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Mafia: la GdF di Palermo sequestra beni e disponibilità finanziarie del valore di 14 milioni di euro

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La Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato due imprese edili in provincia di Palermo, quote sociali, appartamenti, terreni, box, magazzini commerciali e disponibilità finanziarie, del valore complessivo di circa 14 milioni di euro, in esecuzione di due distinti provvedimenti emessi dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Sono due i soggetti interessati dai provvedimenti di sequestro: RACCUGLIA Salvatore Giuseppe, DI MATTEO Andrea

Il primo, un quarantasettenne originario di Altofonte (PA) tratto in arresto nel dicembre del 2010 in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, con l’accusa di essere un favoreggiatore di Domenico Raccuglia, esponente di vertice della famiglia mafiosa di Altofonte. Per tale accusa, nel 2012, lo stesso è stato assolto dalla Corte d'appello di Palermo, dopo che in primo grado gli erano stati inflitti nove anni. Tuttavia, sulla base di ulteriori risultanze investigative che hanno evidenziato forti discordanze tra il patrimonio posseduto dal nucleo familiare del soggetto e le fonti di reddito dichiarate, il Tribunale di Palermo ha ora disposto, ai sensi della normativa antimafia di prevenzione, il sequestro dell’intero capitale sociale e del complesso di beni di una società operante nel settore edile, del valore complessivo di oltre 4,4 milioni di euro, ritenuta a lui riconducibile sebbene intestata a terzi soggetti.

Il secondo provvedimento ha interessato un cinquantacinquenne anch’esso originario di Altofonte (PA) e contiguo all’omonima famiglia mafiosa, condannato nel 2011 dalla Corte d’Appello di Palermo alla pena di tre anni di reclusione per favoreggiamento personale, per aver aiutato il citato boss Domenico Raccuglia, a quel tempo latitante, a sottrarsi alla pena detentiva inflittagli. Secondo le risultanze investigative, il soggetto aveva avuto un ruolo di primo piano nel fornire un supporto logistico ed economico durante i vari incontri dell’allora latitante con i suoi congiunti.

I successivi accertamenti economico-patrimoniali svolti dalle Fiamme Gialle hanno consentito di ricostruire nei suoi confronti un cospicuo patrimonio, ritenuto il frutto del reimpiego di denaro di illecita provenienza, attesa la forte sperequazione riscontrata con i redditi dichiarati dal suo nucleo familiare. La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica, ha quindi disposto nei suoi confronti il sequestro di 9 fabbricati e 13 terreni siti in Altofonte, 1 ditta individuale nella stessa località, quote societarie, disponibilità finanziarie (conti correnti, depositi a risparmio, rapporto titoli, polizze assicurative, buoni fruttiferi postali), 4 autoveicoli, il tutto per un valore complessivo di circa 9,4 milioni di euro.

SCHEDA BENI

1. RACCUGLIA Salvatore Giuseppe, nato ad Altofonte (PA) il 20.12.1959.

Decreto di sequestro nr. 85/2014 R.M.P. emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione.
a. nr. 9 fabbricati siti in Altofonte (PA);
b. nr. 13 terreni siti in Altofonte (PA);
c. disponibilità finanziarie (conti correnti, depositi a risparmio, rapporto titoli, polizze assicurative, buoni fruttiferi postali);
d. nr. 1 ditta individuale – settore edilizio - con sede in Altofonte (PA);
e. quote societarie;
f. nr. 4 veicoli.

VALORE DEI BENI COMPLESSIVAMENTE SEQUESTRATI: € 9.394.808.

2. DI MATTEO Andrea, nato ad Altofonte (PA) 17.10.1967.

Decreto di sequestro nr. 50/2014 R.M.P. emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione.
a. Intero capitale sociale e complesso dei beni di nr. 1 società – settore edilizio - con sede in Altofonte (PA);

VALORE DEI BENI COMPLESSIVAMENTE SEQUESTRATI: € 4.410.000.

 

 


Bagheria: due donne minacciate in auto con una pistola e costrette a consegnare una borsa

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Il gravissimo fatto è accaduto questa mattina poco dopo le nove: due donne A.V., di 78 anni, e B.T., 40 anni, entrambe bagheresi si stavano recando in auto presso una villetta in località Bellacera.

All'improvviso secondo il racconto di una delle vittime, un uomo a bordo di una moto di grossa cilindrata, con casco e occhiali da sole,  ha affiancato la vettura, una Fiat 600, dal lato del passeggero costringendola a fermarsi: l'uomo, presumibilmente di età matura che parlava in italiano con una certa inflessione dialettale, con una pistola ha preso a minacciare le donne chiedendo la consegna delle borse, ma di fronte al diniego delle signore ha introdotto la mano con la pistola all'interno dell'abitacolo della vettura attraverso il vetro aperto, per rendere più convincente la minaccia.

Una delle due donne ha quindi consegnato la propria borsa dove si trovavano gli effetti personali, il telefonino, le chiavi del villino ed appena 15 euro di denaro contante.

La Polizia indaga

Palermo: ucciso un commerciante durante un tentativo di rapina

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Stava chiudendo il suo negozio in via Roccazzo 90 quando un commando di tre uomini incappucciati lo ha raggiunto con l'intento di sottrargli l'incasso, la rapina si è però conclusa nel sangue. 

Daniele Discrede, 42 anni di Palermo, è rimasto ucciso da diversi colpi d'arma da fuoco al petto davanti agli occhi della figlia di 8 anni, presente al momento dell'aggressione. 

Secondo una prima ricostruzione l'uomo, proprietario del New Cash and Carry 'L'isola del risparmio', nella periferia est della città, avrebbe tentato di reagire agli aggressori che volevano portargli via un borsello contenente 4.500 euro.

Discrede, soccorso da alcuni residenti che hanno udito 8 colpi di pistola, è stato successivamente trasportato d'urgenza all'Ospedale Civico dove è morto poco dopo. L'agguato è avvenuto intorno alle 22, momento in cui Discrede si trovava con la propria moto difronte la propria attività quando tre malviventi lo hanno raggiunto sparandogli a bruciapelo per poi fuggire con l'incasso.

La figlia, presente al momento dell'omicidio, è rimasta illesa ma ovviamente sconvolta dall'accaduto. Sull'episodio indagano gli uomini della Squadra Mobile che sul luogo della tragedia hanno interrogato i testimoni presenti.

 

da livesicilia.it

I Carabinieri denunciano villabatese che tenta di truffare una concessionaria di auto bagherese

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Nella mattinata di ieri, i militari della locale Stazione Carabinieri, deferivano in stato di libertà, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, L. P. S., nato a Villabate (Pa), classe 1967, residente in Misilmeri, per i reati di sostituzione di persona, falsità in scrittura privata e tentata truffa.

Il predetto, nel mese di ottobre 2013 si era recato, sotto falso nome, esibendo documento d’identità e busta paga contraffatti, presso una concessionaria Bagherese al fine di sottoscrivere un contratto di compravendita di un’autovettura del valore di circa 25.000,00 euro, e di finanziamento dell’intero importo una società finanziaria.

I dipendenti della concessionaria, dubbiosi sulla genuinità dei documenti, si erano subito rivolti ai militari, che sono riusciti a risalire alla vera identità dell’uomo con alle spalle numerosi precedenti penali specifici – al quale, peraltro, nel corso di una perquisizione domiciliare, veniva sequestrata un’ingente quantità di documentazione contraffatta per accedere a prestiti e finanziamenti, quale buste paga, contratti di lavoro e dichiarazioni dei redditi.

Sono in corso ulteriori accertamenti finalizzati ad accertare l’eventuale consumazione di reati della stessa specie.

 

 


 

Penuria di acqua a Bagheria: il motivo ? mancava la benzina

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Proprio così: nessuna riduzione della dotazione idrica a monte, nessuna tubazione guasta, nulla di nulla. Mancava solo la benzina ed i tre mezzi ( prima erano nove) che in atto vengono utilizzate dai dipendenti APS per tutti i compiti di istituto, dai nuovi allacciamenti alle disdette, e soprattutto per l'esecuzione delle manovre per alimentare i vari quartieri di Bagheria, erano semplicmente rimasti con i serbatoi vuoti.

Da giorni dagli uffici dell'A.P.S., i cui dipendenti, sia detto per inciso, da quattro mesi non ricevono lo stipendio, era partito l'allarme verso l'unità di crisi dell'ATO idrico Palermo 1: ' Abbiamo esaurito i buoni benzina ed il titolare del distributore non ha nessuna intenzione di anticipare ancora carburante; una crisi annuciata quindi.

Le auto 'tirano' sino al lunedì di questa settimana, dopo di chè si ferma tutto, le 'saracinesche'  rimangono ferme con il risultato che mezza città continua ad avere il regolare flusso idrico e l'altra metà rimane a secco.

A Santa Flavia invece, dove il sindaco ha messo a disposizione la propria auto con autista che quotidianamente andava a prelevare gli operai a Bagheria, li portava all'acquedotto  quindi in giro per il paese a 'manovrare le saracinesche',  riportandoli alla fine del turno a Bagheria, non c'è stato alcun disagio.

Adesso la situazione si è sbloccata, sono tornati i buoni carburante ma ci vorrà una settimana per ripianare la corretta distribuzione.

