anni.   Paolo Genovese, 28 anni, Giuseppe Di Maria, 57 anni, Francesco Duca, 26 anni,  Gianluca Fasone, 36 anni, Francesco Gazzano, 27 anni, Maria Lauretana Governara detta “Valentina”, 27 anni, Rosa Mantia, 25 anni, Carmela Scarcipino Pattarello, 45 anni, Rosario Cozzo, 26 anni, 

Hanno l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. Salvatore Boscarino, 21 anni, Dario Cilfone, 28 anni, Agostino Contino, 30 anni, Silvio Giuseppe Napolitano, 20 anni, Alessio Napolitano, 22 anni, 

 

 


Attività di prevenzione e repressione della Polizia di Stato a Bagheria: due arresti

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Come ormai accade da qualche tempo, coadiuvati da pattuglie del Reparto prevenzione crimine provenienti da Palermo, unità del Commissariato di Pubblica sicurezza di Bagheria, hanno proceduto ad una vasta azione di controllo del territorio, mirante ad individuare oltre che violazioni del codice della strada, anche eventuali violazioni del regime di misure di limitazione della libertà personale.

Sono stati identificati 140 soggetti ed oltre 80 autoveicoli, 3 autovetture  e 2 motoveicoli sono stati sequestrati per mancanza della copertura assicurativa del mezzo e per guida senza casco , e sono state leevate circa 30 contravvenzioni.

Sono state altresì controllati 25 persone sottoposte a misure limitative della libertà personale.

In questo contesto sono stati eseguiti due provvedimenti di arresto per sentenze passate in giudicato: in particolare si è rpoceduto all'arresto di Pirrotta Giovanni di 34 anni, per una condanna definitiva ad 8 mesi per i reati di furto, e di Franzino Ciro, 70 anni, condanna definitiva a mesi 6per sottrazione di merce sottoposta a sequestro giudiziario; a quest'ultimo sono stati concessi il regime dei domiciliari.

 

Muore un pescatore di Porticello in un incidente su un motopesca

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Tragica conclusione di un incidente sul lavoro che ha colpito un pescatore di Porticello, Antonino Sanfilippo, pescatore porticellese di 62 anni.

Secondo una prima ricostruzione fatta in maniera frammentaria, perchè ancora sotto choc, dai componenti dell'equipaggio del motopesca "Elisabetta Genovese", iscritto nel Compartimento marittimo di Mazara del Vallo, durante una battuta di pesca nelle acque di Pantelleria, l'uomo sarebbe stato colpito al volto, nella sala macchine, per lo scoppio di un tubo in cui circolava olio a pressione.

Immediatamente sono accorsi a soccorrerlo gli altri componenti dell'equipaggio e tra questi il figlio del Sanfilippo, che prestate le prime cure, hanno rapidamente raggiunto il porto di Pantelleria, da dove l'uomo è stato trasferito in Ospedale; ma purtroppo il pescatore non ce l'ha fatta.

Grande commozione ha suscitato questa terribile vicenda a Porticello, dove i Sanfilippo erano molto conosciuti: nella giornata di domani la salma dovrebbe giungere a Porticello, dove domani stesso si svolgeranno i funerali.

Anche il capomafia di Ficarazzi Giuseppe Comparetto accusato dell'omicidio di Andrea Cottone

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Anche a Giuseppe Comparetto, considerato capo della cosca di Ficarazzi, già arrestato lo scorso mese di giungo nell'operazione 'Reset', è stato notificato una ordinanza di custodia cautelare in carcere, per avere partecipato all' omicidio di Andrea Cottone, delitto per il quale c'erano già tre imputati.

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, al termine di una complessa attività d’indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia (Procuratore Capo f.f. dott. Leonardo Agueci, Procuratore Aggiunto dott. Vittorio Teresi e Sostituti Procuratori dott.ssa Francesca MAZZOCCO e dott.ssa Caterina MALAGOLI), hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo (dr. Nicola AIELLO), nei confronti di COMPARETTO Giuseppe, nato a Palermo il 22.01.1976, per l’omicidio, e la successiva soppressione del cadavere, di COTTONE Andrea.

