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S. Flamia parla di quando Nardo Greco gli disse: appena nesci, ha ammazzare sia Pietru ca so niputi

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Trenta anni di malavita bagherese, e non solo di mafia, trenta anni di omicidi, i rapporti con i capi di cosa nostra, l'ospitalità nella sua casa di  via Roccaforte a Bernardo Provenzano e i summit in piazza Indipendenza, la collaborazione da un certo momento in poi con i servizi segreti, ed in ultimo il pentimento. C'è di tutto nelle confessioni del collaborante Sergio Rosario Flamia. Un primo stralcio delle confessioni pubblicate sul periodico S, e già depositate nei processi in cui Flamia sarà testimone contro i suoi vecchi amici..

"Vengo scarcerato con l'indultino nell’aprile 2004... cercavo di tenermi lontano dai vecchi ambienti mafiosi... finché un giorno non mi vedo avvicinato da Carmelo Bartolone... perché era successa una cosa durante la detenzione che non mi era piaciuta... mentre facevo il lavorante a Pagliarelli... il lavorante dall’altro lato dice ‘avvicina nella nostra sezione che c’è lo zio Nardo (Leonardo Greco ndr) che ti vuole parlare’... con una scusa di prendere il detersivo che si poteva fare vado nella sezione dall’altro lato... vado

in cella da Leonardo Greco... ‘sì, dice, ho saputo che Nino Gargano ti ha dato l’ordine di ammazzare Pietro Lo Iacono e suo nipote Carmelo’... ci rissi... a me quest’ordine non mi è mai stato dato...”. Lo Iacono e il nipote venivano tirati in ballo pare per una questione di donne: “Leonardo Greco su tutte le furie dice ‘ora tu staiu rannu io stu ordine, appena
nesci, ha ammazzare sia Pietro che so niputi..."

 Flamia comincia a preoccuparsi: questo ordine perentorio di Nardo lo ha lasciato perplesso, e cerca di capire cosa ci sia dietro: “...Quando esco dal carcere tramite Carmelo Bartolone mi incontro con Onofrio Morreale per chiarire queste cose... mi dice stai tranquillo, dice, ti faccio parlare direttamente con lo zio, parlando per Provenzano, gli spieghiamo tutto. E così è stato dopo 4 giorni... arrivo a casa da mio zio Giacomo e vado a trovare Onofrio Morreale, Carmelo Bartolone, mio zio, mio cugino Pietro Giuseppe, una persona anziana che poi mi fu presentata come Bernardo Provenzano, Giuseppe Comparetto e basta... Provenzano ha voluto spiegato il discorso di Leonardo Greco... dice, a Pietro Lo Iacono e a so niputi, lassali perdiri picchì su amici nostri, persone molto vicine a noi... chiudi questo discorso...”.

Queste notizie in effetti erano già uscite ed erano state riprese in delle intercettazioni che avevano riguardato Pino Scaduto, che su Nardo Greco esprimeva un giudizio molto pesante: ”A me ha detto che dovevo ammazzare dieci bagheresi”.

Ma Scaduto critica anche alcuni eccessi nel linguaggio di Leonardo Greco:Di tutti parla male, di tutti, tutti: l’unico buono è lui. Si mette a parlare di omicidi, di quello e di quell’altro; lo chiamano “cento omicidi”, i napoletani. Che m… parli?, che dici? Dopo vai cercando che ti arrivano i mandati di cattura? Perché andate raccontando le cose voi altri?..e Nardu rici , quannu nesci ammazza a chistu ammazza a chiddru..."

altE comunque nei confronti di Pietro Lo Iacono maturò un complotto omicidiario che avrebbe dovuto prendere corpo durante l'estate del 2008, mentre quest'ultimo trascorreva le sue giornate al lido di Fondachello: allora furono intercettati mentre parlavano del  loro progetto Michele Modica, Emanuele Cecala e Andrea Carbone, succesivamente arrestati e condannati.

Il Lo Iacono in un primo momento aveva fatto spallucce di fronte alle informazioni sulle indagini espletate dalla Polizia dicendosi tranquillo, ma quando gli fecero ascoltare le intercettazioni, si preoccupò molto.

 Dopo questo primo contatto Flamia divenne l’uomo di fiducia del capomafia corleonese. “Dopo un 10-15 giorni Onofrio Morreale e Carmelo Bartolone mi chiedono se avevo la possibilità di ospitare Provenzano per un mesetto, due mesi... e io ho dato la disponibilità di una casa in quel momento vuota... in via Roccaforte, sopra dove abita mia madre... dove effettivamente ci dormiva da solo, però, durante il giorno c’ero sempre io a fargli compagnia, a mangiare assieme a lui...”. Una latitanza, dunque, trascorsa in pieno centro a Bagheria. Provenzano  continua Flamia “scriveva almeno 20 ore al giorno... dormiva poco la notte... lui è uscito 3-4 volte per fare degli appuntamenti con Nicola Mandalà, Ciccio Pastoia e Onofrio Morreale... si andavano a fare presso l’abitazione di Tommaso Eucaliptus in piazza Indipendenza, a Bagheria".

E i Carabinieri e la Polizia, certo senza volerlo e senza saperlo, in almeno due occasioni furono vicinissimi al padrino corleonese

“...La cosa che mi impressionò a me è stata una mattina, da dove abito io, via Roccaforte, dove era latitante Bernardo Provenzano, allo stadio comunale di Bagheria sono pochissimi metri, una mattina ci comincia a sentire rumore di elicottero e un grandissimo movimento dei carabinieri, ma proprio tante macchine... convinto che stavano
venendo da me per prendere a Provenzano... viene subito
Peppino Di Fiore, dice ‘che dobbiamo fare’... gliel’ho detto, guardi zio che è pieno di carabinieri... lui era vicino dove si metteva a scrivere con la macchina dietro la serranda del balcone, dice: "no non ti preoccupare, stai tranquillo... cioè una tranquillità che dentro di me io ho capito che lui era sicuro che non erano per lui ‘sti carabinieri, come faceva ad avere sta tranquillità e sta serenità sapendo cosa porta sopra le spalle, era una cosa assurda per me. E in realtà poi è venuto fuori che tutti ‘sti carabinieri e tutto questo movimento erano per controllare il lavoro nero sul cantiere che era appena aperto dove c’era il centro commerciale...(Levante n.d.r.) lui è rimasto tranquillo a scrivere come se nulla fosse”.

Non è tutto, perché Flamia ha ricordato un altro episodio avvenuto “qualche settimana dopo” l’arrivo in massa dei carabinieri. Esattamente “mentre stavo per uscire vedo davanti al portoncino l’ispettore del commissariato di Bagheria... faccio un passo indietro... salgo sopra, guardi zio, ci dissi, c’è l’ispettore... che sta suonando qua... Dice: vabbè, futtitinni, un ci rispunniri... ma sempre in modo tranquillo... poi ho visto che l’ispettore ha finito di parlare al telefono, è risalito in macchina macchina dove c’erano due colleghi suoi con la macchina in borghese e se ne sono andati, quindi presumo che abbia ricevuto una telefonata e doveva parlare in privato, è sceso dalla macchina e la fatalità...”.

La cosa che però lo colpiva era la flemma di Provenzano.

.....Continua


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