Una buona notizia però nel fosco e incerto panorama del dopo-APS c'è: proprio stasera Onda Energia, l'azienda romana che aveva vinto l'assegnazione del servizio per i comuni dell'ATO Palermo 1,  ha presentato una proposta che dovrebbe servire a sbloccare la situazione.

Ha acquistato per una cifra simbolica, 10.000 euro, la fallita A.P.S. e si è detta disposta a fare ripartire il servizio assorbendo anche la forza lavoro, dopo avere però ottenuto un incremento del 9% del prezzo di vendita dell'acqua all'utenza, uno sconto del 10% sugli acquisti di acqua da Amap e Sicilacque, e una serie di concessioni sul terreno del rapporti di lavoro con i dipendenti.

Intanto il commissario alla Provincia Domenico Tucci ha rinviato di un mese, dal 5 giugno al 5 luglio, la consegna delle reti per dare tempo ad Onda Energia di capire meglio la situazione.

Pare insomma che il temuto blocco non ci sarà, ma nel periodo di transizione ci saranno comunque da attendersi e per giunta in piena estate disagi seri

Bagheria: ragazzina kosovara comprata e resa schiava in una casa di Bagheria

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Per i genitori valeva appena 2 mila euro, per la nuova famiglia, che nel 2008 l'aveva comprata in Kosovo, meritava solo di essere trattata come una schiava, costretta a fare le pulizie, presa a colpi di mazza, a calci, pugni e ripetutamente violentata dal fratellastro e dal patrigno, che le legavano mani e piedi. 

L'anno di inferno trascorso in una casa di Bagheria è stato rivissuto dalla vittima, che adesso ha 18 anni, nel suo racconto alla corte d'assise che processa la coppia che l'ha comprata, di etnia rom, per riduzione in schiavitù. L'uomo è accusato anche di violenza sessuale.

Questa mattina il pm Caterina Malagoli ha chiesto la condanna a 15 anni dell'uomo, Kamberi Sedat, e 12 della donna, Roberta Gashani: entrambi in udienza hanno negato di avere tenuto prigioniera la ragazza in casa e di averla maltrattata e violentata. Anche gli abusi del "fratellastro" (processato dal tribunale dei minori) sarebbero da considerare, secondo i coniugi, dei normali rapporti tra fidanzati.

Raccapricciante il racconto della ragazzina che quando fu venduta dai suoi veri genitori in Kosovo, aveva appena 13 anni. Le difficoltà economiche, assieme alla malattia del fratellino, avrebbero costretto la famiglia a questo gesto.

Poi la vittima ha viaggiato in auto fino a Bologna, per raggiungere Palermo in treno. A luglio del 2009, dopo oltre un anno di sevizie, la ragazzina è riuscita a fuggire, per rifugiarsi da una donna bagherese che l'ha portata dai carabinieri per la denuncia. Dopo le paure iniziali, la vittima, che adesso vive in comunità, ha raccontato tutto ai militari, ma alcuni buchi delle indagini hanno rallentato l'iter giudiziario.

Il gip, dovendo decidere sulla custodia cautelare del rom, ha rigettato pure l'ipotesi di riduzione in schiavitù disponendo i domiciliari per maltrattamenti sulla minore, assistita in giudizio dall'avvocato Monica Genovese.

ansa
 

Bagheriamap.com la guida turistica online di Bagheria e del comprensorio

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Abbiamo intervistato Valerio Gruessner,  operatore turisticoideatore, insieme con Fabio Fortino laurendo in arichitettura, del progetto  Citymap, la guida turistica cartacea di Bagheria, che adesso si rinnova ed esce anche in una versione online bagheriamap.com

Valerio, come nasce l’idea del progetto CityMap e Bagheriamap?

Credo sia utile fare una prima considerazione: nel nostro comprensorio esiste già un flusso turistico, seppur di dimensioni ridotte rispetto alle potenzialità esistenti; lo dimostra il fatto che diverse realtà locali lavorano da numerosi anni in questo settore, vedi le strutture ricettive più grandi come il Domina Coral Bay e quelle più piccole come le numerose case vacanza e b&b distribuiti fra il litorale di Mongerbino, Santa Flavia e Bagheria. C’è poi una seconda considerazione importante: l’area di Bagheria ha la grande fortuna di possedere numerose attrazioni artistiche, culturali e naturali che meriterebbero molta più visibilità. Quello che manca è il senso di comunità. L’ambizione su cui stiamo investendo attraverso la mappa cartacea CityMap e quella online bagheriamap.com è la realizzazione di una rete che dia voce alle nostre eccellenze. Vogliamo accompagnare i potenziali turisti attraverso un percorso che li guidi verso i punti di maggior interesse ed i servizi di maggior qualità.

Che riscontro ha avuto il progetto della guida cartacea e quali altre iniziative di completamento state prevedendo?

Con la mappa cartacea CityMap abbiamo avuto un ottimo riscontro nel 2013. Siamo molto soddisfatti del risultato perché siamo stati in grado di monitorare in maniera accurata la distribuzione. Abbiamo infatti optato per una distribuzione su richiesta. Se sommiamo le copie consegnate agli hotel/b&b più grandi, stazioni ferroviarie e Aeroporti arriviamo a 7 mila copie, circa la metà della tiratura totale distribuita nel 2013. L’elemento che dà forza al nostro ottimismo sono gli apprezzamenti espressi da parte sia dei partner che fino ad ora ci hanno supportato che dei fruitori della mappa stessa. Per il 2014, oltre alla mappa in versione cartacea abbiamo sviluppato un sito internet fully responsive (in soldoni, un sito che funge anche da applicazione per dispositivi mobili) e dei pannelli con la mappa che verranno installati in diversi punti strategici della città. 

altaltA quali esigenze del turista può andare incontro CityMap? 

Per rispondere a questa domanda basta immedesimarsi nei panni del turista. Quando andiamo in vacanza, la prima cosa di cui ci forniamo è una mappa che ci permetta di scoprire l’area in cui soggiorniamo. Dopo questa prima fase, l’interesse si sposta verso l’ambiente che ci circonda. Qui entra veramente in gioco l’utilità del nostro progetto. La nostra idea è quella di fornire ai turisti un ventaglio ampio di opportunità per il loro soggiorno. Il nostro comprensorio è ricco di esperienze di altissima qualità, e il nostro obiettivo è di rendere più friendly un soggiorno in questa meravigliosa zona.

Quali zone geografiche sono comprese nella guida?

Il progetto di CityMap e di bagheriamap.com parte dalla considerazione che un serio processo di sviluppo turistico è possibile solo se si ragiona su un livello di comprensorio. Abbiamo infatti coinvolto le realtà più interessanti che ricadono nei comuni di Bagheria, Santa Flavia e Casteldaccia. Quest’anno abbiamo rafforzato questa prospettiva affidandoci ai vantaggi che solamente lo strumento di internet può offrire (qui infatti non esistono i limiti di spazio tipici della carta stampata). Dal nostro punto di vista l’elemento da cui partire deve essere il comprensorio di Bagheria, ma dobbiamo puntare ad intercettare quei viaggiatori ancora indecisi su dove trascorrere la propria vacanza in Sicilia. Per questo motivo stiamo coinvolgendo anche alcune realtà che offrono escursioni fuori porta (vedi gite giornaliere alle Isole Eolie) disposte a coprire, con i loro servizi, anche il nostro comprensorio.

altQuanti e quali sono le tipologie di punti d’interesse che vengono segnalate nella mappa?

Nella versione cartacea abbiamo optato per una segnalazione quasi totale di Ville, Palazzi e realtà artistico-culturali. Nella versione online abbiamo preferito invece fare una selezione indicando quelle realtà che ad oggi sono concretamente fruibili. In entrambe le versioni abbiamo anche inserito punti d’interesse naturalistici e mappato gli accessi al mare. Abbiamo poi coinvolto quelle realtà private che, a parere nostro, rientrano fra le esperienze più significative del nostro comprensorio. Ci fa enormemente piacere, ad esempio, avere fra i nostri partner Michelangelo Balistreri che, oltre a gestire una modernissima struttura di distribuzione di pesce azzurro, ha anche realizzato un museo del mare che non ha concorrenti in Sicilia. Ci sono poi i ragazzi del Bitta che hanno ridato ossigeno alla vita culturale della nostra comunità e poi i ragazzi che operano nel settore del turismo marittimo e sottomarino con le coinvolgenti attività di scuba diving alla Formica. Collaborano con noi anche alcune attivitá gastronomiche d’eccellenza, che negli ultimi anni hanno mostrato grande fantasia nell’interpretare in chiave moderna la nostra cultura culinaria. La cornice dei partner si chiude ovviamente con le strutture ricettive, attentamente selezionate in base alla qualità dei servizi offerti.

Quali sono, secondo la vostra esperienza, le vere chiavi del successo in campo turistico in un territorio come quello bagherese?

