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Sequestrati beni per 3 milioni di euro a cugino di Matteo Messina Denaro

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Nel quadro delle attività istituzionali tese all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, la Guardia di Finanza, la Direzione Investigativa Antimafia e il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri hanno sequestrato, ai sensi della legislazione antimafia, beni per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Misure di Prevenzione, ai sensi dell’art. 20 del D.L.vo nr. 159 del 2011 (codice antimafia), in accoglimento della proposta di misura di prevenzione patrimoniale finalizzata alla confisca avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

Interessato dal sequestro è l’imprenditore di Castelvetrano Giovanni FILARDO, nato a Castelvetrano (TP) nel 1963, cugino del boss latitante Matteo MESSINA DENARO.

FILARDO, arrestato nel marzo del 2010 nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “GOLEM - fase II”, perché accusato di far parte dell’associazione a delinquere di tipo mafioso operante nella provincia di Trapani e segnatamente del “mandamento” di Castelvetrano (TP), per conto della quale avrebbe curato, unitamente agli altri affiliati, le attività estorsive, nonché l’approvvigionamento, il reinvestimento e l’interposizione fittizia di valori di capitali di illecita provenienza, veniva accusato, altresì, di aver avuto la funzione di collettore e distributore di messaggi da e per il capo mafia latitante.


Assolto dal Tribunale di Marsala ( in primo grado) per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso, il 13.12.2013, FILARDO Giovanni, ritenuto appartenere a “cosa nostra”, veniva, però, nuovamente raggiunto da Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dal G.I.P. di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nell’ambito dell’ “OPERAZIONE EDEN”, in quanto ritenuto colpevole del delitto di trasferimento fraudolento di beni, al fine di agevolare l’attività dell’associazione cosa nostra, avendo intestato fittiziamente a terzi la titolarità e la disponibilità di somme di denaro ed altri beni.

Con l’odierno provvedimento emesso da Tribunale di Trapani - Sezione Misure di Prevenzione - è stato disposto il sequestro di un complesso aziendale, di numerosi mezzi d’opera ed automezzi, di terreni, di una villa con finiture di pregio e di altri beni mobili ed immobili accumulati nel tempo dal proposto, del valore stimato di oltre3 milioni di euro.

Le indagini di natura economico finanziarie condotte congiuntamente dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani, dal R.O.S. dei Carabinieri, dal Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata e dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo, coordinati dal Procuratore Aggiunto della D.D.A. di Palermo, dott. Bernardo PETRALIA, hanno consentito di dimostrare la manifesta sproporzione tra il valore dei suddetti beni e la capacità reddituale dell’imprenditore colpito dall’odierno provvedimento, tale da non consentire la possibilità di acquisire le risorse finanziarie idonee ad avviare autonomamente nuove attività commerciali. Tali disponibilità, pertanto, sono da considerarsi frutto delle attività illecite o il reimpiego dei relativi proventi.
Temendo l’aggressione del proprio patrimonio, dopo il suo primo arresto, l’imprenditore aveva tentato di trasferire fittiziamente ai propri familiari denaro ed aziende, ritenuti, con l’odierno provvedimento, frutto delle illecite attività svolte a favore del mandamento di Castelvetrano e, pertanto, sequestrate.

 


Replica dei dipendenti Coinres: solo qualche parola di troppo in seguito ad atteggiamenti istigatori

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In riferimento a quanto pubblicato sul sito di Bagheria news in data 11.09.2014, alle ore 22:06, avente per argomento l'attuale situazione dei rifiuti – Co.In.R.E.S., con la presente desideriamo dare fondate precisazioni, certamente corrispondenti a quanto realmente accaduto, affinchè, ad onor del vero, in maniera concisa ma incisiva, si racconti la verità e non ciò che non è. I punti di seguito elencati argomentano quanto è in intendimento:

• l'edificio di palazzo Butera, sede del Sindaco di Bagheria, attuale Dott. Patrizio Cinque, non è stato “circondato riuscendo successivamente ad entrare all'interno del perimetro dell'edificio e nell'atrio” - si riporta quanto scritto - da parte dei dipendenti Co.In.R.E.S. - espressioni che si addicono più ad eventi storici di epoca romana piuttosto che attuale - ; gli anzidetti dipendenti si sono presentati nei locali sopra citati su espresso invito del primo cittadino per discutere delle problematiche inerenti le spettanze maturate del mese di agosto c.a.; è sott'inteso che la presenza di tanta gente, a prescindere dal motivo e dalla finalità, ovunque genera caos e confusione se non è controllata e gestita a dovere. E, comunque, questo non esclude che non vi possano essere individui facinorosi e sobillatori di violenza e quant'altro che amano risolvere le questioni in modo più “pratico” che verbale; questo accade ovunque, non solo a Bagheria. Le FF. OO., sopraggiunte tempestivamente a seguito di segnalazione, possono riferire quanto ufficialmente occorso ;

• le minacce subite dal Sindaco e dall'Assessore Ing. Fabio Atanasio da parte di “uno sparuto gruppetto di dipendenti Co.In.R.E.S.” sono da inquadrare nel giusto contesto: indubbiamente qualche parola di troppo sarà stata detta, ma è anche vero che l'atteggiamento istigatore, e per nulla propositivo, pare sia stato assunto da chi occupa ruoli di autorità affinchè questo accadesse; in aggiunta, fa d'uopo sottolineare che il linguaggio adoperato da chi indossa, pro tempore, la veste di amministratore pubblico, sicuramente si manifesta decisamente deficitario di terminologia quantomeno consona al ruolo rivestito facendo ricorso, di contra, a parole poco efficaci, poco chiare nonché poco veritiere nel momento in cui qualche domanda è stata posta a buon diritto in merito alla retribuzione del mese u.s.; anche in questo caso le FF. OO. sicuramente potranno dare maggior contezza di quanto specificato in questo alinea;

• la nota a firma dei commissari, di cui si fa cenno nel dispaccio sopra menzionato, e che “affermano di non essere in grado di dare, nelle prossime settimane, sufficienti garanzie circa l'espletamento del servizio da parte dei dipendenti”, riguarda un contenzioso tra l'Amministrazione Comunale e gli organi gestori del Consorzio: ovvero il pagamento parziale delle fatture, in virtù di un contratto di servizio tutt'ora in essere, che ovviamente non è sufficiente a garantire le spese sostenute e documentate, forse non in maniera specifica, dal Co.In.R.E.S. e riguardanti gli ultimi mesi appena trascorsi. Tutto determina una strumentalizzazione immorale della situazione, che, per i suoi effetti, indiscutibilmente ricade sul Personale che opera nell'Unità Locale di Bagheria – Area 1.

Quanto sopra precisato al solo fine di tutelare e garantire quei lavoratori che, sebbene tutto il fango mediatico che stanno ricevendo, vogliono continuare a tenere la testa alta perché persone depositarie di dignità e rispetto, prima ancora che semplici matricole aziendali a cui riconoscere la titolarità di uno stipendio sudato e guadagnato con onestà e voglia di lavorare.
Il disastro Co.In.R.E.S. è da ricercare altrove, a cominciare da chi lo ha governato, l'ha gestito e, forse è il caso di dire, manipolato. Chi lavora all'interno di questo ente ha ben poca responsabilità diretta, se non quella sua specifica di dipendente, quest'ultima, ove sussista, da individuare, definire e contrastare con gli strumenti che la legge consente.