Il COMPARETTO in atto è detenuto in quanto tratto in arresto il 5 giugno scorso, nell’ambito dell’operazione “RESET”, poiché ritenuto il reggente della famiglia mafiosa di Ficarazzi.

Il 18 marzo 2014, i Carabinieri del Nucleo Investigativo avevano già tratto in arresto per l’omicidio del COTTONE:

- Ignazio FONTANA, nato a Palermo il 14 maggio 1973, già detenuto dal 25 gennaio 2005 quando venne tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Grande Mandamento”;

- Onofrio MORREALE, nato a Bagheria il 25 dicembre 1965, già detenuto dal 25 gennaio 2005 quando venne tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Grande Mandamento”;

- Michele RUBINO, nato a Palermo l’8 dicembre 1960, che era in stato di libertà.

In aggiunta agli elementi indiziari già acquisiti, si sono rivelate decisive le ulteriori indagini svolte a seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

LA VITTIMA

COTTONE Andrea, in data 6 settembre 1995, era stato arrestato per “associazione di tipo mafioso” in quanto ritenuto capodecina della famiglia mafiosa di Villabate. Nel 1999, dopo la sua scarcerazione, aveva continuato ad essere vicino” ai “MONTALTO” di Villabate.

Già in quel periodo venne chiesta l’autorizzazione alla sua “eliminazione” ai reggenti di quella consorteria, PICCIURRO Biagio e PITARRESI Salvatore (contrapposti ai “MONTALTO”) ma, solo dopo il loro arresto, Bernardo PROVENZANO diede il consenso all’omicidio.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Il 13 novembre 2002, alle ore 12.30, COTTONE Andrea venne accompagnato, a bordo della propria autovettura, presso il ristorante-minigolf di Ficarazzi, apparentemente per discutere con MORREALE Onofrio in merito a dei furti verificatisi in quel Comune, alcuni dei quali perpetrati ai danni dello stesso COTTONE.

Da quel giorno, però, si persero le sue tracce. Il successivo 27 novembre 2002, a Termini Imerese, venne rinvenuta l’autovettura regolarmente parcheggiata.

Ad attendere il COTTONE al minigolf, come ora accertato, c’era, oltre a Onofrio MORREALE, Ezio FONTANA e Michele RUBINO, anche COMPARETTO Giuseppe.

In quell’occasione il commando avrebbe dovuto eliminare anche la persona che aveva accompagnato il COTTONE all’appuntamento, che però si salvò solo perché uno dei killer si era accorto della presenza di un testimone.

Secondo quanto accertato, il COTTONE venne strangolato con una cintura e il suo corpo venne “sciolto” in un deposito di marmi di Bagheria; nel pomeriggio dello stesso giorno, vennero gettati nel mare di Aspra anche alcuni monili appartenuti alla vittima.

Il commando, prima di uccidere il COTTONE, avrebbe dovuto interrogarlo per sapere se i “MONTALTO” avessero intenzioni ostili nei confronti del gruppo contrapposto capeggiato da Nicola MANDALÀ.

La comunità porticellese ancora nel lutto e nel dolore per la tragica perdita di uno dei suoi figli

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Negli ultimi tre anni sono state tante, troppe, le occasioni in cui questa comunità di pescatori, fatta di gente semplice, di onesti lavoratori, abituati ad affrontare un mestiere pesante e rischioso, si raccoglie attorno al proprio monumento simbolo, la Chiesa della Madonna del Lume, per manifestare la partecipazione e la vicinanza al dolore che non è solo di una famiglia, ma che colpisce l'intera collettività.

Ed ancora una volta alla vigilia di festeggiamenti religiosi, l'Immacolata in questa occasione, che sono stati annullati.

Giovani e pescatori, sono state le vittime di incidenti stradali o di gravi malattie o di incidenti in mare. Un elenco troppo lungo di morti  che ha sconvolto le famiglie e l'intera società civile.