Siamo convinti che un impulso al settore turistico possa e debba partire da coloro che il territorio lo vivono quotidianamente. Bagheria ed il suo comprensorio non devono attendere i grandi investimenti stranieri. È sufficiente che i cittadini prendano coscienza delle ricchezze di cui la nostra terra dispone ed imparino ad amarla e promuoverla adeguatamente. Il mare, il clima, la storia, la cultura e la tradizione gastronomica sono già delle ricette sufficienti per avviare un percorso di sviluppo turistico. Il progetto che abbiamo messo in campo nasce dal basso e ha l’ambizione di stimolare la coscienza sul potenziale inespresso di cui disponiamo. Il nostro è un piccolo tassello di un ampio mosaico che speriamo tanti altri abbiano voglia di arricchire con i loro contributi.

Ultimissima domanda: tempi di attuazione di tutto ciò?

La versione beta di bagheriamap.com è già online. Le mappe cartacee andranno in stampa fine della prossima settimana, giusto il tempo di chiudere gli ultimi accordi con i nuovi partner. 

Per maggiori informazioni Valerio Gruessner email: valeriogruessner@gmail.com

Arrestato palermitano responsabile di una rapina all'agenzia del Monte dei Paschi di Aspra

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La rapina era stata realizzata con particolare maestria e freddezza due anni fa presso l'agenzia del Monte dei Paschi ad Aspra, frazione di Bagheria: quale responsabile è stato arresatato nei giorni scorsi Vincenzo Madonia, di 36 anni, palermitano, pregiudicato.

Ne dà notizia il Giornale di Sicilia di oggi in un articolo di Luigi Ansaloni.

Ad incastrarlo nell'indagine condotta dalla Polizia, il combinato disposto tra le telecamere di video-sorveglianza e il sistema Biodigit, una particolare apaprecchiatura  che rileva le impronte digitali di chi entra negli istituti di credito, sistema particolarmente efficace quando sono i pregiudicati a lasciare le loro impronte.

Ed era appunto il 24 maggio del 2012 quando il Madonia, poco prima dell'orario di chiusura dell'Agenzia di Montepaschi di Aspra, entrò quando erano presenti ormai solo due impiegati dicendo di dover pagare una bolletta.

altMa subito dopo appalesò senza mezzi termini le sue intenzioni: insistette per avere aperta la cassaforte, cosa rivelatasi impossibile per il sistema di temporizzazione, ma purtuttavia riusci ad arraffare circa 18.000 euro dalla cassa di uno sportello.

Durante il tempo occorso per portare a termine la rapina, il malvivente con grande freddezza fece in modo che i due dipendenti congedassero con un pretesto dei clienti che nel frattempo erano entrati in agenzia.

Prima di allontanarsi il Madonia rinchiuse i due dipendenti in bagno per guadagnare minuti preziosi per la fuga.

A distanza di tempo sono stati gli agenti della sezione antirapina della Squadra Mobile di Palermo ad avere ricostruito nei dettagli le varie fasi della rapina, e quindi ad indentificare nel Madonia  il responsabile e ad arrestarlo.

 

 

 


A Trabia un anziano aggredito e rapinato dentro la propria casa: i CC arrestano i responsabili

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Nel corso della notte di venerdì 30 maggio, i Carabinieri della  Stazione di Trabia, dipendente dalla Compagnia Carabinieri di Termini Imerese, riuscivano a trarre in arresto, in flagranza del reato di rapina e lesioni personali dolose in concorso B. G. di 16 anni e Touil Riccardo, 19enne pregiudicato, entrambi di Trabia.

I due giovani, alle ore 22.30 circa di giovedì 29 maggio 2014, ricorrendo ad uno stratagemma, consistito nello sfruttare la conoscenza da parte della vittima di uno dei rapinatori, che quasi quotidianamente frequentava quell’abitazione, trascorrendo del tempo con il proprietario che vi viveva solo ormai da anni, a seguito della morte della moglie, si guadagnavano l’accesso all’interno della casa dell’uomo, un pensionato, vedovo, e non vedente. Dapprima cercavano di immobilizzarlo, ma attesa la reazione dell’anziano, lo colpivano con calci e pugni per farlo desistere e indicare loro il luogo dove custodiva l’oro e gli oggetti di valore. La ricerca fruttava un bel bottino ai due malviventi poiché l’uomo aveva addosso ben 2.000,00 euro in denaro contante e molti monili in oro venivano arraffati per tutta casa.

Compiuto il gesto criminale i rei si davano alla fuga a piedi per le vie limitrofe, facendo perdere le proprie tracce.

Le indagini esperite nell’immediatezza dai militari della Stazione di Trabia, prontamente intervenuti sul luogo della rapina, permettevano di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, ma anche di identificare con assoluta certezza uno dei rapinatori, il minorenne, conosciuto bene dalla vittima, che sebbene non vedente, aveva individuato senza ombra di dubbio la voce del giovane, quando quest’ultimo si era accostato alla porta d’ingresso della sua abitazione e gli aveva chiesto se poteva accedervi per sorseggiare assieme un bicchiere di vino, come del resto facevano quasi ogni sera, come confermato dalla vittima. Le immediate ricerche nella zona consentivano di intercettarlo proprio nei pressi dell’abitazione, tra un capannello di persone che, avendo saputo della rapina, si erano avvicinati per curiosare.

Condotto in caserma, il giovane forniva elementi utili a risalire all’identificazione del correo, il cui rintraccio si dimostrava alquanto complicato, poiché lo stesso era irreperibile presso la propria abitazione riuscendo ad intercettarlo soltanto alle successive ore 02.00. Anche la sua voce veniva riconosciuta senza ombra di dubbio dalla vittima e pertanto si procedeva anche all’arresto nei suoi confronti.

A seguito delle lesioni riportate nell’aggressione la vittima veniva trasportata presso il pronto soccorso dell’ospedale “S. Cimino” di Termini Imerese, dove quei medici lo diagnosticavano affetto da “trauma facciale da aggressione” e la giudicavano guaribile in gg. 7 s.c..

Espletate le formalità di rito Touil Riccardo veniva tradotto presso la Casa Circondariale “Cavallacci” di Termini Imerese e B.G. veniva tradotto presso il Centro di Prima Accoglienza e Comunità per i Minorenni del complesso “Malaspina” di Palermo, dove continuano ad essere ristretti anche a seguito dell’interrogatorio di garanzia.

A Bagheria 31 arresti nella notte: azzerato il mandamento mafioso - Video

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Tra i fermati Nicola Greco, Messicati Vitale, Carlo Guttadauro, Giuseppe Di Fiore, Giovanni Pietro Flamia, Salvatore Lo Piparo, Giovanni Di Salvo, Giuseppe Comparetto, Michele Modica ed Emanuele Cecala.

Dalle prime luci dell’alba, 500 Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, al termine di una complessa attività d’indagine coordinata dalla locale D.D.A., sono impegnati nell’esecuzione di 31 fermi del P.M. nei confronti di capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina, detenzione illecita di armi da fuoco e danneggiamento a seguito di incendio.

Completamente disarticolato il mandamento di Bagheria, storica roccaforte di cosa nostra. Insieme ai reggenti dell’ultimo decennio del mandamento e delle famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia, sono stati tratti in arresto pericolosi “uomini d’onore” della consorteria.

I militari, guidati sul campo dai colonnelli Salvatore Altavilla ed Enrico Scandone, in un colpo solo hanno messo le mani sul braccio operativo del clan e su quella che viene definita la “testa dell’acqua”, un anziano boss del calibro di Nicolò Greco, che dal 2004 sarebbe stato il capo assoluto del mandamento. Le sue parole – e di conseguenza i suoi ordini – non si potevano e non si dovevano discutere. Così come non si poteva discutere la necessità di tenerlo fuori dai guai. E lui, che era considerato da tutti la fonte del potere, in questo modo è riuscito a comandare per almeno dieci anni evitando una mezza dozzina di retate.

Le investigazioni, in particolare, hanno consentito sia di documentare l’esistenza di un “Direttorio”, un organo decisionale provinciale, sia di accertare l’esistenza all’interno della consorteria di un vertice strategico, in gergo “la testa dell’acqua”, al quale doveva obbedienza anche il reggente operativo del mandamento.

Sono stati inoltre identificati gli esecutori materiali dell’omicidio di CANU Antonino, consumato in Caccamo il 27 gennaio 2006, e del tentato omicidio di SALERNO Nicasio, occorso in Caccamo il 23 agosto 2005.

Le acquisizioni raccolte hanno, infine, consentito di documentare ben 44 estorsioni, quattro danneggiamenti a seguito di incendio, una rapina e una tentata rapina. Quattro i progetti di rapina sventati grazie all’intervento “preventivo” dei carabinieri.