Bagheria 12.09.2014

 I dipendenti  Coinres

in copertina Foto di archivio protesta di lavoratori Coinres all'Assessorato regionale all'Energia
 

Tragico schianto nella notte: muoiono due giovani di Sant'Elia

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L'incidente mortale è accaduto lungo la litoranea Aspra-Sant'Elia, a Collo d'oca in territorio di Santa Flavia, lungo il tratto in discesa  tra la stradina che porta verso il lido del Carabiniere e l'Hotel Kafara.

Era l'una di notte quando i residenti della zona sono stati svegliati dal botto violentissimo di vetture che erano entrate in collisione: lo spettacolo che si è subito presentato agli  occhi dei primi ad accorrere è stato terribile ed è stato subito percepito che si era consumata una tragedia, e che non ci fosse nulla da fare per gli occupanti della Volvo, ridotta ad un ammasso di lamiere accartocciate.

La ricostruzione  più probabile.

Una Volvo che proveniva da Aspra, avrebbe urtato, forse nel tentativo di superarla, nella parte posteriore sinistra una Golf che procedeva nella stessa direzione, proseguendo poi nella corsa dopo essere rimbalzata contro il marciapiedi, urtava quindi un' altra auto ed un palo dell'illuminazione, ed  infine andava a schiantarsi contro il muro di cemento che costeggia la carreggiata.

La Golf ha invece a sua volta, in conseguenza dell'urto, travolto una BMW parcheggiata ai margini della carreggiata facendola sbalzare al centro per la violenza dell'impatto, ma i due occupanti , due tecnici radiologi di Casteldaccia, hanno riportato solo leggere ferite e soprattutto un terribile choc, e sono ricoverati all'ospedale "Cimino" di Termini Imerese per accertamenti precauzionali.

Secondo alcune testimonianze a caldo la Volvo sarebbe arrivata sul luogo dell'impatto ad alta velocità

altIn rapidissima sequenza già dopo 10'-15' si trovavano sul posto una ambulanza del 118, una volante della Polizia e i mezzi dei Vigili del fuoco, perchè i due occupanti della Volvo erano rimasti incastrati tra le lamiere del mezzo.

I pompieri hanno dovuto lavorare a lungo per liberare i corpi  delle due vittime: Roberto Di Marco di 43 anni che pare fosse alla guida, e Michele Lo Coco, 32 anni, entrambi di Sant'Elia.

I cadaveri sono stati trasportati all'obitorio del cimitero di S.Flavia

I due provenivano appunto da Aspra dove erano stati assieme ad altri amici. 

Solo in mattinata i Carabinieri hanno concluso i rilievi.

 

 

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Nella foto Michele Lo Coco

Lutto cittadino a Santa Flavia nel giorno dei funerali delle due vittime dell'incidente di stanotte

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Lo ha deciso il sindaco Salvatore Sanfilippo assieme alla giunta comunale: lunedì prossimo, giorno in cui si svolgeranno i funerali di Roberto Di Marco e Michele Lo Coco, vittime del gravissimo incidente stradale verificatosi nella notte tra venerdì e sabato sulla litoranea Aspra-Sant'Elia, sarà lutto cittadino. Una intera comunità, stordita dalla incredibile notizia che già durante la notte si era diffusa come un baleno, piange due suoi figli, ed è anche un dolore che si rinnova per troppe famiglie  che a Porticello in questi ultimi due anni hanno perduto per un destino crudele giovani familiari.

Li conoscevano tutti a Sant'Elia e Porticello, Roberto e Michele, anche perchè portavano due cognomi storici di famiglie che da sempre hanno legato il loro nome al mare, i Di Marco e i Lo Coco: tonnaroti un tempo, costruttori e carpentieri navali più di recente, oggi gestori di rimessaggi e ricoveri per barche a Sant'Elia, Santa Nicolicchia (e un tempo anche  a Solanto).

Erano molto amici Roberto e Michele, nessuno dei due sposato, quindi sempre assieme ogni volta che le circostanze  glielo consentivano; Roberto imbarcato sulle navi, correva a Sant'Elia nei tempi liberi dall'imbarco e Michele che aiutava un pò il padre in mare, anche lui in attesa di una chiamata per un ingaggio che sarebbe dovuta arrivare in questi giorni.

altPrima della chiamata è arrivato però  un destino crudele che li  condurrà, ancora insieme, verso l'ultimo viaggio.

Al cimitero i loro corpi ricomposti nelle bare, dopo la visita del medico legale, sono stati restituiti alla pietà e al dolore di familiari e amici che da stanotte sbigottiti e increduli stanno loro vicino.

Oggia a Sant'Elia è come se la vita si fosse fermata: si parla a voce bassa, ferme le gru dei cantieri dei Di Marco e dei Lo Coco a Santa Nicolicchia, annullati dal comitato  i festeggiamenti per la Madonna Addolorata per solidarietà con le famiglie, lutto e triste partecipazione  si coglie nei capannelli di persone che commentano la tragedia

 

 

I CC di Bagheria arrestano padre e figlio mentre rubano ferro dentro l'ex oleificio Eros FOTO

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E’ accaduto nei giorni scorsi a Bagheria (PA), nella frazione di Aspra, in Via Scordato , quando la pattuglia del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Bagheria traevano in arresto per tentato furto aggravato in concorso due persone, padre e figlio, entrambi bagheresi, già noti alle Forze dell’ordine: STORNIOLO Pietro, 24enne e STORNIOLO Vincenzo, 59enne.

I due venivano bloccati da militari dell’Arma all’interno dell’immobile ex “Oleificio Eros”, di proprietà di S.A., bagherese classe 1970, mentre erano intenti ad asportare due porte e vari infissi in metallo, del valore complessivo di euro 5.000,00 circa, che venivano recuperati dai militari e restituiti all’avente diritto.

I due arrestati, su disposizione della competente Autorità Giudiziaria, dopo essere stati dichiarati in arresto hanno passato la notte presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari, venendo tradotti nella mattinata successiva presso il Tribunale di Termini Imerese (PA), ove il Giudice Monocratico ha convalidato l’arresto, rinviando l’udienza a data da destinarsi, pertanto rimessi in libertà.

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   Storniolo  Pietro                                               Storniolo Vincenzo

 

Bagheria: a fuoco una vespa dentro l'area della stazione ferroviaria

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Curioso incendio stamane intorno alle sei, allorchè una Vespa, intestata ad F.P. presumibilmente un lavoratore pendolare,  posteggiata all'interno dell'area passeggeri della stazione ferroviaria di Bagheria, è andata all'improvviso a fuoco.

Per spegnere l'incendio della vespa, 'regolarmente' assicurata con una robusta  catena al cancello d'ingresso dell'area passeggeri, è stato necessario l'intervento dei vigili del Fuoco, e nel contempo sono intervenuti i carabinieri della stazione di Bagheria per cercare di risalire alle cause.

Il mezzo è andato completamente distrutto dalle fiamme, anche se dalla carcassa fumante si intravedono le 'forme' di una vespa; nessun elemento è stato riscontrato dai pompieri che potesse far pensare alla natura dolosa del rogo.

Si era sospettato di un filo elettrico che penzolava nei dintorni del mezzo, ma è stato subito accertato che non era alimentato da corrente elettrica.

Capannelli di curiosi, in quelle ore la stazione è affollatissima di lavoratori e studenti pendolari, oltre che i viaggiatori dei treni di passaggio, hanno assistito alle operazioni di spegnimento.