E sono sempre i pescatori con le loro facce scure scavate dal sole e dal vento, le loro barbe incolte, i loro occhi abituati a guardare più in là per avvistare in tempo la buona o la cattiva sorte, che popolano la Chiesa e la piazza antistante.

C'è il comandante della Capitaneria Nicola Silvestri, con una delegazione, ci sono i rappresentanti delle Associazioni, ma la quasi totalità dei presenti è fatta dai volti anonimi e quotidiani di chi per un pezzo di pane rischia quotidianamente la vita.

Un pezzo di pane che Nino Sanfilippo assieme ala figlio aveva deciso di andarsi a guadagnare anche lontano da casa, a Mazara del Vallo, dove la pesca dà ancora un reddito dignitoso: era tornato da poco degli Stati Uniti dove era stato presso parenti e per curare la pratica di una piccola pensione che gli spettava per un periodo di tempo trascorso a lavorare negli USA: 'era contento - ci dice Ciccio Zizzo, che i pescatori conosce tutti uno per uno, - di questo modesto reddito, che solitamente arrotondava uscendo proprio fuori dal porto con la sua 'lancitedda', per pescare qualcosa che gli consentiva di sopravvivere con la sua famiglia.

"E ci sentiamo - aggiunge Zizzo - di dire alla famiglia di Nino che non saranno lasciati soli." E già una testimonianza di concreta solidarietà si è messa in moto in questi giorni per far fronte alle emergenze.

La decisione di andare a lavorare fuori era dovuta anche alla precarietà del reddito derivante dalla pesca, che  oggi a Porticello è un problema  serio e grave per la gran parte dei pescatori: si riducono le barche, si riduce il pescato, aumentano i costi, aumentano le leggi-tagliola della comunità europea che mortifivano le piccole marinerie e stanno tagliando le gambe ad un settore che dagli anni '70 e per  oltre trenta anni ha distribuito ricchezza ed ha contribuito a fare realizzare un salto sociale e culturale oltre che economico al paese di Porticello.

A testimoniare di quanto persona semplice, perbene e dedito al lavoro e alla famiglia, fosse Nino Sanfilippo , c'è la testimonianza, nell'intervento dopo la cerimonia funebre,  di un ex sindaco, Salvino Roccapalumba, che soleva spesso prendere il caffè assieme a Nino in un bar del porto, "consuetudine che un giorno - celia Salvino - spero potremo riprendere".

Ed anche la civica amministrazione, che aveva proclamato per oggi il lutto cittadino, per voce del vicesindaco Salvo Sanfilippo, ha voluto prendere la parola per ricordare il valore etico ed umano oltre che economico-sociale che rappresenta per tutto il paese il lavoro svolto dai pescatori. Ed anche lui a dire che la vicinanza alla famiglia sarà concreta.

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Sull'incidente la Procura di Trapani ha aperto una inchiesta, ed oggi si sono appresi maggiori dettagli sulla sequenza dei fatti: all'inizio, a causa del comprensibile choc degli altri membri dell'equipaggio e della concitazione di quegli istanti, si era parlato di un tubo sotto pressione, e così anche noi avevamo erroneamente riportato. 

In realtà è accaduto che mentre il motopesca  era in fase di 'cala' delle reti, Nino Sanfilippo si trovava da solo a pulire con un tubo d'acqua la superficie di poppa, quando  all'improvviso si è spezzato il tubo di acciaio temperato del braccio esterno dell'arcone di poppa, che in quel momento subiva la pressione di tonnellate, che lo ha colpito come un colpo di maglio al volto e alla spalla.

Non c'è stato niente da fare: quando è arrivato in Ospedale a Pantelleria il cuore batteva ancora, ma era chiaro che non c'erano più speranze.

 

 

Antonino Zarcone: vi racconto la mafia di Bagheria e dintorni - Parte terza

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Pubblichiamo la parte conclusiva delle dichiarazioni di Zarcone che sinora sono state rese note. Va ricordato che Antonino Zarcone arrestato il 14 dicembre del 2011 nell'Operazione Pedro, in primo grado, ancora prima della sua decisione di collaborare, era stato condannato a 12 anni per associazione mafiosa  e per avere direttamente partecipato a due episodi di estorsione, sentenza contro la quale l'imputato aveva interposto appello.