Vai al video dei Carabinieri

Seguiranno nomi, foto e aggiornamenti

Operazione Reset: I nomi, le intercettazioni, le estorsioni, le famiglie mafiose

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L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE :IL MANDAMENTO DI BAGHERIA

L'elenco degli arrestati

 GRECO Nicolò, detto Nicola, nato a Bagheria (PA) il 16.06.1942, ivi residente – Reggente del Mandamento di Bagheria – REGGENTE DEL MANDAMENTO DI BAGHERIA;
     

 DI FIORE Giuseppe, nato a Bagheria (PA) il 25.06.1949, ivi residente – REGGENTE OPERATIVO DEL MANDAMENTO DI BAGHERIA;

GUTTADAURO Carlo, nato a Bagheria (PA) il 29.03.1956, ivi residente nella frazione di Aspra;
     

PIPIA Francesco, nato a Bagheria (PA) il 07.03.1957, ivi residente;

PROVENZANO Giorgio, nato a Palermo il 07.03.1966, residente a Bagheria (PA);
     

FLAMIA Giovanni Pietro, detto “u’ Cardiddu”, nato a Palermo il 20.06.1954, residente a Bagheria nella frazione di Aspra;
     

LO PIPARO Salvatore, nato a Palermo il 02.12.1972, residente a Bagheria, frazione di Aspra;

     

DI SALVO Giovanni, nato a Santa Flavia (PA) il 15.10.1962, ivi residente;
     

MORSICATO Benito, nato a Palermo il 21.06.1978, residente a Bagheria (PA);
     

LIPARI Nicolò, detto Nicola, nato a Palermo il 25.09.1963, residente a Bagheria (PA), frazione di Aspra;
     

PRETESTI Francesco, nato a Bagheria (PA) il 19.11.1974, ivi residente;
     

RASPANTI Francesco, nato a Palermo il 05.08.1968, residente a Trabia (PA);
     

SPECIALE Francesco, nato a Bagheria il 24.10.1966 ivi residente;
     

LI VOLSI Luigi, nato a Palermo il 15.2.1956, ivi residente;
     

TERRANOVA Francesco, nato a Villabate (PA) il 23.07.1973, ivi residente;
     

LA ROSA Giovanni, nato a Palermo il 12.07.1968, residente Villabate (PA);
     

MESSICATI VITALE Fabio, nato a Villabate (PA) il 22.01.1974, residente a Misilmeri (PA), in frazione Portella di Mare;
     

MILITELLO Bartolomeo, nato a Villabate (PA) l’8.10.1947, ivi residente;
     

COMPARETTO Giuseppe, nato a Palermo il 22.01.1976, residente a Ficarazzi (PA);
     

LEONFORTE Atanasio Ugo, nato a Ficarazzi (PA) il 12.05.1955, ivi residente;
     

CECALA Emanuele, nato a Caccamo (PA) il 11.07.1977, ivi residente;
     

MODICA Michele, detto “l’Americano”, nato a Casteldaccia (PA) l’8.06.1955, residente ad Altavilla Milicia (PA);
     

LO COCO Pietro, nato a Santa Flavia il 27.08.1960, ivi residente;
     

LOMBARDO Andrea, nato a Palermo il 14.02.1981, residente ad Altavilla Milicia;
     

GRANA’ Leonardo, nato ad Altavilla Milicia (PA) il 09.06.1962 ed ivi residente;
     

MACCARRONE Vincenzo, nato a Palermo il 14.07.1979, residente a Villabate;
     

NASTA Carmelo detto “Rosario”, nato a Palermo l’11.06.1971, residente ad Altavilla Milicia;
   

 RIBAUDO Paolo Salvatore, nato ad Altavilla Milicia il 15.02.1973, ivi residente;
     

RIZZO Giovan Battista, nato a Palermo il 15.06.1966, residente ad Altavilla Milicia (PA);
     

ROMANO Giovanni Salvatore, nato ad Altavilla Milicia (PA) il 24.09.1962, ivi residente;
     

BUGLISI Salvatore, nato a Palermo il 27.03.1988, residente ad Altavilla MiliciA

L’indagine Reset ha consentito di delineare gli assetti e le attuali dinamiche operative del mandamento mafioso di Bagheria che continua a essere composto, oltre che dall’omonima famiglia (che comprende anche il territorio di Santa Flavia e delle frazioni di Aspra e Porticello), anche dalle famiglie mafiose di Villabate, Ficarazzi, Altavilla Milicia e Casteldaccia.
LA FAMIGLIA MAFIOSA DI BAGHERIA

Il vertice strategico della famiglia mafiosa di Bagheria e dell’omonimo mandamento è rappresentato dall’anziano boss Greco Nicolò, fratello dell’ergastolano Leonardo, alle cui direttive risponde Di Fiore Giuseppe, reggente operativo della consorteria (Giuseppe Di Fiore è succeduto, nel maggio 2013, a Di Salvo Giacinto, tratto in arresto nell’operazione Argo).
Guttadauro  Carlo e Pipia  Francesco, anziani “uomini d’onore”, sono i collaboratori più fidati del DI FIORE.

Con il ruolo di “capo decina” operano Provenzano  Giorgio e Flamia Giovanni Pietro.

Costoro, particolarmente autorevoli anche perché “formalmente combinati” (“punciuti”), si avvalgono dei “soldati” Lo Piparo Salvatore, DI Salvo Giovanni, Pretatesti Francesco, LI Volsi Luigi, Morsicato  Benito, Lipari Nicolò e altri.

In merito alla reggenza del DI FIORE Giuseppe, emblematica risulta la conversazione tra DI SALVO Giovanni e LO PIPARO in cui quest’ultimo affermava “… e sono andati a prendere, a questo “Peppinu U’ Ciuri” (DI FIORE Giuseppe) (…) …perché è come quando c’era GINO DI SALVO, c’era lui, a chi faceva comparire, a SERGIO (FLAMIA Sergio Rosario n.d.r.) . … giusto è? lui era però il primo”.

GLI STORICI UOMINI D’ONORE DELLA FAMIGLIA DI BAGHERIA

Greco Nicolò, unitamente al fratello ergastolano Leonardo, ha iniziato il suo percorso criminale già nel lontano 1969.

Dopo l’arresto di Greco Leonardo (avvenuto il 9 giugno 2004), il fratello Nicolò ha iniziato a far valere il suo carisma e la sua forza intimidatrice scalando il potere fino a giungere al vertice del mandamento mafioso di Bagheria.

Il Greco, servendosi della collaborazione operativa di vari uomini d’onore succedutisi nel tempo nella qualità di reggenti operativi del mandamento, di fatto ha gestito il sodalizio bagherese sancendo alleanze, determinando scelte operative e decidendo sulle sorti di importanti sodali, tra cui Bartolone  Carmelo.

Le investigazioni hanno delineato il ruolo fondamentale ricoperto dal boss, riconosciuto, in gergo mafioso, come la “testa dell’acqua”, ovvero la “sorgente” del mandamento mafioso di Bagheria.

Di Fiore Giuseppe è uno degli storici affiliati della famiglia mafiosa di Bagheria.

Il 25 gennaio 2005, nel corso dell’operazione “Grande Mandamento,” è stato tratto in arresto dopo che nel corso di una perquisizione eseguita all’interno della sua abitazione veniva rinvenuto il c.d. “Libro Mastro” della famiglia di Bagheria, unitamente a denaro e titoli.

Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel gennaio del 2012, le indagini hanno permesso di dimostrare la progressiva ed inesorabile scalata al vertice della consorteria.

Guttadauro Carlo è un altro uomo d’onore di elevatissima caratura criminale.

Egli è fratello di Guttadauro Giuseppe, medico chirurgo presso l’Ospedale Civico di Palermo, già “reggente” del mandamento mafioso di “Brancaccio”, e di Filippo, cognato del noto latitante Matteo Messina Denaro e autorevole uomo d’onore di Cosa nostra.

Le attuali investigazioni hanno permesso di dimostrare come il Guttadauro Carlo, oltre a collaborare attivamente con i vertici del mandamento, Greco Nicolò e Di Fiore Giuseppe, sia anche intervenuto personalmente per costringere un imprenditore edile a “mettersi a posto”.

Pipia Francesco è legato storicamente da un forte vincolo criminale a Gargano Antonino, storico capo della famiglia mafiosa di Bagheria.

Il Gargano, condannato all’ergastolo, al momento è sottoposto al regime della detenzione domiciliare.

Benché in passato il Pipia sia stato già oggetto di investigazioni da parte di diverse forze di polizia, non si era mai riusciti a dimostrare la sua sostanziale appartenenza al sodalizio.

Con le ultime investigazioni, invece, si è provato il suo pieno inserimento nella consorteria mafiosa di Bagheria, per conto della quale ha anche fornito un determinante sostegno alla latitanza di Bernardo PROVENZANO, in un momento di particolare difficoltà quale era quello successivo all’operazione Grande Mandamento del 2005.

Infatti, dopo l’arresto dei più importanti favoreggiatori del capo indiscusso di Cosa nostra, toccò proprio al Pipia farsi carico della gestione della latitanza del boss corleonese, sino alla data del suo arresto avvenuto nel covo di “montagna dei cavalli”.

LA FAMIGLIA MAFIOSA DI VILLABATE

La famiglia mafiosa di Villabate, sebbene negli ultimi anni sia stata oggetto di una particolare attenzione investigativa che ha portato all’arresto di numerosi esponenti di vertice, è sempre riuscita a ricompattare le fila con rapidità sostituendo i sodali tratti in arresto con nuovi affiliati.
Dopo la carcerazione di Lauricella Salvatore e il rientro in Italia da Bali di Messicati Vitale Antonino, hanno assunto la direzione della consorteria villabatese Terranova Francesco e La Rosa Giovanni, da lungo tempo organici a Cosa nostra.
Alle dipendenze dei suddetti, con compiti di “esattori del pizzo”, si collocano Messicati Vitale Fabio, fratello del più noto Antonino, e Militello Bartolomeo.

LA FAMIGLIA MAFIOSA DI FICARAZZI

Sia l’indagine “ARGO” sia le attuali investigazioni hanno fatto emergere le alterne vicende che hanno caratterizzato la famiglia mafiosa di Ficarazzi.