Indagano i Carabinieri di Bagheria.

 

Sant'Elia: i funerali di Michele e Roberto come la rappresentazione di una tragedia

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Finisce davanti la chiesetta di Sant'Elia, con le bare issate verso l'alto, verso il cielo quasi a volere simbolicamente consegnare Michele e Roberto all'altro mondo, o a raggiungere quei palloncini bianchi e celesti fatti volare sù, e con il grido che accompagnerà i due feretri ininterrottamente nella breve processione tra i vicoli della borgata marinara, Robbèè! Michèè! cca siamu!

Trovano i cugini e gli amici di Roberto e Michele il modo di rappresentare nella maniera fisicamente più palpabile e diretta, quel groviglio di sentimenti, rabbia, dolore, compassione, che attraversa il cuore e la mente: i familiari più stretti non ce la fanno si sono rinserrati in un dolore muto e disperante.

Un ragazzino appena adolescente, forse un cugino o un nipote, che per tutta la cerimonia rimane abbracciato senza versare una lacrima alla bara di Roberto, mentre accanto a quella di Michele gli amici e i cugini seduti per terra stanno abbracciati alla bara, ed i loro gesti e le loro movenze contengono quella ineffabile dolcezza con cui vorrebbero parlare al corpo di Michele ormai freddo e muto, riportano vagamente alle pie donne attorno al corpo di Gesù.

Facce di ragazzi bruciati dal sole ed adusi alle fatiche e alla durezza del mare e che piangono come bambini. Non si può non lasciarsi contagiare dal clima doloroso dell'evento.

Sulle bare deposte umilmente per terra il simbolo della Congregazione di Maria SS.Addolorata ed in quella di Michele anche una maglietta rosanero.

altRaramente ci era accaduto di partecipare ad un funerale di questo tipo: una morte tragica che ha accomunato due persone unite nella vita, che assieme vanno a fare l'ultimo pezzo di strada su questa terra, quelle viuzze dove sono cresciuti, hanno scherzato, hanno amato.

Insieme hanno vissuto, insieme se ne vanno.

C'è tutta Sant'Elia, ma non solo naturalmente, perchè Roberto e Michele avevano amici ovunque, e per questo ci sono i vecchi compagni di scuola, parecchi dei loro insegnanti, migliaia di persone certo, con quel palco che doveva ospitare la gioia e l'allegria di una festa patronale trasformatosi in altare dove sono stati officiati i loro funerali,  e dove sono state esèposte due grandi foto che li mostrano felici.

La gente è dovunque : 'nno chianu naturalmente sotto il sole cocente, a capannelli magari a ripararsi dal sole sotto qualche albero, parecchi seduti nelle sedie sistemate per l'occorrenza, molti lassù sul piccolo belvedere e sul tratto di strada che attraversa la borgata.

Qua e là nelle prime file, mani pietose accarezzano i familiari più stretti, li assistono e consolano come possono con piccoli gesi, un ombrello per ripararli dal sole, qualche bicchiere d'acqua a lenire l'arsura, sperando con ciò di lenire i morsi del dolore accecante che stravolge i cervelli.

Sono quattro i concelebranti e tra questi padre Liborio Scordato della Chiesa di Maria SS. del Lume, con il sacerdote officiante, cui spetta la missione impossibile di trovare un minimo di razionalità in una tragedia folle e assurda, che con commossa partecipazione riesce a trovare le parole giuste, come solo gli uomini di fede sanno fare in queste circostanze.

'Maria dice, parlando alla mamma di Michele, fu sottoposta ad un dolore atroce  e lancinante con il sacrificio del figlio Gesù, eppure non si fece travolgere dal dolore che seppe trasformare in forza e consapevolezza'. Ed ancora: 'che il sole di oggi sia in qualche modo un segno che questi ragazzi come il sole andranno a risplendere in altri luoghi'

Ed il fratello di Roberto trova la forza di dire alcune delle parole più belle: 'E' vero oggi io ho perso un fratello, ma guardando quanti siete e quello che mi avete manifestato in questi giorni, sono certo di averne trovato migliaia di fratelli e sorelle'

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Ed in chiusura una giovane cugina di Michele che trova il registro giusto per parlare del giovane scomparso: 'eri sempre allegro, battutista, e con te si rideva sempre, e poi sapevi parlare di tutto, di cose frivole come di cose impegnative e difficili, e con la tua parlantina ci convincevi sempre'.

E poi le tue passioni: i libri  e le letture, le lunghe nuotate, il calcio, i cruciverba, ma anche gli scacchi, pomeriggi interi a giocare.

E le sue intemperanze da ragazzino, quando il nonno li aveva portati in barca, e non avevano fatto dormire nessuno con i loro scherzi.

Speriamo che alla comunità flavese, negli ultimi anni sconvolta da tante dolorose tragedie il futuro riservi pace e serenità.

 

Angelo  Gargano

Bagherese cinquantenne ritrovato cadavere dentro un auto allo Sperone

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Il corpo di un uomo è stato trovato, questo pomeriggio, privo di vita in un’auto in sosta nel quartiere Sperone, in via Sacco e Vanzetti. Si tratta di un uomo di età tra 40 e  50 anni, di Bagheria. La morte probabilmente è avvenuta per un’overdose.

Il magistrato ha già disposto l'autopsia ed ha disposto il sequestro della vettura.

Sul posto sono intervenute quattro volanti della polizia. Sul cadavere nessun segno di lesioni. L’auto nella quale è morto l’uomo è una Reanult Clio. In tanti si sono radunati subito sul posto.

Non si conoscono ancora le sue generalità, anche perchè l'uomo non aveva documenti addosso. Sul posto le volanti della polizia, i sanitari del 118 che hanno accertato il decesso dell'uomo e i vigili urbani che hanno chiuso al transito delle auto la strada.

 

Più tardi aggiornamenti


Ancora un eclatante episodio di protesta al comune, spia del grave disagio sociale

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Mancava poco alle dodici quando la signora, B.G., 48 anni, vedova, si è recata presso gli Uffici della soidarietà sociale in via Consolare, già sede degli uffici giudiziari.

Indirizzata verso le assistenti sociali la signora ha cominciato a chiedere un posto di lavoro rappresentando una situazione familiare ed economica drammatica: naturalmente nessuno in quell'ufficio era in grado di garantirle questa opportunità.

La donna allora si è messa a cavalcioni su una finestra dell'Ufficio delle assistenti sociali che si trovano al primo piano dell'edificio, ma ad almeno dieci metri dal suolo, minacciando di buttarsi giù.

Si è messo in moto l'ormai ben noto meccanismo, che prevede l'ambulanza del 118 immediatamente accorsa, la forza pubblica in questo caso rappresentata da diversi agenti di Polizia e dalla dr.ssa Maria Russo; dopo circa mezz'ora sono arrivati anche i vigili del fuoco.

Per oltre un'ora un agente di polizia donna è rimasta accanto alla signora a parlamentare per convincerla a desistere dall'insano gesto, mentre nel contempo i suoi colleghi le stavano vicino per impedire qualche movimento scomposto ed autolesionista.

Nel frattempo è arrivata anche la figlia della donna che rivendicava a gran voce il diritto per la loro famiglia a poter contare su un lavoro, e qualunque esso fosse.

altSono arrivati anche gli assessori Fabio Atanasio e l'assessore alla solidarietà sociale Maria Puleo, e intorno alle 13, dopo circa un'ora l'atteggiamento di oltranzismo della donna è rientrato.