 Nessuna imputazione di omicidio era stata elevata contro Zarcone, che nelle dichiarazioni rese sinora, almeno in quelle note, non si è mai autoaccusato di alcun omicidio.

ZARCONE: ... dal Marrobbio, si mette in contatto con.
Cap.no: ..La Mantia
ZARCONE: ...La Mantia Rosario e se non mi sbaglio recup... gli ha fatto avere 10.000 Euro di soldi, di soldi, ma (ine.) che non era una forma di estorsione ma era... non si poteva capire che forma era, se era un regalo, se era una cosa... però soldi personalmente li ha usciti, prima a Pino Scaduto e poi a Paolo Scaduto, dopo l'arresto a Paolo Scaduto, Paolo Scaduto era venuto sempre tramite il La Mantia.

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Il Marrobbio doveva fare una costruzione grossa dove con Pino Scaduto la dovevano fare in società con il figlio, dì cui tutta la somma di denaro, tutta la parte economica la diciamo usciva direttamente il Marrobbio senza avere, senza che... perché lo Scaduto non era... diciamo non era nelle fasi, dice: me la sbrigo io per quanto riguarda... infatti è xma cosa pure che Pino Scaduto voleva che la andavo a gestire io sta situazione su Altavilla di stu fabbricato che doveva nascere su... sempre, sempre all'intemo del paese di Altavilla. Poi (ine.) parlato con Gino Di Salvo dicendo che c'era sta situazione in corso e cose varie, ma non andò più così perché non se ne fece più niente, almeno io non l'ho più seguita, non so se poi Paolo questa situazione l'ha portata avanti con Marrobbio.

P.M. Ma di richieste estorsive di Lombardo Francesco a Marrobbio a lei le risultano?

ZARCONE: Si. Allora le richieste estorsive a Marrobbio presenza anche Gino, Gino Di Salvo che prima hanno cercato di farlo unificare che non so, ci fu un giomo im appuntamento che però Lombardo non si presentò, che c'erano Marrobbio.. Marrobbio e Gino Di Salvo...
P.M.: La Mantia...
ZARCONE: ...e La Mantia, e La Mantia, di cui doveva venire Franco Lombardo ma Franco Lombardo a quell'appuntamento a Bagheria quel giomo non si è
presentato, per risanare un rapporto che c'è stata una rottura fra Marrobbio che... con Franco Lombardo

.....OMISSIS

ZARCONEQuesto mi risulta, sì, e mi risulta pure che il La Mantia un giorno venne da me lamentandosi da... sia padre e figlio che parlo io Lombardo, mio cugino Franco e Sebastiano, in quanto loro ogni giomo andavano a prendere delle somme di denaro a La Mantia per cambiare sti assegni e cose varie e già avevano messo sotto un 20.000, 30.000 Euro à La Mantia,  questi soldi sono stati presi a La Mantia direttamente, non sono stati ritirati tramite il Marrobbio, questi glieli hanno presi a La Mantia, infatti c'era sta lamentela di La Mantia nei miei confronti lamentandosi che gli chiedevano sempre soldi, infelice, perché ogni giomo dice salgono al cantiere, padre e figlio, dice, 2.000, 5.000, 3.000, sto uscendo pazzo... e basta, e poi non so più niente.

P.M. Ma nella...