Dopo l’arresto (anno 2010) del capo famiglia Trapani Giovanni, la reggenza della consorteria veniva affidata a Leonforte Atanasio Ugo. Questi, ritenuto inaffidabile, veniva presto sostituito da Lauricella Salvatore, su disposizione dell’allora capo mandamento Zarcone Antonino.

Dopo l’arresto dello ZARCONE (dicembre 2011, operazione Pedro) e l’inizio della latitanza di MESSICATI VITALE Antonino, LAURICELLA Salvatore assumeva la reggenza della famiglia di Villabate oltre a quella di Ficarazzi.

Le difficoltà connesse al duplice incarico, anche in considerazione del fatto che il Lauricella per volere di D’Ambrogio doveva affiancare Di Salvo nella reggenza dell’intero mandamento, comportavano la reintegrazione del Leonforte nella reggenza di Ficarazzi sino al suo arresto avvenuto nel maggio 2013, con l’operazione Argo.

Dopo la recente scarcerazione (giugno 2013), le indagini hanno dimostrato che il Leonforte, dopo aver inizialmente riassunto la carica lasciata vacante, è stato nuovamente sostituito, suo malgrado, da Comparetto Giuseppe, che adesso ricopre, senza dubbio, il ruolo di reggente della famiglia di Ficarazzi.

Comparetto Giuseppe era stato tratto in arresto, unitamente a Lo Verso Stefano, agli inizi del 2005, perché responsabile di aver favorito la latitanza di Provenzano Bernardo.
Le indagini sulla consorteria ficarazzese hanno evidenziato come gli affiliati, a causa delle efficaci operazioni di contrasto, cerchino in tutti i modi di evitare di “parlare tra loro”, comunicando con il metodo dei “pizzini”.
Le captazioni video hanno permesso di registrare tali scambi di “pizzini” dei quali si riportano le immagini relative a quello avvenuto tra Leonforte Atanasio e La Rosa Giovanni il 7 novembre 2013.

LA FAMIGLIA MAFIOSA DI ALTAVILLA MILICIA

Dopo l’operazione Argo, in assenza di un reggente formalmente investito, Lo Coco Pietro prendeva in mano le redini della famiglia altavillese, forte sia del sostegno del sodale Rizzo Giovan Battista sia della manovalanza di spregiudicati “picciotti”.

Dopo la scarcerazione di Modica Michele (7 dicembre 2013), però, alcuni autorevoli sodali, in particolare Lombardo  Andrea e Rizzo Giovan Battista, ordivano un piano per “accantonare” il Lo Coco  e far assumere al Modica  la “reggenza” della consorteria.

Lombardo Andrea, organico alla famiglia di Altavilla Milicia, nel corso di una conversazione ambientale con Rizzo, commentando l’elevato spessore criminale del Modica, ritenuto persona di grande esperienza, sottolineava il proprio ruolo di “eminenza grigia” del capo, in grado di orientarne decisioni e strategie, affermando testualmente che: “nca com’è…e ti dico una cosa… se prima non la dice a me… (…) no…se si deve vedere con qualcuno… mi dice “tu che ne pensi?…Tu che” capisci?!”.

Nel mese di gennaio 2014 , il Modica, facendo forza sul consenso ricevuto dagli affiliati, assumeva dunque la piena “reggenza” della consorteria e ne ripristinava gradualmente l’operatività criminale.

Modica metteva a disposizione della famiglia mafiosa di Bagheria il gruppo di “picciotti” di Altavilla, cui affidava anche il delicato compito di recapito dei tradizionali pizzini, in quanto ritenuti il mezzo più sicuro per le comunicazioni.

Nel febbraio 2014, i carabinieri di Bagheria rinvenivano dei pizzini all’interno di un casolare diroccato di Altavilla Milicia. I documenti fornivano informazioni di straordinaria valenza investigativa sulle strategie operative del sodalizio e sulle potenziali vittime dell’attività estorsiva, orientata anche sulla frazione marinara di Porticello.

Sul conto di Modica Michele, detto “l’americano”, è opportuno anche ricordare che è già stato condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., avendo anche militato tra le file di Cosa nostra canadese. Dopo essere rientrato in Sicilia, il MODICA ha continuato a mantenere i contatti con la mafia d’oltre oceano e, in particolare, con Pimentel Fernando(rinvenuto cadavere nelle campagne di Casteldaccia l’ 08.05.2013), ospitato a Bagheria fino a quando il Modica veniva tratto in arresto (luglio 2008) unitamente a Carbone Andrea Fortunato e Cecala  Emanuele, in quanto ritenuti responsabili del progetto omicidiario nei confronti di Pietro Lo Iacono, detto “il due di spade”, uomo d’onore della famiglia di Bagheria.

I REATI CONTESTATI

IL TENTATO OMICIDIO DI SALERNO NICASIO E L’OMICIDIO DI CANU ANTONINO.

Le indagini hanno consentito di far luce anche su alcuni fatti di sangue: il tentato omicidio di Salerno Nicasio e l’omicidio di Canu Antonino, entrambi avvenuti a Caccamo.
Il 23 agosto 2005, alle ore 01.00 circa, a Caccamo, due uomini travisati ed armati di pistola tendevano un agguato a Salerno Nicasio, mentre in compagnia della moglie si accingeva a rincasare. I colpi esplosi non lo raggiungevano e il SALERNO riusciva a fuggire e a trovare rifugio presso la locale Stazione Carabinieri.

Secondo quanto emerso dalle indagini, e in particolare dagli accertamenti tecnici, la sera del 23 agosto 2005, uno dei due soggetti che aveva sparato all’indirizzo del SALERNO era stato Cecala Emanuele, che riteneva la vittima responsabile del furto di un escavatore patito dallo zio e, per questo, già il giorno prima, dopo avergli intimato di riconsegnare il mezzo, l’aveva malmenata.

Il 27 gennaio 2006, CANU Antonino si era recato a Caccamo a un appuntamento con CECALA Emanuele e MODICA Michele.

Il successivo 28 gennaio 2006, il CANU veniva rinvenuto cadavere in quanto attinto da colpi d’arma da fuoco alla testa.

Secondo quanto accertato, quindi, nel pomeriggio del 27 gennaio il CANU era stato attirato in una “trappola” dai suddetti CECALA e MODICA, perché da loro ritenuto responsabile di alcuni reati commessi fuori dal loro controllo e della mancata esecuzione di una rapina ai danni di un istituto di credito.
Le attività tecniche hanno poi consentito di accertare che l’omicidio del CANU, colpito alla testa con tre colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata, era stato verosimilmente consumato all’interno dell’autovettura in uso al MODICA, utilizzata anche per trasportare il cadavere sul luogo del rinvenimento.
Dalle intercettazioni effettuate a carico di MODICA Michele e CECALA Emanuele in altro procedimento penale è emerso che:
- il giorno dell’omicidio (27 gennaio 2006) CECALA aveva dato appuntamento al CANU (Cecala: “Qua io sono, avvicina qua da Emanuele …” – Canu: “Io, … io sono qua a Palermo, il tempo della strada” – CECALA “Va be, io sono qua, se tu vieni all’orario” – CANU: “Can Ah fra un’orata, il tempo dico della strada”) e, successivamente, il MODICA, in ambientale, domandava “…sti cosi lamu a ghittari?”, e CECALA gli rispondeva “eh! o … ghiettale, ettale no cà però”);
- il giorno successivo all’omicidio, dopo aver provveduto a disfarsi dell’autovettura utilizzata per trasportare il cadavere, MODICA chiedeva a persona a lui vicina di andare a prenderlo dallo sfasciacarrozze dove aveva demolito l’auto(Modica: “eh … eh … ti vengo a prendere ma dove mi devi venire a prendere se non sai dove sono”, e l’altro rispondeva di averlo capito, “… là allo sfascio”).

I due eventi delittuosi sono accomunati da una stessa chiave di lettura, ossia entrambe le vittime erano soggetti facenti parte di un gruppo criminale dedito alla commissione di reati predatori, circostanza questa più volte osteggiata anche dagli stessi vertici di Cosa nostra.

LE ESTORSIONI

Il dato di particolare interesse che merita di essere evidenziato è che, per la prima volta in maniera così significativa, in un territorio storicamente pervaso dall’omertà, moltissimi imprenditori e commercianti vittime di estorsione hanno fornito la loro piena e consapevole collaborazione, liberandosi dal “giogo mafioso” e denunciando i loro aguzzini.
Le indagini, infatti, hanno consentito di ricondurre al sodalizio la responsabilità di ben 44 estorsioni commesse ai danni di imprese edili, commercianti operanti nel settore del pesce, aziende di macellazione, commercianti all’ingrosso di alimenti, supermercati, autofficine, rivenditori di auto e pneumatici, autolavaggi, agenzie di scommesse, centri di analisi cliniche e case di riposo.

Più di dieci sono le imprese edili che hanno subito richieste estorsive con la compartecipazione delle famiglie mafiose competenti sia sul territorio della sede dell’impresa sia su quello di svolgimento delle opere.