Si è messa a parlare con l'assessore Puleo e con l'assistente sociale, che hanno naturalmente cercato di tranquillizzarla ed alle quali ha riferito una storia familiare difficile, ripetendo continuamente la frase : 'io voglio lavorare, non voglio nient'altro'.

Pare che in altre occasioni il comune sia intervenuto per un sostegno economico alla famiglia, ma a lenire il dramma di chi non ha un reddito certo, non possono essere certo solo gli interventi occasionali.

Sergio Rosario Flamia: punto di confluenza tra cosa nostra e servizi?

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C'è un nome attorno a cui convergono vicende e filoni apparentemente lontani e diversi: la sentenza di appello al generale Mario Mori, già assolto in primo grado dall'accusa di avere favorito la latitanza di Provenzano, la vicenda inquietante della lettera, palesemente intimidatoria, fatta ritrovare sulla scrivania dell'aggiunto Roberto Scarpinato ('Lei sta esorbitando dai suoi compiti e dal suo ruolo') ed il ruolo mai del tutto chiarito dei servizi in alcune delle più drammatiche vicende siciliane ma non solo: quel nome è  Sergio Flamia, mafioso 'punciuto' solo dal 2010, ma con esperienze criminali sin dall'adolescenza,  e poi via via negli anni spietato killer di mafia al punto da confessare, nella veste di pentito, diverse decine di omicidi;  Flamia potrebbe essere, secondo una ricostruzione fatta da Salvo Palazzolo su la Repubblica di venerdì, uno strumento  di quelle forze oscure e raffinatissime che da sempre, in Italia ed in Sicilia, riescono ad influenzare il corso della storia del nostro paese.

Sergio Flamia viene arrestato nel corso dell'operazione 'Argo' nel maggio del 2013, assieme a Gino Di Salvo, capo dellla famiglia e del mandamento di Bagheria, e ad altri accoliti con i quali taglieggiava commercianti e imprese del mandamento di Bagheria. 

Alla fine di ottobre Flamia si pente e la sincerità del suo pentimento deriverebbe anche dal fatto che ha confessato decine di omicidi compiuti da solo o con altri complici nel territorio da Palermo verso la provincia: ancora i verbali di queste dichiarazioni non sono stati resi noti, e sicuramente si riferiscono a storie relativamente 'vecchie', la guerra di mafia del 1989 per esempio, in cui, nell'arco di due mesi, tra il 29 marzo e il 31 maggio furono uccisi  ben otto esponenti della famiglia mafiosa di Bagheria, ed in cui Flamia oltre che se stesso coinvolgerà sicuramente mafiosi ormai condannati all'ergastolo o irrimediabilmente compromessi, gente già cunsumata, insomma

Nelle carte dell'indagine c'è però un dettaglio già noto, e cioè  che sin dal 2009 Sergio Flamia collaborava con l'AISI, il servizio segreto civile, e che questa collaborazione viene interpretata dagli inquirenti come una prodromica volontà di smetterla con il malaffare e la delinquenza.

Nessun approfondimento sulle vicende di cui si rende protagonista Flamia vengono però fornite sul periodo in cui il mafioso collabora con i servizi: quali informazioni abbia dato e  quali servigi abbia reso, a parte di un incontro di mafia svoltosi alle porte di Bagheria  alla presenza di Pino Scaduto ed altri mafiosi palermitani, e per la cui soffiata avrebbe ricevuto 150.000 euro, come lo stesso Flamia ha dichiarato.

La notizia invece assolutamente nuova è che i contatti con i servizi siano proseguiti anche dopo il suo arresto e addirittura durante il periodo successivo al pentimento, fatto anomalo come sottolinea Palazzolo, perchè nei primi sei mesi successivi alla decisione di un mafioso di collaborare sono vietati contatti non 'istituzionali'.

Pare - scrive Palazzolo - che su questi rapporti proseguiti sino a qualche mese fa tra Palermo e Bagheria e addirittura dentro un carcere, la Procura con Scarpinato stesse conducendo accurate indagini.

Peraltro nel periodo della collaborazione Flamia ha il tempo di essere arrestato, dicembre 2008 operazione Perseo, di girare tra le carceri e poi nel 2012 tornare libero, per continuare nella sua attività: ma quale è realmente ormai la sua attività ? mafioso di rango o quinta colonna dentro cosa nostra?

L'altro dettaglio che ha fatto pensare ad un intervento a gamba tesa dentro le vicende della trattativa stato-mafia è la dichiarazione che Flamia si lascia  sfuggire su Luigi Ilardo, ucciso nel 1996 , che avrebbe segnalato un summit cui avrebbe partecipato Provenzano nella zona di S.Giuseppe Iato, soffiata secondo l'accusa volutamente trascurata dagli inquirenti ( e di quì l'acccusa a Mori di aver favorito la latitanza del padrino), 'Si diceva di lui che era un confidente', lo tenevamo a distanza', fa mettere a verbale il pentito bagherese, andando così a minare la credibilità delle testimonianze di quest'ultimo e indebolendo inevitabilmente le tesi dell'accusa.

Quanto questa dichiarazione sia stata spontanea, o maieuticamente fatta emergere, non è dato sapere.

In effetti, una lettura attenta delle intercettazioni dell'operazione 'Argo' lascia trapelare qualche dettaglio che può far pensare che Flamia parlasse sapendo di essere intercettato, e che quindi parlasse, in qualche modo, a futura memoria.

Flamia nel periodo di collaborazione con i servizi non commette più gravi reati: si limita a controllare e organizzare e ad esercitare dietro le quinte il suo incarico che è  di fatto quello di vicecapomandamento, ma non esce da Bagheria dove ha l'obbligo di soggiorno, non esce la sera e non partecipa ad attentati e raid punitivi perchè dice ' io non ho problemi, ma mi dispiacerebbe farmi beccare per una sciocchezza'. Così manda sempre altri a minacciare, incendiare o riscuotere il pizzo.

altFato sta che delega agli uomini di mano intimidazioni, minacce ed altro riservandosi un ruolo dirigente, di vicecapo della famiglia: ma probabilmente qualche errore lo compie, per esempio quando, come risulta dalle intercettazioni parlando con Gino Di Salvo gli chiede se è possibile avere un contatto con Matteo Messina Denaro, ricevendo una risposta possibilista.

Quella richiesta così diretta e perentoria  aveva indotto qualcuno a sospettarlo di doppio gioco ? o forse si era sentito 'posato' dai servizi? fatto sta che nelle ultime settimane prima dell'arresto Flamia è ossessionato dall'idea di potere essere ucciso, e non solo per l'antica ruggine con i fratelli Scaduto, Pietro e Salvatore,(che saranno arrestati qualche giorno dopo 'Argo' come responsabili della eliminazione dei due ispano-americani Fernando e Pimentel), che lo ritenevano responsabile del delitto del proprio genitore, Ninu 'u carabinieri', consumato il  23.05.1989 davanti al bar Aurora di Bagheria.

Aveva elevato, e di molto, come lui stesso rivela, i livelli di allerta e vigilanza ed accolse quasi come una liberazione l'arresto 

Ampiamente giustificata quindi la domanda di fronte all'episodio Scarpinato, che non è stato certo compiuto dall'ultimo dilettante: ma chi è veramente Sergio Rosario Flamia?