ZARCONE: Ma la richiesta era 100.000 Euro.
P.M.: ... nella richiesta di 100.000 Euro c'è una... cioè lei dice: in quell'incontro Lombardo non c era, ma Lombardo era artefice...
ZARCONE: Non si è presentato.
P.M.: Non si è presentato ma Lombardo era artefice di questa richiesta estorsiva?
ZARCONE: Si, si, come (ine.) pure Gino Di Salvo come ero al corrente pure io.
P.M. Lei non sa se La Mantia dopo dare... dopo avere anticipato materialmente queste somme si rivaleva poi su Marrobbio, cioè le somme venivano date dal La Mantia ma poi...
ZARCONE: Dottoressa io conoscendo La Mantia non è un ragazzo aggressivo, non... aveva un discorso di lavoro e secondo me è stato molto coinvolto in questa vicenda sia per il fatto del lavoro e sia perché il Marrobbio in prima persona ha coinvolto a... a La Mantia su questa faccenda perché era il Marrobbio che cercava La mantia per sistemare queste situazioni e La Mantia si metteva a disposizione pure nei confronti di Cosa Nostra perché è normale che... sicuramente la richiesta l'avrà fatta, penso di si, io non lo so se poi ha preso soldi o non hanno preso soldi, però fino a quando io ero libero io soldi, né io, né Gino Di Salvo abbiamo visto un Euro che ha uscito il Marrobbio. L'unica cosa, che La Mantia aveva uscito soldi personali, che tutti e due, padre e figlio lo stavano massacrando, ogni giomo che gli chiedevano soldi ma direttamente a... a La Mantia.

P.M.: E padre e fìglio intende quindi Franco Lombardo e... ?
ZARCONE: E Sebast... e Andrea.
P.M.: Andrea. Dunque, Lauricella Salvatore.

ZARCONE: Lauricella Salvatore fa parte in Cosa Nostra, uomo d'onore della famiglia di Villabate, vicino a Tonino Vitale. In quel periodo che l'ho conosciuto io non aveva funzioni direttive ma si occupava di estorsioni e contatti con alcuni membri delle famiglie di Palermo, che era da tramite sia sul territorio di Villabate che su Palermo.

 Da pagina 65 a pag. 73 seguono otto pagine omissate

P.M.: Ho capito. Passiamo dunque, di LIGA Pietro già abbiamo parlato, ha un ruolo comunque in Cosa Nostra, è uomo d'onore, ma è inserito, a parte il ruolo... lei ha già
riferito di alcune vicende estorsive, no, di Liga Pietro...
ZARCONE: Non era affiliato... fa parte di Cosa Nostra ma non affiliato.
P,M.: Fa parte di Cosa Nostra senza essere stato formalmente affiliato, va bene. Lombardo Francesco a parte le vicende di cui ha parlato è formalmente affiliato?
ZARCONE: Si. Lombardo Franco l'affiliazione avviene tramite me, Gino Di Salvo e Tonino, e Tonino Vitale eravamo tutti e tre quando abbiamo affihato il Franco
Lombardo.
L'affiliazione ufficiale ce l'ha Gino Di Salvo, diciamo quello che sarebbe il padrino...
P.M.:Il padrino..
ZARCONE: Si, Gino Di Salvo e lui fu fatto nel periodo prima dell'estate ufficialmente affiliato dalla famiglia di Altavilla, uomo d'onore della famiglia di Altavilla.

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P.M.: MOZDAHIR Driss.

ZARCONE: Si occupa furti, rapine, queste vicende... ma niente di eclatante, che ci fu un periodo che lo usavamo noi come diciamo controllo del territorio se c'erano movimenti di Polizia, Carabinieri, macchine in giro, cosi...
P.M. Ah quindi questo gli avete chiesto di farlo, di...
ZARCONE: Questo nel periodo che era prima di lui arrestarlo.
P.M.: Arrestarlo, cioè in che periodo, cioè non arrestare lei, prima...
ZARCONE: No, lui.
P.M.: Perché, quando è stato arrestato lui...
ZARCONE: E non mi ricordo dottoressa, è stato arrestato.
P.M.: Prima, prima che venisse arrestato lei?
ZARCONE: Sì, molto prima.
P.M.: Quanto tempo? Poi lei quindi successivamente non l'ha più visto dopo l'arresto?
ZARCONE: No, poi io sono stato arrestato.
P.M.: Poi è stato arrestato lei...
ZARCONE: ... io ero in carcere (ine.) sono stato arrestato quindi.
P.M.: Ho capito.

Le pagine che vanno da 77 a 190 sono ancora oggi coperte da OMISSIS

nella foto al centro Gino Di Salvo, a sx Mozdahir Driss

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