Suscitò forte impressione la storia della donna bagherese che l'8 aprile 2014 lanciò letteralmente il figlio, appena nato e nudo, nel balcone attiguo della vicina di casa nel quartiere Incorvino: il piccolo ancora bagnato e insanguinato 'scivolò' letteralmente lungo tutta la lunghezza del balcone andando a finire all'estremità opposta, sbattendo la testa.
Il miracolo, perchè tale fu, passò attraverso l'intervento provvidenziale di una vicina di casa che, pur non abitando nell'appartamento si trovava là per caso, e la vista di questo 'fagottino' la incuriosì. Poi l'inttrvento della volante della Polizia, furono gli agenti a dare, per così dire, i primi soccorsi e poi gli operatori del 118 completarono il miracolo.
Il bambino già cianotico ed in grave ipossia fu rianimato dai sanitari del Buccheri La Ferla, si salvò e gli fu imposto il nome di Angelo.
Ieri la mamma quarantenne bagherese è stata condannata a sei anni, in seguito alla'ccusa di tentato omicidio nei confronti del figlio appena nato, la sorella invece è stata assolta: eppure l’accusa aveva chiesto una condanna più severa proprio per la sorella, di 41 anni, giudicata dalla giurìa del tribunale invece estranea ai fatti.
Le due sorelle vivevano in condizioni precarie assieme al padre cieco.
La sentenza è del Gup di Termini Imerese Sabina Raimondo, che ha accolto in parte le richieste del pm Francesco Gualtieri e in pieno le tesi dell’avvocato Antonino Agnello, che assisteva l’imputata scagionata (nei cui confronti la richiesta era stata di otto anni).
Farà ricorso in appello, invece, l’avvocato Sergio Di Gerlando, legale della mamma di Angelo Raffaele, il bimbo che, nonostante un trauma cranico e l’arrivo in ospedale in condizioni disperate, si salvò. Per la donna la richiesta dell’accusa era stata di sei anni e otto mesi. Senza gli sconti previsti per il rito abbreviato la condanna nei suoi confronti sarebbe stata nove anni.
Adesso la mamma vive in una casa protetta e secondo quanto ci è stato riferito ha avuto la possibilità di rivedere il piccolo
Una storia tristissima e drammatica, frutto di ignoranza, emarginazione sociale e di abbandono.