Angelo Gargano

 

 

 

 

Operazione antimafia dei CC a Corleone e Palazzo Adriano: arrestato l'erede di Totò Riina

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altDall'alba i Carabinieri della Compagnia di Corleone e del Gruppo di Monreale stanno conducendo una vasta operazione antimafia tra i comuni di Corleone e Palazzo Adriano.

Più di 100 sono i carabinieri impiegati, supportati da unità cinofile e da un elicottero.

Le indagini , coordiante dalla DDA di Palermo e avviate nel 2012, documentano gli assetti di cosa nostra all'interno del mandamento di Corleone.

Ad essere arrestate sei persone: Antonino Di Marco, custode al campo sportivo di Corleone, Pietro Paolo Masaracchia (ritenuto il capomafia di Palazzo Adriano), Nicola Parrino, Franco e Pasqualino D'Ugo.

Di Marco in particolare, era considerato l'erede di Totò Riina a Corleone: nel suo ufficio di dipendente comunale era diventato un covo perfetto per i summit. Lì si discuteva di appalti, estorsioni e campagne elettorali.

E nessuno sospettava che quella stanza fosse intercettata 24 ore su 24 da telecamere e microspie piazzate di nascosto dai carabinieri della Compagnia di Corleone. Così, per mesi, i fedelissimi di Riina sono finiti dentro un "grande fratello" che ha svelato molti dei loro segreti.

E all'alba sei persone sospettate di mafia sono state arrestate sulla base di un provvedimento di fermo emesso dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Sergio Demontis, Caterina Malagoli e dal procuratore reggente Leonardo Agueci. 

Nel corso delle indagini sono state scoperti anche inetressamenti di cosa nostra per l'elezione del sindaco di Palazzo Adriano, Carmelo Cuccia, ed il Di Marco che si recava presso la egreteria palermitana del deputato regionale UDC, Nino Dina.

Incidente autostradale a Buonfornello, muore una ragazza di 17 anni

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PALERMO. Incidente stradale, intorno alle 14.10, all'imbocco dell'autostrada Palermo-Catania, all'altezza dello svincolo per Buonfornello. Seconda una prima ricostruzione due auto si sarebbero scontrate, causando la morte di una donna, rimasta per alcuni minuti incastrata fra le lamiere.P

La vittima è una ragazza di 17 anni Ivelise Zoppis, spagnola, si trovava in città in questi giorni perché fa parte del cast dello spettacolo "Il Circo de Los Horrores". Lo spettacolo, già andato in scena a Catania per tre settimane, debutterà a Palermo alla Fiera del Mediterraneo dal 26 ottobre al 19 ottobre. Per la Fiera è una rinascita: lo spazio riapre alla città dopo alcuni anni di chiusura e ospita una grande tendone nero dove prenderà vita lo spettacolo ogni sera per mille spettatori.


La ragazza era insieme alla madre, originaria del Sudafrica, e al fratellino che si trova ricoverato in gravi condizioni alla Neurochirurgia dell'ospedale Civico di Palermo. Il giovane è stato rianimato e intubato dai medici del 118. La madre è stata trasportata al San Raffaele Giglio di Cefalù e un'altra donna rimasta ferita nell'impatto si trova al nosocomio di Termini Imerese. Una di loro è stata rianimata dal personale sanitario intervenuto sul luogo in cui è avvenuto l'incidente.
Ancora tutta da chiarire la dinamica dell'incidente sul quale sta indagando la polizia stradale.

gds.it

Si pente Antonino Zarcone già capo del mandamento mafioso di Bagheria - Video Operazione Pedro

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La notizia riportata dal gds.it preannucia un vero e proprio terremoto nella cosa nostra del territorio bagherese., che avrà conseguenze devastanti all'interno delle famiglie mafiose che fanno capo a Bagheria. 

Trema il mandamento mafioso di Bagheria, e trema dunque anche il cuore di Cosa Nostra., così scrive gds.it .

Dopo il suo atrresto il ruolo del ruolo di capomandamento era stato investito gino Di salvo arrestato nell'operaqzione Argo del maggio 2013.

Quello che fu il capo indiscusso, il boss di Cosa Nostra nella cittadina in provincia di Palermo, Antonino Zarcone, si è pentito. E' il quarto caso negli ultimi mesi, dopo il caso, eclatante, di Flamia, un altro personaggio, di assoluto spicco all'interno della mafia del capoluogo e provincia.

Antonino Zarcone era stato arrestato il 14 dicenbre del 2011 assieme ad altri 27 tra boss e gregari,e successivamente condannato a dodici anni di carcere.

Nelle inetrcettazioni dell'operazione Argo ci sono diversi riferimenti fatti da Gino Di Salvo e Sergio Flamia sulla necessità di garantire il l mantenimento dei familiari del Zarcone, qualcuno dei quali i boss nelle loro conversazioni  definiscono peraltro come spendaccioni.

Un altro duro colpo dunque per dei mandamenti che già negli ultimi mesi avevano subito dei micidiali scossoni, delle spallate vere e proprie date dai giudici, dagli investigatori, dalle forze dell'ordine.

Zarcone non conosce solo storie di pizzo, ma anche i segreti dei grandi affari che coinvolgevano i boss di Porta nuova che con Bagheria avevano creato un asse di ferro mettendo le mani su città e provincia. Senza l'aiuto dei bagheresi probabilmente Porta nuova non sarebbe diventato negli ultimi tempi il mandamento più potente della città.

. La sua collaborazione con la giustizia viene paragonata per spessore a quella di Sergio Flamia, un altro pezzo storico della mafia bagherese.

In una intercettazione suggeriva ai suoi amici palermitani un metodo sicuro  per conoscere anzitempo le informazioni che riguardavano lavori pubblici e privati: "Si va al comune, prendi un impiegato e gli dici tutto quello che esce di appalti pubblici, gare di appalto, così funziona..."

E più in dettaglio spiega il modus operandi dei mafiosi baarioti:

"Lo sai come facciamo da noi altri... io cosa faccio? Me ne vado al comune, all'Ufficio tecnico, prendi tutte le licenze, tutte le licenze che stanno per uscire, prima ancora di mettere mano, dice: La licenza...a chi l'hanno data la licenza? A Tizio, subito ci sono due costruttori dov'è il terreno e dov'è lo sbancamento, se tu ci arrivi all'ultimo non ci puoi andare a dire che ci sono gli impegni fatti... invece tu ci devi andare in partenza, si va al comune prendi un impiegato..."

Adesso saranno in tanti a tremare.

Vai al video dell'operazione PEDRO

 

Chi è Antonino Zarcone, il quarto pentito della cosca bagherese

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Zarcone chi ? fu l'interrogativo che in molti ci ponemmo allorchè il 15 dicembre del 2011, i Carabinieri comunicarono che nell'operazione Pedro era stato arrestato nientemeno che il reggente del mandamento bagherese.

Antonino Zarcone, era un nome poco noto nell'ambiente dei non addetti ai lavori: un passato incerto tra precarie attività commerciali, telefonia mobile e abbigliamenti, ma si scoprì poi che aveva un presente di tutto rispetto per via dei rapporti che era riuscito a costruire con i 'colleghi' del mandamento di Porta nuova.

Sarebbe stata la seconda volta che, a memoria di mafia, un non bagherese assurgesse ad un ruolo di leader nel nostro territorio. Negli anni '70 sarebbe stato il casteldaccese Piddu Panno a governare, secondo i pentiti del tempo, Mannoia e Contorno, addirittura la Commissione provinciale.