Molti imprenditori edili, stanchi di subire le continue vessazioni, hanno deciso, quindi, di denunciare, raccontando non solo le estorsioni più recenti, ma anche quelle che dall’inizio della loro pluriennale attività avevano, loro malgrado, accompagnato il lavoro.

Si è anche dimostrato che le imprese edili, oltre a subire le “messe a posto”, sono state costrette a tollerare le imposizioni di ditte a cui subappaltare i lavori. Ciò era emerso già nell’indagine “Argo”, ove si era dimostrato che l’allora reggente del mandamento DI SALVO Giacinto imponeva la ditta del proprio genero CANALE Giuseppe.

Dopo l’arresto del DI SALVO, però, DI FIORE Giuseppe e GUTTADAURO Carlo imponevano altra ditta, estromettendo quella del Canale, con la conseguente disapprovazione del Di Salvo. Quest’ultimo, in un’intercettazione in carcere, dopo aver saputo dal genero quanto stava accadendo per un lavoro a Ficarazzi gli diceva di recarsi da Comparetto Giuseppe per riferirgli: “ho problemi con questi scemi … a Ficarazzi comandano … comandavamo io e lui … pure a Ficarazzi e loro tutti muti … e glielo dici che glielo fa sapere di starsi muti …”.

Il DI SALVO, inoltre, per contrastare la gestione DI FIORE – GUTTADUARO, rendeva noto ai familiari che, a breve, sarebbe stato scarcerato Lo Presti Tommaso (“Tommaso, Tommaso … Masino … così si chiama, LO PRESTI” …”), il quale avrebbe risolto la situazione (“a Palermo c’era uno che era con me che a breve dovrebbe uscire … e gli ho spiegato alcune cose … dice … “appena esco io se ne parla” … per Ficarazzi … non li farà avvicinare lui a Ficarazzi … hai capito?”).

Altro “settore” particolarmente preso di mira è risultato essere quello dei commercianti di pesce di Porticello, frazione del comune di Santa Flavia particolarmente attiva nel settore del commercio all’ingrosso del pescato. Le indagini hanno consentito di captare in “diretta” le “messe a posto” e di individuare in Lo Piparo Salvatore e Di Salvo Giovanni, gli autori delle richieste estorsive avanzate su incarico di FLAMIA Giovanni Pietro e PROVENZANO Giorgio. Particolarmente inquietante l’attività intimidatoria posta in essere per convincere le vittime a pagare, recapitando loro proiettili e “teste di capretto”.

A tal proposito risulta eloquente l’intercettazione ambientale di una conversazione tra DI SALVO Giovanni e LO PIPARO Salvatore, nella quale quest’ultimo afferma: “Andiamo a Bagheria, prendiamo una testa di capretto, gli prendiamo due cartucce di fucile normali e gliele mettiamo in bocca nella testa di capretto, ci mettiamo un bigliettino … stai attento a cosa fai (…) glielo attacchiamo nel cancello, questo lo possiamo fare pure adesso, prendiamo una testa di capretto e lo facciamo (…) mettiamo due cartucce di fucile, con un sacchetto e glielo attacchiamo nel portone, che loro già lo capiscono che non devono romperci …”.

LE RAPINE

Anche il settore delle rapine è risultato essere di particolare interesse per la consorteria.

Le indagini hanno consentito di accertare la consumazione di una rapina in un’abitazione di Altavilla Milicia e svariati tentativi di rapina non portati a compimento grazie all’intervento dei carabinieri.

 

L’INCENDIO DELL’ABITAZIONE DI UN NOTO PROFESSIONISTA E IL SEQUESTRO DI PERSONA DEL DOMESTICO

Il 22.3.2004, ad Aspra, tre soggetti penetravano nell’abitazione di un noto professionista e, dopo aver immobilizzato con del nastro adesivo il domestico e averlo condotto fuori casa, cospargevano di liquido infiammabile l’immobile appiccandovi fuoco.

Le indagini consentivano di ricondurre la vicenda a Comparetto Giuseppe e a Bartolone Carmelo (quali esecutori materiali) nonché a Morreale Onofrio (all’epoca reggente del mandamento Bagherese), che avrebbero agito per punire il professionista in quanto ritenuto responsabile di aver venduto un’abitazione a persona non gradita.

LE ARMI

La disponibilità di armi da parte della famiglia mafiosa di Bagheria risulta da numerose intercettazioni ambientali.

E’ emerso che i sodali più attivi, soprattutto quelli dediti alle estorsioni, hanno la disponibilità di armi da fuoco che minacciano di utilizzare nel caso di mancato pagamento del “pizzo”.

 

 

Le foto degli arrestati nell'operazione Reset e il video con le intercettazioni ambientali

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Foto di copertina da sinistra verso destra : Nicolò Greco, Carlo Guttadauro, Giuseppe Di Fiore

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 Raspanti Francesco        Nasta Carmelo           Pretesti Francesco     Rizzo Giovan Battista      Ribaudo Paolo

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Modica Michele            Lombardo Andrea        Grana Leonardo         Maccarrone Vincenzo     Messicati Vitale Fabio

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Flamia Giovanni Pietro,    Lo Coco Pietro           Buglisi Salvatore        Speciale Francesco       Romano Giovanni 

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La Rosa Giovanni          Di Salvo Giovanni           Terranova Francesco     Lo Piparo Salvatore         Lipari Nicolò

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Comparetto Giuseppe       Li Volsi Michele        Militello Bartolomeo      Pipia Francesco          Cecala Emanuele

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Leonforte Atanasio          Morsicato Benito      Provenzano Giorgio

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VAI AL VIDEO CON LE INTERCETTAZIONI AMBIENTALI: https://www.youtube.com/watch?v=vD0jpv2MIOk

Giuseppe Sciortino, l'imprenditore bagherese suicidatosi, aveva denunciato i suoi estortori

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Il suicidio di Giuseppe Sciortino, il piccolo imprenditore edile che si era tolta la vita lo scorso mese di marzo, aveva suscitato una enorme impressione a Bagheria per la notorietà del personaggio, per la sua dedizione al lavoro, per la professionalità con cui la esercitava; ma lì per lì le notizie che filtrarono parlarono di un uomo sull'orlo del fallimento per i troppi debiti che aveva accumulato.

Una morte, quella di Sciortino, che lasciò nello sconforto i familiari e nello sgomento non solo i tanti amici e conoscenti ma una intera comunità. I suoi funerali furono seguiti da migliaia di persone che vollero testimoniare con la loro presenza il rispetto e la considerazione per una persona che del lavoro aveva fatto la sua fede e la sua ragione di vita.

Sembrava quindi una storia come tante oggi in Italia, di un imprenditore in difficoltà che non ce la fa ad andare avanti e preferisce chiudere con la vita.

In realtà però nel caso di Sciortino le difficoltà economiche derivavano anche da una terribile pressione cui lo sottoponevano gli esattori del pizzo che gli chiedevano continuamente soldi.

Un mese dopo la scomparsa Sciortino venne ricordata con una commovente cerimonia promossa da Casartigiani svoltasi nell'aula consiliare, ed in cui gli fu intitolato un Consorzio di costruzioni che lo aveva visto tra i fondatori.

Poi, nelle settimane successive al dramma,  tra mezze parole e allusioni cominciò a venir fuori la verità o meglio una parte della verità: Giuseppe Sciortino subiva taglieggiamenti e  richieste di pizzo da parte degli uomini di cosa nostra bagherese.

Qualche mese prima di togliersi la vita era stato interrogato lui come tanti altri dagli inquirenti e dai carabinieri che gli avevano chiesto se e quali richieste estortive avesse ricevuto: pare, e parliamo necessariamente al condizionale, che Sciortino in un primo momento si sarebbe trincerato dietro i non ricordo, ma quando gli sono stati fatte ascoltare le intercettazioni ambientali che contenevano riferimenti precisi e documentati aveva ceduto, ed aveva confermato di essere bersaglio del pizzo da parte della mafia.

 Gli episodi venuti a galla durante le indagini e le dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Sergio Flamia, lo descrivono più volte a scontrarsi a muso duro con gli esattori del pizzo del mandamento di Bagheria, che lo avevano preso di mira dopo alcuni lavori che aveva effettuato nel comprensorio: il tentativo da parte dei boss era quello di imporre a Sciortino una ditta di movimento terra vicina a Cosa nostra e controllata da Giuseppe Di Fiore - reggente del mandamento -, rispetto ad un'altra.

Nel dettaglio, Sciortino aveva dichiarato di essere stato vittima di tentativo di estorsione agli inizi del 2011, in relazione alla conduzione di un cantiere a Santa Flavia. Successivamente, le minacce sarebbero arrivate da Salvatore Lauricella in merito ad un altro cantiere per la costruzione di unità abitative a Villabate, ma anche da Pietro Flamia, soprannominato "il porco" che nel 2013 avrebbe voluto imporgli un'altra ditta legata alla cosca, sempre per il movimento terra. Ma non solo, per quegli stessi lavori, l'imprenditore raccontò che Flamia gli aveva chiesto quindicimila euro.

"Ero consapevole che si trattava di estorsione - disse ai carabinieri Sciortino - e sapevo pure di non avere alcun debito nei suoi confronti. Mi precisò che 'c'erano nuove disposizioni' e che qualunque lavoro avrei dovuto realizzare da quel momento in poi, dovevo rivolgermi a lui, specificando che mi avrebbe dato indicazioni sui fornitori, e su tutte le ditte che avrei dovuto contattare nel proseguo dei lavori". Fu soltanto uno dei tanti incontri coi boss.

