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A. Zarcone in tribunale : 'ho rivelato cento delitti di cui la Procura non era informata'

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Davanti alla III Sezione della Corte d'appello  che processa gli imputati presunti appartenenti al  clan di San Lorenzo il neo collaboratore di giustizia Antonino Zarcone, collegato in videconferenza,  chiude la deposizione parlando di “Ci sono cento delitti su cui la Procura non sapeva niente prima”, gettando sul tavolo lo spessore della sua collaborazione, e non lasciando presagire nulla di buono agli imputati nei vari processi di mafia di Bagheria e dintorni, ma non solo, perchè la sua delega, come da lui stesso dichiarato, era quella di curare i rapporti con cosa nostra palermitana,  quella di Porta nuova in particolare. 

Non cento omicidi ovviamente, ma cento episodi di criminalità, quindi anche omicidi, ma soprattutto violenze, minacce, attentati, estorsioni, manipolazione di appalti ed altro: il pentito risponde con puntualità alle domande degli avvocati difensori, e tra questi l'avv. Jmmy D'Azzò che gli chiede se fosse a conoscenza delle dichiarazioni di Sergio Flamia:"No, precisa il pentito, io sono stato arrestato nel 2010 e poi mi hanno dato il 41 bis,e non potevo avere contatti con nessuno".

Su banco degli imputati in questo processo ci sono i mafiosi, tali considerati nella sentenza di primo grado, ed in particolare Giulio Caporrimo, condannato a dieci anni in primo grado, la cui autorevolezza era arrivata al punto da consentirgli di convocare il summit di mafia a villa Pensabene.

E Zarcone racconta di un secondo incontro, quello del 7 giugno del 2011 al ristorante “Ma che Bontà” di via Emilia, a Palermo. C'erano, oltre allo stesso Zarcone e Caporrimo, Tommaso Di Giovanni e Nicola Milano di Porta Nuova, Antonino Messicati Vitale di Villabate, Cesare Lupo di Brancaccio, Luigi Giardina, cognato di Gianni Nicchi, Fabio Chiovaro della Noce e Gaetano Maranzano, reggente della famiglia di Cruillas.

Ma le cose più importanti che ha rivelato Zarcone sono ancora coperte dal segreto e pare che dentro i verbali ci siano tanti altri nomi: nomi che il pentito non fa in questa sede perchè ancora oggetto di indagini.

I nomi, ha dichiarato, li ha già fatti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Di più non può aggiungere se non ribadire che la sua scelta di collaborare è stata spontanea e disinteressata: “Io ho solo un processo per mafia e due estorsioni. Io ha fatto questa scelta perché voglio cambiare vita”.


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