Comunque sia in virtù delle sue amicizie palermitane viene nominato reggente, e dimostra subito di volere introdurre criteri di efficienza nella gestione talora un pò lacunosa e pressappochista degli esponenti di cosa nostra di un tempo.

A partire dall'assistenza alle famiglie dei carcerati: sicuramente conosceva quel proverbio, forse cinese, che recita: ' piuttosto che regalare ad un povero un pesce regalagli una canna da pesca'; e lui questo sosteneva, meglio la canna da pesca.

'Si deve togliere questo discorso - dice Zarcone, intercettato nella polleria Di Marco a Palermo - si prende un'attività si ci apre, uno, due, tre, devono lavorare, se ne vanno tutti a lavorare, hanno le famiglie...dice ' ma che è la polleria?'.

"Tu la polleria, tu che cosa vuoi...spendi quei 20  30 per una attività, andatevene tutti a lavorare"

Basta insomma con un sistema assistenziale e parassitario; e con lui concorda il suo interlocutore Nicola Milano:"E poi se li mangiano e noi dobbiamo correre sempre...".

Ed un altro mafioso, Tommaso Di Giovanni, concorda "Le cose sono cambiate..." . Troppi carcerati e meno risorse, insomma.

E Zarcone da anche una spiegazione di lungo respiro, strategica " Sono tutti senza una lira e non hai mai la possibilità di fare affari..."; appunto manca per i mafiosi la possibilità di accumulare risorse da investire.

Ma Zarcone ai suoi amici palermitani spiega anche che per ottimizzare i profitti occorre una specializzazione del lavoro che ognuno viene chiamato a svolgere, c'è chi si fa le ditte, chi si occupa del reclutamento, chi si occupa del traffico di droga, insomma una vera holding senza l'approssimazione che emerge dalle intercettazioni dei suoi interlocutori di Porta Nuova.

Peccato però che mentre lui era in carcere, per mantenere i suoi  familiari,  i capimafia di Bagheria dovessero veramente correre tanto per sostenere economicamente la sua famiglia, e facevano anche della pesanti ironie sulle mani bucate dei suoi affini.

Ed infine la lectio magistralis sul rapporto con i comuni, sul modus operandi a Bagheria: " Lo sai come facciamo da noialtri...io che cosa faccio ? Me ne vado al Comune all'Ufficio tecnico(...) prendi tutte le licenze, tutte le licenze che stanno per uscire, le licenze che stanno per uscire prima ancora di mettere mano..."

E prosegue: "La licenza...a chi l'hanno data la licenza 'A Tizio', subito ci sono due costruttori...perciò tu sai dov'è il terreno e non c'è lo sbancamento, se tu ci arrivi all'ultimo minuto non ci puoi andare a dire che ci sono gli impegni fatti...invece tu ci devi andare in partenza, si va al Comune, prendi un impiegato del comune e gli dici tutto quello che esce di appalti ...Così funziona a Bagheria, da me, appena loro...eee.escono(...) tu ci arrivi dall'Ufficio...."

L'Uffico tecnico di Bagheria, ecco lo snodo fondamentale, secondo lo Zarcone-pensiero; proprio quell'Ufficio, il cui dirigente era stato per sedici anni l'ing. Giovanni Mercadante, sorpreso esattamente un anno fa con una tangente di tremila euro appena intascata.

Continua

 

 

Gli uomini e le donne in divisa si propongono ai giovani

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Anche l'esercito ha cambiato il suo primitivo approccio per fare arruolati: un tempo c'erano i bandi pubblici, o in alternativa erano i giovani che accettavano di prorogare la 'ferma' un tempo obbligatoria.

Adesso ci si adegua ai tempi: così come le scuole, le università, le strutture sanitarie, anche l'esercito mette in campo quella che può essere definita la sua offerta formativa.

Si tratta di un nucleo chiamato INFO TEAM del 4° Reggimento Genio Guastatori di Palermo, che fà informazione e orientamento quindi oltre ad andare in giro per gli Istituti Superiori svolge anche la predetta attività nei comuni che ne fanno richiesta a favore anche dei giovani disoccupati del luogo.

L'obiettivo, è quello di dare ai giovani interessati, tutte le informazioni necessarie per intraprendere il mestiere delle armi e nel caso specifico nell'Esercito, quindi i requisiti fisici, anagrafici, titoli di merito, di studio ecc. per l'accesso nelle accademie per il ruolo degli Ufficiali, ruolo Marescialli, Volontari di truppa.

Sabato 4 ottobre dalle 17,00 circa e fino a tarda notte nella piazza di Porticello, approfittando anche del prevedibile afflusso di gente legato ai festeggiamenti della Madonna del Lume,  sarà allestito un gazebo illustrativo espositivo dell'Esercito Italiano, che avrà lo scopo appunto di dare a tutti gli interessati,  informazioni, consiglie enotizie per intraprendere una delle carriere militari.

Lo stand sarà composto da giovani soldati di ambo sessi. Responsabile del servizio sarà il luogotenente Angelo Pace.

 

 

 

 


Bagheria: la Polizia arresta due uomini mentre rubano infissi in ferro, un terzo riesce a fuggire

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Erano circa le undici di stamane allorchè la volante della Polizia percorrendo la provinciale Bagheria-Misilmeri nel tratto detto 'ri picurara', fors'anche allertata da una telefonata, sentiva dei rumori sospetti provenienti da una villetta che all'apparenza sembrava disabitata.

Gli agenti si avvicinavano in maniera guardinga e sorprendevano tre uomini intenti a segare con un flex , alimentato da un gruppo elettrogeno, tutti gli infissi in ferro interni ed esterni all'abitazione, che andavano successivamente sistemando su due 'lapini'.

All'arrivo degli agenti, uno dei malviventi è saltato giù dal tetto dove si trovava ed è scappato, mentre gli altri due venivano arrestati, non senza però un estremo tentativo di resistenza culminato con il lancio di un pezzo di infisso in ferro all'indirizzo degli agenti, uno dei quali riportava una contusione al braccio.

I due ladri colti in flagranza di reato ed identificati sono Antonino Savoca di 29 anni e Domenico Zora di 30, entrambi pregiudicati, che in atto si trovano custoditi presso le camere di sicurezza della Questura palermitana in attesa del processo per direttissima che verrà celebrato domani.

E' in corso di identificazione il terzo componente del gruppo.

Schianto sulla statale 113, ferita una ragazza di Bagheria

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Un incidente automobilistico è avvenuto intorno alle 15,15 di oggi, nel tratto di statale 113 che collega Bagheria a Santa Flavia, all’altezza dell’ingresso di contrada Torremuzza.

Una ragazza che viaggiava da sola all’interno della propria Toyota Yaris, per cause ancora da accertare, ha perso il controllo della vettura impattando contro il muretto che costeggia la carreggiata.

Lo schianto è stato avvertito distintamente a diverse centinaia di metri dal luogo dell’incidente, riducendo la macchina in un ammasso di lamiera nella parte anteriore.

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La Yaris procedeva in direzione Bagheria, quando, secondo una prima sommaria ricostruzione di testimoni oculari, un'altra vettura che procedeva nel senso opposto avrebbe invaso la corsia di sorpasso, costringendo  la giovane ad una manovra repentina per evitare l’impatto; sarebbe stato  quindi un'altro mezzo che avrebbe indirettamente causato l’incidente.

