Nella relazione che era stata richiesta dal Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi di sicurezza, a proposito della cosiddetta 'Operazione Farfalla', c'è tutta intera la ricostruzione dei rapporti tra i servizi ed il pentito bagherese Sergio Rosario Flamia.
Proprio lui aveva riferito ai magistrati di incontri avuti con esponenti dei servizi segreti mentre era ristretto in carcere.
In un articolo pubblicato oggi su Repubblica-Palermo a firma di Alessandra Ziniti si parla di come nacque e si sviluppò questo rapporto.
La relazione era stata richiesta dal Copasir in relazione alla cosiddetta 'Operazione farfalla' un protocollo riservato che consentiva agli agenti dei servizi segreti di incontrare senza troppe formalità e soprattutto senza lasciare tracce alcuni detenuti al 41 bis, nel tentativo di indurli a rivelare particolari utili alla conoscenza sulle stragi, sulle dinamiche interne a cosa nostra e sul cosiddetto patto Stato-mafia.
Pare che non sortì, il protocollo Farfalla, che ha fatto storcere il muso a tanti, gli effetti auspicati, mentre più efficaci si rivelarono i rapporti con esponenti di cosa nostra, nel caso in questione Sergio Flamia.
Confermato che il 'il primo approccio' dei servizi avvenne nel 2008 al Commissariato di P.S. di Bagheria dove il Flamia si recava a firmare il registro di chi è sottoposto a misure restrittive della libertà, perchè l'AISI ( Agenzia informativa per la sicurezza interna), aveva l'urgente necessità di rimpiazzare il suo uomo, il cui nome non viene però riportato, dentro la cosca di Bagheria, appena arrestato in un blitz antimafia.
Gli uomini dei servizi trovarono davanti a loro una prateria: Flamia, in difficoltà economiche e sempre all'erta per quella 'inimicizia' con i rampolli di Bartolomeo Scaduto, (inteso Ninu u carabinieri) Pietro e Salvatore, in relazione alla voce ormai quasi di pubblico dominio, e cioè che fosse stato proprio Flamia ad uccidere nella primavera del 1989 davanti il 'Bar Aurora' di Bagheria, Scaduto eTutino, occasione in cui restò ferito per errore anche un bracciante agricolo, Filiberto Valenti.
Sergio Flamia in pochi mesi rese servizi preziosi ai suoi riservati interlocutori, facendo imbottire di miscrospie i luoghi dove lui stesso accompagnava i capi di cosa nostra ai summit di mafia, Giuseppe Scaduto in particolare, e rendendo così possibile l'Operazione Perseo del dicembre del 2008, che portò all'arresto di un centinaio di mafiosi e al conseguente fallimento del tentativo di un gruppo di famiglie, tra cui quella di Bagheria, di ricostituire la cosidetta 'Commissione provinciale'.
Anche Flamia fu arrestato in quel blitz, ma solo due giorni dopo e lui ha aggiunto che qualcuno gli aveva detto prima di quell'arresto rassicurandolo, e che per dargli qualche giorno di tempo avrebbero manipolato la sua data di nascita.
L'arresto non interruppe la collaborazione che materialmente venne portata avanti dal figlio di Sergio Flamia, Pietro, che in cambio del contributo dato dal padre all'Operazione 'Perseo' ricevette dai servizi segreti ben 150.000 auro.
Peraltro il figlio Pietro, portava anche fuori dal carcere preziose informazioni che riceveva dal padre detenuto.
Qaundo Flamia torno libero si pose il problema della sua affiliazione ufficiale a cosa nostra, fatto di cui informò i suoi referenti, e pare che della 'cerimonia' esista non solo una ricostruzione estremamente fedele ma anche una sorta di audio o video.
Ma Flamia capì che quella collaborazione non poteva durare ancora a lungo: fu probabilmente utilizzato anche per cercare di arrivare a Matteo Messina Denaro, ma come si suol dire in dialetto le 'scarpe cominciavano a venirgli strette' e nel giugno del 2013 arrivò l' Operazione 'Argo' con le decine di arresti del mandamento mafioso di Bagheria e dintorni e con l'accusa per Flamia di omicidio volontario; ed infatti ne confesserà decine di omicidi, allorchè, scelta la strada del collaboratore di giustizia racconterà a ruota libera fatti e misfatti della cosa nostra bagherese.