Una delle tappe del calvario durante il quale Sciortino subì numerosi danneggiamenti ai cantieri, compresi alcuni colpi d'arma da fuoco sparati alle saracinesche del suo magazzino, i danni alla propria auto e gli atti incendiari nel magazzino al piano terra della palazzina via Carlo Alberto dalla Chiesa a Bagheria, dove abitava.

Giuseppe Sciortino, come avevano notato familiarie conoscenti  aveva perso la serenità ed il suo umore era cambiato sino ad arrivare al gesto drammativo e irreversibile.

La conferma è venuta nella conferenza stampa di oggi da parte del procuratore aggiunto Leonardo Agueci che ha detto testualmente: "Sciortino  ha coraggiosamente denunciato i suoi estortori che lo avevano portato alla rovina economica. Poi, sommerso dai debiti, si è suicidato".

Reset: uno sgarbo ad Eucaliptus, e all'architetto Gianni Trovato bruciarono la casa

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Dalle carte di Reset emergono anche i dettagli di un episodio di intimidazione risalente al 2004 e che allora non trovò esauriente spiegazione: era il 22 del mese di marzo di quell'anno e tre uomini, oggi individuati in Carmelo Bartolone, Massimiliano Fricano e Giuseppe Comparetto (quest'ultimo arrestato in questa tornata), suonano il campanello della villa dove abita l'erch. Trovato, sino al 1994 responsabile del settore Urbanistico del comune di Bagheria, poi dimissionario perchè coinvolto assieme all'allora capo dell'ufficio Tecnico, Nicola Giammanco, in una vicenda giudiziaria che alla fine vide condannati tecnici e politici, per abuso di ufficio, in relazione ai famosi 'piani di recupero' dei quartieri abusivi.

Non appena il domestico mauriziano apre la porta, i tre lo bloccano, lo imbavagliano, lo portano fuori e danno fuoco ad alcune poltrone e altre suppellettili che si trovano all'interno della casa.

Al tempo le indagini brancolarono nel buio, adesso gli inquirenti incrociando le dichiarazioni di Sergio Flamia con quelle di Stefano Lo Verso, il pentito ficarazzese, hanno ricostruito l'intera vicenda.

Era stato Onofrio Morrreale, genero di Eucaliptus, a fare forti pressioni perche questa cosa 'si facesse': lo sgarbo ad Eucaliptus avrebbe avuto origine nel fatto che l'architetto Trovato avrebbe venduto una sua abitazione a persona non gradita all'Eucaliptus.

La vicenda dei cui dettagli Flamia sarebbe venuto a conoscenza solo di recente stava innescando anche un omicidio, perchè lo stesso Flamia avrebbe chiesto a bruciapelo a Carmelo Bartolone , uno dei tre del commando: 'Senti, u villinu 'nna l'ingegnere Trovato ci isti tu ad abbruciallu'?

E Bartolone di rimando ad Eucaliptus: 'E a tia cu tu rissi ?' Pare che la fonte fosse proprio Fricano, uno degli altri due responsabili.

A quel punto Bartolone aveva minacciato di uccidere il Fricano, ma la vicenda si concluse con una tirata di orecchie.

I Carabinieri denunciano villabatese che tenta di truffare una concessionaria di auto bagherese

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Nella mattinata di ieri, i militari della locale Stazione Carabinieri, deferivano in stato di libertà, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, L. P. S., nato a Villabate (Pa), classe 1967, residente in Misilmeri, per i reati di sostituzione di persona, falsità in scrittura privata e tentata truffa.

Il predetto, nel mese di ottobre 2013 si era recato, sotto falso nome, esibendo documento d’identità e busta paga contraffatti, presso una concessionaria Bagherese al fine di sottoscrivere un contratto di compravendita di un’autovettura del valore di circa 25.000,00 euro, e di finanziamento dell’intero importo una società finanziaria.

I dipendenti della concessionaria, dubbiosi sulla genuinità dei documenti, si erano subito rivolti ai militari, che sono riusciti a risalire alla vera identità dell’uomo con alle spalle numerosi precedenti penali specifici – al quale, peraltro, nel corso di una perquisizione domiciliare, veniva sequestrata un’ingente quantità di documentazione contraffatta per accedere a prestiti e finanziamenti, quale buste paga, contratti di lavoro e dichiarazioni dei redditi.

Sono in corso ulteriori accertamenti finalizzati ad accertare l’eventuale consumazione di reati della stessa specie.

 

 


 


Progetti di morte a Bagheria

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Il periodico S in edicola  pubblica alcuni stralci delle dichiarazioni di Sergio Flamia che ci riconsegnano scenari di scontri tra le varie fazioni della cosa nostra bagherese che solo per poco non sfociano in omicidi che avrebbero insanguinato le strade di Bagheria come accaduto nell'ultima guerra di mafia del 1989.

In trasparenza si possono leggere due schieramenti : il gruppo tradizionalmente legato a Leonardo Greco ed al fratello Nicola e quello fedele a Nicolò Eucaliptus e al genero Onofrio Morreale, con i vari luogotenenti pronti a fare uso della violenza per mettere a tacere dissidi o riportare  all'ordine gli indisciplinati.

'A testa i l'acqua' per noi bagheresi è una espressione diffusa e fa riferimento al complesso sistema di condotte che attraverso degli snodi, valvole e gibbiuni ( 'a casuzza i cani' in contrada Serradifalco era uno di questi snodi), consentiva l'irrigazione degli agrumeti sino a quota 100 m. s.l.m.

A testa i l'acqua era la fonte, il luogo originario  da cui si dipartiva l'acqua 'ra Chiana' ( perchè proveniente un tempo dall'invaso di Piana degli Albanesi) insomma in senso traslato si intendeva dire la fonte del potere laddove esso traeva origine.

E Flamia riferisce di avere appreso chi fosse a testa i l'acqua in seguito ad una animata discussione tra Gino Di Salvo e Nino Zarcone, in tempi diversi capifamiglia di Bagheria.

Gino Di Salvo e Nino Zarcone- mette a verbale Flamia -. avevano avuto un battibecco in mia presenza.  Il che io li invito a chiarirsi a sistemare le cose perché già a quel tempo c'era odore che da un momento all'altro a Nino lo arrestassero... e si pensava che arrestassero anche a Gino, gli ho detto: vedete di chiarire, vedete di sistemare le cose prima che ‘nsamà (non sia mai n.d.r.)  a Dio, vi arrestano...”. E la risposta ricevuta sarebbe stata: “Si succieri cuosa, tu un u sai unni ha ghiri si nn'avissiru arristari? Ci rissi: no. Rici: a tiesta i l’acqua. Ci rissi: ma unn'è sta tiesta i l'acqua? Rici: nni Nicola Greco”.

Ma i mali riscussi  - secondo Flamia - avrebbero origine quando Gino Mineo reggente della famiglia sino al 2007 dà una robusta tirata di orecchie addirittura a Onofrio Morreale, genero di Eucaliptus e tesoriere della cosca bagherese, accusandolo di una gestione troppo disinvolta del fondi destinati alle famiglie dei carcerati.

Assieme a Carmelo Bartolone, sempre secondo il Flamia-pensiero,  il Morreale complotta di uccidere Gino Mineo, e chiede addirittura il permesso a Bernardo Provenzano per poterlo eliminare, perchè reo appunto  di avere usato toni duri nei suoi confronti: si fa un summit al villaggio Mosè (frazione di Agrigento) dove Nicola Greco al tempo risiedeva, in cui oltre a Nicola Greco avrebbero preso parte, Onofrio Morreale, Giuseppe Di Fiore e Giuseppe Comparetto, e dove si decide di trovare una soluzione 'politica' al conflitto.

Un ammonizione verbale per Gino Mineo, Bartolone fuori famiglia e la cassa della famiglia in gestione a Di Fiore.

Dopo l'arresto e la condanna a sette anni, Carmelo Bartolone avrebbe ricevuto in carcere a Livorno da Nicolò Eucaliptus durante la comune detenzione, l'incarico di “sistemare le cose a Bagheria” eliminando Nicola Greco e Giuseppe Di Fiore, e tale missione l'avrebbe comunicata a Flamia, di cui si fidava,  nei seguenti termini: 'mi rissi ri sistimari i cuosi senza fari scrusciu, senza fari rumuri, rici all'unicu che avieva ammazzari era Nicola Greco e a Pippinu u’ Ciuri”.

E siccome le voci e le confidenze dentro cosa nostra circolano velocemente arriva la sentenza di morte per Bartolone, reo di essersi allargato troppo; ad organizzare il piano - secondo il pentito - ci avrebbe pensato Gino Di Salvo, mentre gli esecutori avrebbero dovuto essere lo stesso Flamia e Nino Di Bella, che godendo della fiducia della vittima designata avrebbero dovuto consegnarlo con un tranello ai carnefici

'Gino Di Salvo decide di fare fuori Bartolone - così ricostruisce Flamia - ce ne dobbiamo uscire, lui di te si fida, me lo devi portare tu, lo porti tu, ci organizziamo... io già ho parlato pure con Peppino Di Fiore e Nicola Greco, mi rettiru u sta bene”).