La ragazza, M.C., soccorsa dagli operatori del 118, per fortuna malgrado l'urto violento della vettura contro il muretto di cemento, non è ferita gravemente ma sensibilmente traumatizzata, nonché dolorante ad una gamba e al fianco, ha riportato anche una frattura al settonasale, è stata trasportata in ambulanza all’ospedale Buccheri La Ferla.

 

Le prime dichiarazioni del neopentito Antonino Zarcone

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In un articolo su Livesicialia .it di Riccardo Lo Verso, vengono riportate i primi verbali del pentoimento di Antonino Zarcone. Diciotto pagine, per lo più omissate, dalle quali emerge con chiarezza lo spessore del collaboratore di giustizia di Bagheria. Le sue dichiarazioni confermano le dihciarazioni di Flamia, Gennaro e di altri pentiti e collaboranti sia sulla mafia bagherese che sugli equilibri di cosa nostra palermitana, in aprticolare delle famiglia di Porta nuova con la quale Zarcone era in rapporti molto stretti-

Naturalmente, come tuti i pentiti, Zarconeesordisce  dichiarando di volere cambiare vita e di aspirare ad un futuro diverso, per se stesso e per chi gli sta vicino.

Il suo racconto comincia con la conferma di avere avuto “un ruolo direttivo nel mandamento di Bagheria nel 2011”. Nella popolosa cittadina alle porte di Palermo comandava un triumvirato: “La co-reggenza fra me, Messicati Vitale Antonio e Di Salvo Giacinto consisteva in una divisione di ruoli”. Il suo era particolarmente delicato: “Io ero incaricato dei rapporti con i palermitani, Messicati Vitale si occupava dei contatti con i mandamenti fuori Palermo (Misilmeri etc) e Di Salvo delle estorsioni e dei lavori all'interno della famiglia di Bagheria. Il vero capo, però, era Nicola Greco che si relazionava con Di Salvo Giacinto”.

Confermate in pieno le dichiarazioni di Sergio Flamia che aveva parlato del ruolo di leader assiemea Di Salvo, del villabatese Salvatore Lauricella, succeduto a Messicati Vitale dopo la latitanza a Bali e il successivo arresto di quest'ultimo.

Zarcone fa alcuni cenni sulle estorsioni subite da due imprenditori edili: “Io autorizzai Pietro Liga a portare avanti la richiesta estorsiva ma poi, non avendo notizie, chiesi a Daniele Lauria informazioni e appresi che l'imprenditore era nelle sue mani e che aveva già pagato il pizzo a Pietro Liga, ma “Liga negò l'attività estorsiva, camuffandola con un prestito personale. Riferì allora a Lauria che l'imprenditore non era a posto e questi chiuse l'estorsione, tramite Paolo Suleman, a 4 mila euro all'anno. Suleman, però, non portò il denaro e successivamente tramite Michele Armanno si ottennero 4000 mila euro per la messa a posto. Successivamente però la responsabilità della messa posto transitò nelle mani di Franco Lombardo”.

Ed ecco altri due nomi pesanti della mafia palermitana: Armanno è considerato il capo mandamento di Pagliarelli, ai cui ordini rispondeva lo stesso Suleman, indicato al vertice della famiglia di corso Calatafimi. La seconda estorsione di cui parla Zarcone “fu chiusa con 30 mila euro per la messa a posto e 8 mila euro di mediazione per Vincenzo Urso. I soldi mi furono recapitati in più tranches, prima 8 mila euro, poi dieci mila, successivamente altri dieci mila. I soldi della messa a posto confluirono nella cassa di Bagheria e furono utilizzati per il mantenimento dei familiari di Pino Scaduto, all'epoca detenuto”.

Le dichiarazioni di Zarcone tirano in ballo quasi tutti gli arrestati nell'operazione 'Argo' confermando le ipotesi investigative e l'impianto accusatorio di magustratura e carabinieri.

Con Scaduto, un tempo capomafia di Bagheria, si apre l'elenco di personaggi sui quali Zarcone risponde in maniera secca. Una girandola di nomi:“Salvatore Giuseppe Bruno  era vicino a Sergio Flamia (anche lui oggi è un collaboratore di giustizia ndr) ed era a sua disposizione anche se con lui non ha avuto rapporti diretti. Bruno si occupava di sale giochi e gli interessi in tale settore erano curati da Flamia”; “Cirrincione Michele è interno a Cosa nostra, famiglia di Villabate, a disposizione di Lauricella Salvatore, nel settore delle estorsioni”; “Gagliano Vincenzo era vicino a Sergio Flamia e il Flamia era solito utilizzare il supermercato del Gagliano per incontri. Il Gagliano si metteva a disposizione anche con me per organizzare appuntamenti sia miei che di Di Salvo”; “Girgenti Silvestro è un mio caro amico. Ho usufruito del suo locale per effettuare degli appuntamenti. Non ho mai incaricato Girgenti di commettere reati”; “Umberto Guagliardo è un ragazzo a disposizione di Franco Lombardo... nel settore dei furti, delle rapine, delle estorsioni”.; “Rosario La Mantia è un personaggio vicino a Cosa nostra già ai tempi di Pino Scaduto. È riuscito a ottenere, attraverso l'imposizione di Pino Scaduto e Pietro Granà, un lavoro in un cantiere. Ha gestito anche una parte in una vicenda estorsiva. Non ha avuto un ruolo formale in Cosa nostra anche sera vicino a molti elementi al vertice dell'organizzazione”; "Pietro Liga non è uomo d'onore anche se fa parte di Cosa nostra con compito di esattore del pizzo”; “Franco Lombardo fu affiliato da me, Gino Di Salvo e Tonino Messicati Vitale. Il suo padrino fu Gino Di Salvo”; “Su Driss Mozdahir riferisco che si occupava di furti e rapine ed era usato dalla famiglia mafiosa per controllare il territorio e comunicare i movimenti delle forze dell'ordine”; “Salvatore Lauricella è un uomo d'onore della famiglia di Villabate, molto legato a Messicati Vitale. Si occupava di estorsioni e fungeva da tramite per contati con uomini d'onore di Palermo”.

Poi la dichiarazione di una incredibile disponibilità di armi, di cui aveva parlato anche Flamia:'cita due personaggi, anche questi considerati legati al clan di Bagheria e già in cella. Dichiarazioni che aprono ulteriori spunti di riflessione. I mafiosi hanno continuato ad incontrarsi senza soluzione di continuità: “Vincenzo Graniti è a me molto vicino e l'ho utilizzato per accompagnarmi agli incontri di mafia in quanto non attenzionato dalle forze di polizia. Ho incaricato Graniti di custodire delle armi per mio conto, che questi ha poi riconsegnato a Sergio Flamia. Tali armi erano più che altro pistole (circa 10) che ho reperito per il tramite di Messicati Vitale Antonino e Pietro Lo Coco”.

I boss bagheresi non solo si incontravano, ma erano pronti a sparare, conclude l'articolo di Lo Verso.

E poi conferma che gli equilibri e le gerarchie dei clan mafiosi vengono decise dall'alto: “Di Salvo Giacinto, dopo l'arresto di Pino Scaduto, ha comunicato di essere stato incaricato di gestire la famiglia di Bagheria, coordinandosi con Giovanni Trapani di Ficarazzi. Con lui mi sono coordinato successivamente e Di Salvo ha sempre tenuto la cassa del mandamento”. Qualcuno, dunque, aveva deciso che Di Salvo doveva diventare il nuovo capo della famiglai di Bagheria.