All'omicidio avrebbe dovuto partecipare anche Salvatore Lauricella.

Flamia lo capì quando Lauricella gli chiese: “...Cu’ Carmelo che amu a fari? Io mi trovo tra due fuochi, uno: non vorrei ca chistu ( con riferimento a Gino Di Salvo n.d.r.) pienza ca io sugnu d’accordo cu’ Carmelo; due: ma quale omicidi, ca cca nni stannu arrestannu a tutto pi’ avutri cose, ogni minima fissaria che succede, ci dissi: i cose i sannu prima di nuatri, sti cose io i sacciu, iddi un i sanno... ci dissi”).

E Di Salvo, sulla base del racconto di Flamia, aveva pure trovato nel narcos canadese Juan Ramon Fernandez il killer disponibile a far fuori Bartolone.

La sorte di Bartolone sembrava segnata, anche perchè quelli presso i quali era andato a chiedere aiuto per eliminare la concorrenza, Giulio Caporrimo e a Palermo e Nicola Rizzo a Villabate, non appena messi a parte dei suoi progetti, li riferirono immediatamente a Nino Zarcone.

 Bartolone, fiutata l'aria,  il 13 dicembre del 2012 scompare, sottraendosi al regime della vigilanza speciale con obbligo di firma cui era stato sottoposto, e ricomparirà il 10 settembre dell'anno successivo al Pronto Soccorso dell'Ospedale civico di palermo per consegnarsi ai  militari di servizio, anche perchè nel frattempo era stato destinatario di un altro ordine di arresto nell'ambito della operazione 'Argo'

 

 

Due giovani di Bagheria e Ficarazzi arrestati per furto a Termini

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I Carabinieri della Compagnia di Termini Imerese, nel corso di un apposito servizio di controllo del territorio finalizzato al contrasto dei reati predatori, hanno arrestato FIREMI Salvatore, nato a Palermo il 23.08.1985, residente a Ficarazzi e D’AMICO Vincenzo, nato a Palermo il 31.05.1991, residente a Bagheria, entrambi volti noti alle forze dell’ordine e quest’ultimo già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

I due compagni di merenda, si sono resi responsabili del reato di furto aggravato perpetrato, nella notte di giovedì scorso, ai danni di una serie di garage pertinenti ad un complesso abitativo ubicato nella via Enrico Matteia Termini Imerese.

Il commando in trasferta era composto da tre giovani i quali, dopo accurati sopralluoghi, decidevano di forzare nove portoni di accesso, trafugando un ingente quantitativo di materiale custodito all’interno delle rimesse di ignari privati.

Gli stessi ladri, giunti nella cittadina termitana presumibilmente a bordo del treno, avevano la necessità di reperire un mezzo di trasporto idoneo dove potere disporre quanto asportato, quindi si impossessavano di un’autovettura posteggiata nella stessa area, dopo averne forzato i congegni di accensione.

Il tempestivo intervento dei Carabinieri interrompeva la condotta delittuosa posta in essere dai tre malfattori, i militari quindi riuscivano a bloccare FIREMI Salvatore a bordo dell’autovettura rubata, pronto a fuggire con tutta la refurtiva accuratamente riposta nel veicolo. I suoi due complici invece riuscivano a fuggire per le vie limitrofe del centro abitativo, facendo perdere le loro tracce. Solo in tempestivo intervento di altre pattuglie coordinate dalla Centrale Operativa della Compagnia di termini Imerese, che in via Enrico Mattei, consentiva di rintracciare, dopo circa due ore, D’AMICO Vincenzo, in un terreno con fitta vegetazione nei pressi del quartiere “Rocca Rossa”, nascosto all’interno di un canneto.

I due giovani venivano tratti arrestati e messi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria la quale, al termine del giudizio direttissimo svoltosi nella stessa giornata, disponeva la traduzione in carcere per FIREMI Salvatore e gli arresti domiciliari per il complice D’AMICO Vincenzo, in attesa di giudizio.

La tempestività dei militari dell’Arma consentiva di recuperare tutta la refurtiva che, nell’arco della stessa giornata, veniva restituita ai legittimi proprietari i quali con contentezza esprimevano un plauso all’operato svolto dai Carabinieri della locale Compagnia cittadina.

Palermo, 13 giugno 2014

Nella foto da sinistra verso destra: D'Amico Vincenzo; Firemi Salvatore

Comando Provinciale Carabinieri

   

La Guardia costiera salva un uomo su una imbarcazione alla deriva al largo di Capo Zafferano

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Un uomo è stato tratto in salvo da militari della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Palermo nell’ambito di una crociera operativa di servizio nelle prime ore di sabato 14 giugno.

Alle ore 03.00, a circa 4 miglia da Capo Zafferano, l’equipaggio in servizio di pattugliamento marittimo della vedetta V.6006, dirigeva su un natante di circa 5 m a bordo del quale, inizialmente, non veniva scorta nessuna persona.

Solo successivamente, avvicinandosi in modo cauto all’unità in parola, si scorgeva sul lato poppiero della stessa un uomo in evidente stato di difficoltà, aggrappato strenuamente al timone. Constatata la situazione di pericolo, i finanzieri si prodigavano per riportarlo a bordo, date le precarie condizioni di salute del soggetto, comprovate dall’evidente stato di shock e da un presumibile stato di ipotermia. 

Prontamente richiesto l’intervento a terra del servizio di 118, si provvedeva a trasbordare il malcapitato a bordo dell’unità velocissima del Corpo e in brevissimo tempo raggiungere terra dove già attendeva l’autoambulanza del Pronto Soccorso dell’Ospedale Buccheri La Ferla.

Contestualmente si è provveduto anche al recupero dell’imbarcazione alla deriva, a sua volta saldamente condotta in sicurezza presso gli ormeggi del Reparto.
Una  grande dose di fortuna è stata di fondamentale importanza per l’uomo, il quale avrebbe potuto riscontrare gravi conseguenze se costretto a trascorrere ulteriori ore in acqua a causa sia della temperatura del mare, sia del prolungato tempo di esposizione a tale shock termico.
 

Il commissariato di P.S. di Bagheria, notifica provvedimenti di detenzione domiciliare a tre persone

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In seguito alla conclusione dell'iter processuale gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di P.S. di Bagheria, sezione misure di sorveglianza e prevenzione,  hanno notificato a tre soggetti bagheresi le ordinanze relative alla condanna alla detenzione domiciliare per  reati contro il patrimonio.

Per altri due  invece è scattato il provvedimento di  sorveglianza speciale, sempre per reati contro il patrimonio.

I reati sono stati commessi nel 2010: in particolare Domenico Tutino di 28 anni, dovrà scontare ai domiciliari una pena di 10 mesi di reclusione per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, reati commessi a Bagheria appunto nel 2010. 

Umberto Casamento di 50 anni, per il reato di furto aggravato commesso a Bagheria nel 2010, ha avuto comminata una pena di 8 mesi di reclusione, che dovrà anch'egli scontare presso il proprio domicilio, ed infine  ad 8 mesi di detenzione domiciliare è stata definitivamente condannata, Rosalia Verduci di 66 anni, per furto aggravato di energia elettrica, reato anch'esso risalente al 2010. 

A due soggetti, C.F. di 39 anni e  C.A. di 28 anni,  è stato notificato il provvedimento di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di firma presso il commissariato  di Bagheria, per la durata rispettivamente di uno e due anni.

Truffa dei falsi diamanti: un pensionato alleggerito di duemila euro oggi in corso Umberto

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Intorno alle dieci di questa mattina in corso Umberto, D.S.C di 68 anni, faceva la sua solita passeggiatina, quando viene avvicinato da un uomo sui 30-35 anni, alto intorno a 1.75, T shirt bianca e pantaloncini, un tatuaggio sul braccio sinistro, che con un marcato accento spagnolo gli chiedeva dove avrebbe potuto trovare un gioiellieria perché aveva urgente necessità di vendere dei diamanti perché bisognoso di denaro.

Durante questa breve conversazione si è avvicinato il compare dello spagnolo, un uomo di 50-55 anni, altezza un po’ inferiore alla media, età 50-55 capelli brizzolati, che portava gli occhiali, il quale intromessosi nella discussione sosteneva di poter comprare lui quei diamanti, che avevano un grandissimo valore, perchè lui se ne intendeva, e li avrebbe sicuramente comprati se avesse avuto qualche migliaio di euro a portata di mano.

A questo punto il nostro concittadino D.S.C., ha fiutato l’affare , e si è detto pronto dopo aver visto la merce, a comprarla lui per due mila euro: raggiunto l'accordo i due gli danno appuntamento in via Mattarella, dove l’uomo si presenta puntuale con i duemila euro che peraltro si era fatto prestare da un familiare.

Detto e fatto. Duemila euro contro un pugno di pietruzze scintillanti; i due dopo avere messo in saccoccia i duemila euro con un pretesto si sono allontanati ed ancora corrono.

La storia finisce, almeno per ora, con il poveraccio disperato che si sente pure male, al punto che è dovuta intervenire l’ambulanza del 118 che lo ha condotto al Pronto soccorso dove è stato prontamente rianimato, e con l'inevitabile denuncia alla Polizia.

 

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