Ancora controlli serrati della Polizia su violazioni al codice della strada

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Come era stato preannunciato proseguono le operazioni di polizia che vedono impegnati decine di agenti in controlli mirati sulle norme che riguardano soprattutto infrazioni al codice stradale, mancata assicurazione dei veicoli e mancato uso del casco.

Nella mattinata di oggi volanti della polizia di stato del commissariato di Bagheria, cui hanno dato man forte unità del Reparto anticrimine della Sicilia occidantale, sei pattuglie in tutto per una ventina di uomini, hanno proceduto ad una serie di verifiche su automobilisti e motociclisti indisciplinati o inadempienti.

Sono state identificate circa 45 persone e 30 veicoli. Sono state elevate 30 contravvenzioni per infrazioni alle norme che regolano la circolazione stradale in particolare per la mancata copertura assicurativa dei mezzi e il mancato uso del casco: per la prima di queste infrazioni sono stati posti sotto sequestro 10 motoveicoli, mentre 5 sono stati sottoposti a fermo amministrativo perchè i conducenti non indossavano il casco obbligatorio.

Infine due scooter  sequestrati perchè i conducenti perchè P.N. di 35 anni e B.S. di 18, erano sprovvisti della patente di guida.

I controlli continueranno nei prossimi giorni.

 

 

Chi è Antonino Zarcone, il quarto pentito della cosca bagherese - Seconda Parte

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Il pentimento di Zarcone è  in ordine progressivo il quarto della famiglia bagherese e il nono nel mandamento di Bagheria: un  numero consistente tra pentiti a pieno titolo e collaboranti che riconoscono le loro responsabilità.

Stefano Lo Verso a Ficarazzi,  Giuseppe Carbone a Casteldaccia, Vincenzo Gennaro ad Altavilla, e poi a Bagheria Onofrio Prestigiacomo, Sergio Flamia, Benito Morsicato, ed ora Antonino Zarcone, oltre a due collaboranti dei quali non è stato ancora diffuso ufficialmente il nome, uno ad Altavilla e l'altro a Bagheria.

E c'è da supporre che il numero ben presto salirà, perchè qualcuno di quelli che viene tirato in ballo per episodi estorsivi, di fronte alla prospettiva concreta di un periodo di galera dai dieci ai quindici anni, ci penserà bene se non sia il caso di dare un taglio, certo per convenienza, alla propria carriera criminale.

E ad aumentare e  a rivolgersi  con maggiore frequenza ai Carabinieri e alle associazioni antipizzo sono anche imprenditori e commercianti che non vedono l'ora di liberarsi dal capestro di cosa nostra.

Certo pentiti di diversa caratura mafiosa, ma tutti utili per gli inquirenti per ricostruire la 'mappa' aggiornata dei componenti delle famiglie del mandamento e il reticolo degli episodi di pizzo e di estorsioni.

Zarcone è sicuramente un pentito di serie A, e per tanti motivi.

Innanzitutto per l'avere spaziato e tenuto contatti, lui che da semplice capo della famiglia di Altavilla Milicia raggiunge il ruolo di capomandamento, che tiene contatti non solo  con  i vertici della mafia bagherese e con i suoi sodali di Ficarazzi, Villabate, e Casteldaccia , ma anche e soprattutto con la mafia palermitana più forte e agguerrita, quella del mandamento di Porta Nuova.

Ha quindi nell'ambiente credibilità e prestigio.

Anche perchè, ed è questo che portano alla luce le intercettazioni ambientali, Zarcone prova oltre che a dirozzare mafiosi sì violenti, ma quasi sempre rozzi e incolti, a introdurre un minimo di ordine nell'organizzazione delle famiglie.

Una pseudoimprenditorialità che la mafia di un tempo coltivava con più sistematicità: da quando i colpi della magistratura e delle forze di polizia hanno falcidiato le famiglie, cosa nostra mostra la corda, sia da un punto di vista della capacità operativa che dal punto di vista del reperimento delle risorse economico-finanziarie.

E Zarcone questo vuol fare: una attenta divisione dei ruoli a partire dalla selezione degli uomini che debbono essere affiliati a cosa nostra; non deve esserci niente di casuale, ma come un tempo, qualcuno che segua la materia, che esamini gli aspiranti e li sottoponga a tirocino e quindi li porti all'attenzione dei capi.

Il sostentamento alle famiglie dei carcerati: anche qua basta con il sistema assistenziale e introduzione di una forma di contributo 'una tantum', che serva ai familiari dei carcerati per avviare una attività che gli consenta di camminare con le proprie gambe.Anche perchè questi contributi dati a pioggia impediscono l'accumulazione primitiva per fare seri investimenti.

Ed ancora la distribuzione dei settori di 'intervento', materia anche questa che deve essere regolamentata: le estorsioni, il traffico di droga, le sensalerie sulla compravendita degli immobili, e soprattutto le cose che escono dal comune, perchè sentenzia Zarcone ' il Comune è tutto' .

Basta con l'improvvisazione. Ed è talmente convincente da far dire a Nicola Milano, coreggente di Porta nuova '....Noi lo sai cosa dobbiamo fare - dice interloquendo con Tommaso Di Giovanni - quando c'è un lavoro a Palermo chiamiamo a Nino e ce li dividiamo con Nino e ci togliamo il pensiero che quà 'l'olio' è sicuro..' e prosegue 'Masino noi ce ne andiamo da Nino e ce ne andiamo sicuri ...abbiamo a che fare con uno solo e ci leviamo il pensiero Masino..' e successivamente rivolgendosi direttamente a Nino "...E ce li chiudi direttamente (...) e ce li chiudi tu direttamente e ci togliamo il pensiero, 'nun cummattiemeu' a Palermo che si sparge subito la voce questo, quello e non perdiamo tempo con nessuno"

Tommaso Di Giovanni propone di coinvolgere anche un'altra persona adatta a quel ruolo, tale Giuseppe Migliore, subito consigliato da Zarcone: "Lui appena entra al Comune...stampare tutto quello che c'è in essere" ed aggiunge in sostegno a Nicola Milano che segue le ristrutturazioni " Per fare le ristrutturazioni bisogna andare all'ufficio tecnico e presenti la domandina".

Insomma quella del comune per Zarcone è una vera fissazione, al punto che Milano, mostrando di aver capito tutto conclude: "E noi ci atterriamo già prima..."

E per finire Zarcone illustra come comportarsi nella compravendita degli appartamenti, fermo restando l'obolo del 3% a cosa nostra: "Di tutto quello che c'è...abbiamo anche come vendita appartamenti, gli apprtamenti la vendita è di 2.000 euro...vendere tizio...a dire ..quà deve vendere tizio, punto, firma il contratto e deve vendere lui, o vende il costruttore o vende l'agenzia ci devi dare sempre la 'sansalarìa' (...) all'agenzia ...il 3% fino a 200.000 euro sono seimila euro..., su 400.000 sono, 3,6, 9, 12, 24 mila euro di mediazione...12.000 euro a casa, ogni appartamento".

Violenti, rozzi e ignoranti sì, ma quando si tratta di numeri e di soldi da incassare, i mafiosi i conti li sanno fare 'a fimminina' ma  'a mente'.

 

 

 

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